Caricamento Eventi

« Tutti gli Eventi

Il Limone Costa D’amalfi, L’agricoltura Eroica e I Terrazzamenti a Salvaguardia del Territorio e Della Biodiversità

01 Gennaio 1970 ore 09:00 - 19:00

  • Questo evento è passato.

1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Il limone Costa d’Amalfi, l’agricoltura eroica e i terrazzamenti a salvaguardia del territorio e della biodiversità

di Giuseppe Fortunato

La coltivazione del Limone Costa d’Amalfi e i terrazzamenti svolgono un ruolo cruciale nel prevenire i movimenti franosi, le alluvioni e le slavine, nonché nel contrastare la desertificazione e l’erosione del suolo, nel promuovere la biodiversità e nel predisporre adeguate condizioni microclimatiche per l’attività agricola.

1 3 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Il limone Costa d’Amalfi, l’eccellenza della Costiera Amalfitana, quest’ultima riconosciuta come Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997.

 

La costiera è rinomata in tutto il mondo per la sua bellezza naturalistica. Prende il nome dalla città di AMALFI, suo nucleo geografico e storico.

Il Limone Costa d’Amalfi (Limon amalphitanus), noto anche come Sfusato Amalfitano, è un prodotto ortofrutticolo italiano IGP (Indicazione Geografica Protetta)

“Limone Costa d’Amalfi” è stato riconosciuto, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 1356 del 4.07.2001 (pubblicato sulla GUCE n. L 182 del 5 luglio 2001). L’iscrizione al registro nazionale delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette è avvenuta con provvedimento ministeriale del 18.07.01, pubblicato sulla GURI n. 178 del 2.08.01.

Il prodotto ammesso a tutela, all’atto dell’immissione al consumo o quando è destinato alla trasformazione, deve avere le seguenti caratteristiche:

– Forma del frutto: ellittico – allungata; lobo pedicellare lievemente prominente, con area basale media;

– Dimensioni: medio grosse, peso non inferiore a 100 grammi; i limoni con peso inferiore a 100 gr. ma in possesso delle altre caratteristiche di cui presente articolo, possono essere destinati alla trasformazione;

– Peduncolo: di medio spessore e lunghezza;

– Attacco al peduncolo: forte;

– Umbone (apice): grande e appuntito;

– Solco apicale: quasi assente;

– Residuo stilare: assente;

– Colore della buccia: giallo citrino;

– Buccia (flavedo ed albedo): di spessore medio;

– Flavedo: ricco di olio essenziale, aroma e profumo forte;

– Asse carpellare: rotondo, medio e semipieno;

– Polpa: di colore giallo paglierino, con succo abbondante (resa uguale o superiore al 25%) e

con elevata acidità (non inferiore a 3,5/100 ml).

 Cenni storici

2 3 - CAI Tutela Ambiente Montano CampaniaLe prime pennellate di giallo, sul verde e il blu intenso della Costa d’Amalfi, sono visibili fin dall’XI secolo.

In questo periodo appaiono i limoneti, ribattezzati “giardini” per la loro cura e bellezza, utilissimi per salvaguardare il territorio dal dissesto idrogeologico.

Furono gli arabi a insegnare le tecniche di coltivazione, di irrigazione e di costruzione dei terrazzamenti.

La produzione di limoni permetteva inoltre agli amalfitani, popolo di navigatori, di avere sempre a bordo delle navi un’efficace arma contro lo scorbuto, malattia dovuta a carenza di vitamina C. Per gli amalfitani, storicamente famoso popolo di navigatori, era determinante poter disporre sulle proprie navi di scorte di limoni. Già nell’XI secolo, la Repubblica di Amalfi decretò che a bordo delle navi ci fossero sempre provviste di questi frutti.

Dal 1400 inizia un fiorente commercio marittimo di questi eccellenti agrumi da Minori verso numerosi porti italiani ed europei, stimolando la diffusione dei giardini di limoni.

3 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Il Limon Amalphitanus, rinominato poi “sfusato amalfitano”, comincia così la sua inarrestabile ascesa, arrivando a farsi conoscere e apprezzare fino in America.

Area di produzione

Prodotto nei comuni appartenenti alla costiera amalfitana: Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare, Raito, Dragonea, Albori.

4 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Questo frutto presenta caratteristiche esclusive, che lo rendono famoso nel mondo. Si tratta di un limone di categoria sfusato, e si differenzia dai limoni della vicina area sorrentina per le diverse modalità di coltivazione e per proprietà organolettiche differenti.

 

Il limone di Amalfi cresce esposto al sole e ai venti caldi provenienti da sud, godendo della protezione dei MONTI LATTARI, al riparo dai venti freddi provenienti dai paesi nordici e in particolare dalla cosiddetta tramontana, tipico vento freddo così denominato in tutto il mondo, fin da quando scoperto dai navigatori dell’antica Repubblica di Amalfi (il nome del vento freddo di tramontana deriva infatti da TRAMONTI, antica Triventum).

5 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

 

Il sistema di coltivazione

6 3 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania7 3 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

8 3 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Il sistema di coltivazione deve essere quello tradizionalmente adottato nella zona, fortemente legato ai peculiari caratteri orografici e pedologici. Le unità colturali tipiche prevalenti sono costituite da terrazzamenti inglobati in muretti di contenimento (macere). I sesti e le distanze di piantagione ed i sistemi di potatura dei limoneti di cui al presente disciplinare sono quelli in uso tradizionale nella zona.

La forma di allevamento è riconducibile ad un vaso libero, detta localmente “cupola”, adattata ad un idoneo sistema di copertura. La tecnica tradizionale di produzione consiste nel coltivare le piante su impalcature di pali di castagno, e/o di altri materiali ecocompatibili con le esigenze di tutela paesaggistica, (di altezza non inferiore a cm 180 al momento della sostituzione), utilizzando coperture di riparo dagli agenti atmosferici avversi e per garantire una scalarità di maturazione dei frutti. La densità d’impianto non dovrà essere superiore a 1200 piante per ettaro. La raccolta va effettuata nel periodo che va dal 1° febbraio al 31 ottobre, in funzione del conseguimento delle caratteristiche e delle particolari richieste del mercato in tale periodo. La raccolta dei frutti dalla pianta deve essere effettuata a mano; va impedito il contatto diretto dei limoni con il terreno.

I limoni raccolti devono presentarsi sani, indenni da attacchi parassitari, come per legge.

L’agricoltura eroica

L’agricoltore eroico è il custode di terra, di cibi unici al mondo e di tradizioni, ma è soprattutto il custode e il manutentore di un bene immateriale di cui beneficiano tutti: la bellezza.

Il paesaggio di luoghi che già la natura ha arricchito senza chiedere nulla in cambio, è ulteriormente impreziosito da donne e uomini che compiono azioni faticose e quasi folli, offrendo agli italiani e ai visitatori di tutto il mondo uno spettacolo gratuito e inimitabile.

Un’agricoltura su costoni di roccia a picco sul mare o in aree montane impervie, spesso non remunerativo, che centinaia di uomini e donne contribuiscono a far vivere senza ricevere alcun sostegno economico.

9 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

10 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Le “indennità compensative”, pure previste dalle misure dei Programmi di sviluppo rurale, spesso coprono infatti solo una parte degli svantaggi reali di queste aree, dove oggettivamente le limitazioni poste dalla natura all’esercizio dell’agricoltura sono più forti, al limite dell’impossibilità pura e semplice di operare, se non con mezzi impensabili e con tanto coraggio, così da essere difficile anche solo il volerle ridurre a mere “aree svantaggiate”. Da qui la necessità di un riconoscimento giuridico, che vada oltre i canoni della Pac (politica agricola comune) e che identifichi una ulteriore specificità, quella dell’agricoltura eroica, legata essenzialmente alla conservazione del territorio e di sue specificità particolari.

L’unico riferimento normativo vigente è nel Testo unico del vino, varato nel 2020, che si prende cura della “viticoltura eroica”, tracciandone le caratteristiche legate alle forti pendenze dei terreni, alla quasi totale assenza di meccanizzazione, al valore di presidio ambientale e sociale. Partendo da questi limiti e definendone i valori, Coldiretti Campania lancerà da Procida, Capitale Italiana della Cultura 2022, un Manifesto per l’Agricoltura Eroica, chiedendo un intervento normativo regionale e nazionale che identifichi e tuteli un’attività umana dall’inestimabile valore ambientale, paesaggistico e culturale.

Tale richiesta intende porre le basi per un riconoscimento di straordinarietà ed unicità all’agricoltura eroica e agli agricoltori eroici, non solo come custodi della biodiversità e argine al dissesto idrogeologico, ma tutori di un bene comune universale, che va oltre l’estensione dei terreni e il valore economico dei prodotti.

I terrazzamenti

11 2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

13 1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

l paesaggio della Costiera amalfitana è stato modellato dall’uomo non con la sola costruzione di edifici di pregevole valore artistico, ma soprattutto tramite la realizzazione dei terrazzamenti per cercare di aumentare la superficie coltivabile.  Il terreno dei terrazzamenti è mantenuto da mura di contenimento (macere) realizzate con la tecnica “a secco” senza uso di cemento che richiede notevole abilità nel taglio delle pietre, nella posa e nel calcolo delle pendenze.

Visitare le aree terrazzate della Costiera Amalfitana permette di entrare in contatto non solo con un tipo di agricoltura che per le sue difficoltà è definita eroica ma anche con tutto un mondo di saperi che si tramanda immutato da secoli. Le pratiche agricole di oggi, infatti, sono sostanzialmente le stesse del XI-XII secolo e le trasformazioni positive e negative che ancora oggi avvengono sono la dimostrazione di un continuo interscambio tra l’uomo e l’ambiente.

Le tecniche utilizzate per la costruzione delle macere consistono in un patrimonio di regole e di esperienze non codificate e che rischiano di scomparire. Rimangono ancora nella memoria degli ultimi artigiani/contadini che le hanno apprese dai loro maestri e applicate in decenni di lavoro.

TECNICHE E FASI DI REALIZZAZIONE DELLE MACERE

14 1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

  1. Innanzitutto, si scavava il terreno fino a trovare la roccia dura.
  2. Contemporaneamente si procedeva a preparare le pietre, che dovevano essere, innanzitutto, tagliate. Questa operazione, detta tozzatura, era effettuata con un martello a punta. Le pietre dovevano essere ridotte nella forma più regolare possibile. Erano scartate le pietre rotonde. Il manovale si occupava di tagliare e preparare le pietre che poi erano messe in opera dal muratore.
  3. Le pietre dovevano essere sistemate in modo tale da risultare ben collegate tra loro. Per i paramenti, le dimensioni delle pietre non dovevano essere inferiori a 20 cm, con le facce regolarizzate a punta e martello in modo da realizzare il migliore combaciamento possibile. La pietra piatta, pertanto, non andava mai sistemata in piedi a facciavista, ma sempre stesa in posizione orizzontale, tale da toccarsi con la pietra sistemata sul lato opposto.
  4. Si procedeva per strati. I vuoti tra pietra e pietra erano riempiti con pietre più piccole, briccio e materiale di risulta mescolato a terra. Ogni strato era battuto a lungo con il martello.15 1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania
  5. Le dimensioni tipo delle macere erano di 50-60 cm di larghezza, erano costruite con una battuta o pendenza del 5-10 %, inclinate verso l’interno, per aumentare la stabilità del terreno. Pertanto, le pietre nella parte anteriore erano sistemate leggermente oblique ed in modo da creare delle zeppe precise, la parte posteriore doveva essere, invece, a piombo con i vuoti perfettamente riempiti.
  6. Il processo di battitura in una muratura a secco era il più importante, perché il muro per reggersi doveva essere ben assestato.

 

Utilità della agricoltura eroica e la costruzione e mantenimento dei terrazzamenti

Sappiamo che l’Italia è un paese ad elevato rischio idrogeologico. Le frane e le alluvioni, infatti, sono le calamità naturali che si ripetono con maggior frequenza e causano, dopo i terremoti, il maggiore numero di vittime e di danni. Solo negli ultimi dieci anni sono stati spesi oltre 3,5 miliardi di euro con Ordinanze di Protezione Civile per far fronte a eventi idrogeologici e, secondo quanto riportato nel documento. Il rischio idrogeologico in Italia, redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2008, le aree ad alta criticità idrogeologica da frana e alluvione sul territorio italiano risultano complessivamente pari a 29.517 km2.17 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

È anche noto, tuttavia, che le attività agricole e forestali hanno rappresentato, nei secoli scorsi, il principale agente modellatore del territorio italiano, creando, in molti casi, paesaggi di straordinaria bellezza ma al tempo stesso incidendo positivamente su territori spesso naturalmente predisposti a fenomeni di degrado dei suoli e di dissesto idrogeologico.

Tali fenomeni sono stati contrastati, nel passato, da specifiche pratiche agricole e silvicole e da una capillare rete di opere di regimazione delle acque e di stabilizzazione dei versanti. Tuttavia, dal dopoguerra in poi, la forte espansione dei centri urbani e lo sviluppo industriale hanno determinato un progressivo abbandono delle attività agro-silvo-pastorali, specie nelle aree di collina e di montagna, con una conseguente riduzione del presidio e della manutenzione delle opere di protezione. La gestione e la manutenzione del territorio montano-collinare, in particolare, rappresentando il 75 per cento dell’intero territorio nazionale, rappresenta un elemento determinate nei confronti del contenimento dei fenomeni franosi e dell’erosione idrica.

Come evidenziato anche dal recente dossier Ispra (Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale), un ambito territoriale particolarmente importante per le sua funzione di prevenzione dal dissesto idrogeologico è rappresentato dai “terrazzamenti” e cioè da quelle opere caratterizzate da successioni di muretti a secco che modellano i versanti collinari e montani trasformandoli in una successione di terrapieni coltivabili.

18 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Le principali aree terrazzate in Italia si trovano in Liguria, in Valtellina e Val Chiavenna (SO), nella Penisola Amalfitana e Sorrentina, in Cilento, nel Gargano, oltre ad essere diffuse in Calabria e nella Sicilia nordorientale e sud-orientale. Il motivo stesso della creazione dei terrazzamenti, infatti, risiede storicamente sia nella necessità di estendere i terreni adatti alla coltivazione, sia proprio per contrastare i processi erosivi e franosi lungo i versanti più ripidi. Il progressivo abbandono di queste opere ha portato ad una situazione attuale caratterizzata da una pressoché generale carenza o assenza di manutenzione, ad esclusione di pochi esempi di gestione ad uso agricolo ancora attiva, limitatamente ad alcune tipologie di colture specializzate (per lo più vigneti ed oliveti).

Fatto sta che il contributo delle aree terrazzate alla difesa del suolo e al controllo del deflusso delle acque è venuto progressivamente a mancare, ed il recupero della loro manutenzione è divenuto un obiettivo prioritario della lotta al dissesto idrogeologico.

Forse non molti sanno, infatti, che la compromissione della loro funzione, dovuta all’abbandono, rischia addirittura di aggravare i fenomeni di dissesto idrogeologico. La creazione di queste opere, infatti, determina, in termini di regimazione delle acque e sistemazione dei versanti, una sorta di equilibrio artificiale che va a sostituire le dinamiche evolutive naturali. Una volta create queste opere, quindi, risultano preziosissime per contrastare i fenomeni erosivi e le frane, ma devono continuare ad essere gestite e mantenute attraverso un interrotto apporto di materiali ed energia.

In poche parole, una volta realizzati, i terrazzamenti non dovrebbero mai essere abbandonati, pena la rottura di delicati equilibri e l’accelerazione dell’innesco proprio di quei fenomeni che con la loro realizzazione si intendeva contrastare.

Il dato preoccupante, dunque, è che negli ultimi decenni si è assistito al progressivo abbandono delle colture agricole in aree terrazzate, come ad esempio in Liguria, dove il 33 per cento dei terrazzi è stato oggetto di ricolonizzazione da specie arboree o arbustive per lo più spontanee. In molti casi, quindi, l’assenza di una manutenzione costante dei muretti a secco e dei relativi sistemi di drenaggio che caratterizzano i terrazzamenti ha reso spesso i versanti terrazzati ancora più suscettibili all’innesco di fenomeni franosi.

Le principali forme di degrado dei terrazzamenti riguardano, infatti, crolli, deformazioni e traslazioni dei muri di contenimento, sino a fenomeni di collasso delle strutture. In concomitanza di piogge intense, infatti, la spinta idrostatica che si genera per l’imbibizione del terreno, può determinare, in assenza di un efficace sistema di drenaggio, la perdita di stabilità e il crollo dei muri di contenimento con un possibile effetto domino sui muri sottostanti.

Come rimarcato nel citato dossier Ispra, è dunque fondamentale, quindi, specie per quanto riguarda le zone a colture permanenti su versanti terrazzati, assicurare la manutenzione dei muretti e dei ciglionamenti con scarpata inerbita per poter evitare i fenomeni di dissesto e di perdita di suolo. Le principali azioni consistono nella ripulitura dei muretti dalla vegetazione infestante, nel ripristino dei sistemi di drenaggio e del coronamento dei muretti a secco, nell’inerbimento interfilare delle coltivazioni (in genere vigneti e oliveti, ma con consistente presenza di agrumi al sud), nell’inerbimento dei ciglioni dei terrazzamenti, e in alcuni casi, nell’impianto di specie arbustive sempre sulle superfici di bordo.

In alcune condizioni, particolarmente sfavorevoli, risultano necessarie azioni quali il ripristino della stabilità dei gradoni/muretti stessi, con rifacimenti e ricostruzione dei manufatti preesistenti che, a causa dei costi più elevati, dovranno essere più mirati e localizzati (come previsto, ad esempio, nelle Linee guida per la manutenzione dei terrazzamenti delle Cinque Terre).

Va segnalato, tra l’altro, che, in termini di prevenzione del rischio idrogeologico, a livello quantitativo e sulla base degli studi sperimentali effettuati dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura – Cra  (Rapporto di applicazione della Condizionalità in Italia, Ministero – Rete Rurale Nazionale 2010), gli interventi di difesa del suolo che consentono il ripristino di un corretto funzionamento dei terrazzamenti riducono l’erosione in un range di circa 10-40 ton/ha/anno, che corrisponde a una riduzione percentuale del fenomeno che va dal 200 al 500 per cento. Il recupero dei terrazzamenti, inoltre, può anche essere associato ad altri vantaggi, specie se in concomitanza di azioni di ripristino/continuazione delle coltivazioni di pregio (Dop e Igp) sulle aree acclivi.

In sintesi, il recupero della manutenzione dei terrazzamenti ad uso agricolo è necessario ed utile, visto che questa azione concorre al raggiungimento di numerosi obiettivi, tra cui il ripristino di attività agricole tradizionali ad alto valore aggiunto; una riduzione dell’erosione del suolo, dei fenomeni franosi e dell’instabilità dei versanti; il miglioramento dell’efficienza idrologica, ecologica e strutturale e la salvaguardia paesaggistica, anche al fine di incrementare le opportunità economiche del territorio attraverso la fruizione turistica e di Noi soci del CAI che abbiamo nel nostro DNA il Rispetto, e la Tutela Ambientale e ci poniamo come sentinella ad ogni decisione e cattivo comportamento che danneggia e deturpa quello la NATURA e la BIODIVERSITA’.

 

Dettagli

Data:
01 Gennaio 1970
Ora:
09:00 - 19:00