La riforma del volontariato, come orchestrata dal nuovo codice del terzo settore(CTS), adottato con il D. Lgs 03/07/2017 n.117, dispiega, per le sezioni CAI che hanno ottenuto il riconoscimento di Enti del terzo settore(ETS) come associazioni di protezione sociale(APS), nuovi orizzonti e offre interessanti opportunità per una più incisiva presenza sul territorio, in favore della tutela dell’ambiente montano, inteso come ecosistema socio-naturale. È determinante, a questo proposito, il contenuto dell’art. 55 del CTS laddove si prevede <<In attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità,.. le amministrazioni pubbliche… nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento,…>>. Promuove, dunque, forme di cooperazione tra amministrazioni pubbliche e APS per la realizzazione delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, attuata con la partecipazione attiva alla programmazione e organizzazione dei progetti, e con forme di partenariato e accreditamento, dando forma concreta all’attuazione del principio di sussidiarietà voluto dall’art. 118 della Costituzione. Una forma di cooperazione che <<…si instaura, mediante gli strumenti delineati dall’art. 55 CTS…riservata in via esclusiva agli enti che rientrano nel perimetro definito dall’art. 4 CTS…>> (come ha chiaramente precisato la Corte Costituzionale nella sua sentenza n.131/2020 p.2.2). È il riconoscimento di una dignità sociale sulla quale possono fare affidamento le comunità per essere sostenute e aiutate nel superamento delle attuali crisi socio-ambientali, soprattutto nelle terre alte. Non più solo funzioni di sentinelle, denunce e conflitti, ma ruolo attivo nella ricerca di soluzioni giuste, nell’ottica della sostenibilità socio-ambientale.
Le sezioni CAI possono realizzare facilmente un contratto sociale del genere e nel miglior modo: hanno già proficue relazioni con le comunità che vivono nei territori di loro competenza, i loro soci lì vivono o da lì provengono, perciò conoscono bene i luoghi con i loro problemi e le loro opportunità ed hanno, dunque, la capacità e la volontà di stimolare le amministrazioni pubbliche suggerendo e realizzando provvedimenti atti a rompere l’isolamento nelle quali si trovano. Penso alla ricerca, tracciamento e cura di sentieri che attraversano i territori montani e i loro borghi e agevolarne la fruizione ad associazioni e guide naturalistiche che vanno sorgendo, visto il ritrovato interesse per il turismo lento e per l’immersione nei boschi; far conoscere e valorizzare la biodiversità delle tante piante che per secoli hanno costituito una rete di relazioni tra loro e umani per uso omeopatico, alimentare, produzioni artigianali di fibre, coloranti ((peraltro, un rapporto che non è venuto meno ma si è spostato nelle erboristerie!) e utili manufatti, favorendo la ripresa delle preziose manualità di un tempo; quale miglior modo per farli conoscere e per fare apprezzare le tradizioni antropologiche, e per realizzare un pezzo di sostenibilità? Ancora, penso alla collaborazione che si può avere con le scuole per supportare gli insegnanti nello svolgimento del tempo dedicato all’educazione ambientale; alla consulenza in materia ambientale da poter fornire alle amministrazioni locali; alla consulenza e supporto per la costituzione di comunità energetiche; al possibile ruolo di agire come associazione di comunità per aiutare a risolvere i tanti problemi patiti da anziani e disabili, conseguenti all’ isolamento dai centri più urbanizzati. Tanti i modi per esercitare la funzione di tutela dell’ambiente montano per far sì che i nostri borghi ritrovino quella funzione e quell’aspetto che tanto fece impressione a Goethe durante il suo “Viaggio in Italia”: borghi come prolungamento della natura.
La questione ambientale è una questione sociale: lo certificano gli stessi obiettivi dell’agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile che, per la loro attuazione, richiedono la partecipazione attiva delle comunità. Il filosofo francese Jean-Philippe Pierron auspica che l’IO(antropocentrico) diventi un NOI ( “Je est un nous”… è il titolo di un suo interessante saggio). È la forma di <<…un’ecologia in prima persona, dove la persona non viene per prima…»: si tratta, spiega, di un IO che si percepisce vivente tra i viventi.
Per far sì che questo IO auspicato da Jean-Philippe Pierron si realizzi è necessario che le opportunità che ci sono offerte dalla revisione del terzo settore siano sfruttate e realizzate attivando convenzioni con gli enti pubblici, le cui forme sono previste nelle “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore” approvate con D.M. 72 del 31 marzo 2021”.
Dobbiamo scegliere tra l’essere semplici testimoni e adattarci all’autoreferenzialità o essere attori protagonisti della cittadinanza attiva e dare un senso concreto alla qualità di volontari che assumiamo con l’adesione al CAI. Un ruolo importante lo svolge il gruppo TAM della sezione, perché l’attenzione all’ambiente caratterizza ed esalta le attività sul territorio, essendo svolte in modo gratuito e nell’interesse generale.
Francesco Quattrone
ORTAM sezione CAI ‘Pino Aversa”- Verbicaro(CS)