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La Deriva Turistica dell’Escursionismo

07 Giugno 2022 ore 09:00 - 08 Giugno 2022 ore 19:00

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1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

   

2° CORSO PER OPERATORE REGIONALE TUTELA AMBIENTE MONTANO

 

“LA DERIVA TURISTICA DELL’ESCURSIONISMO” 

Un rischio per l’ambiente montano. Un rischio per la sicurezza della persona.

 

Candidato

Francesco Coppola

 

Nel corso degli ultimi anni, forse anche a causa delle limitazioni dovute al Covid-19 degli ultimi due anni, migliaia di persone hanno “scoperto” una nuova pratica: l’escursionismo.

Questa tendenza è stata causata dalla necessità di distanziamento sociale e dalla voglia di frequentare luoghi poco affollati all’aperto. Si è coniugato il fascino di raggiungere una meta più o meno simbolica camminando a piedi, al fare nuovi incontri, condividere esperienze.

In base a quanto riportato da un articolo del IlSole24Ore del gennaio 2021, nell’estate del 2020 degli oltre 27 milioni di italiani che sono andati in vacanza, i camminatori hanno rappresentato il 39% dei vacanzieri connazionali. Nei mesi tra luglio e settembre, l’obiettivo di “praticare sport” (32%) ha assunto la stessa forza motivazionale di quella che in passato era la fruizione del patrimonio culturale.

Come ha riportato l’Agenzia France Presse, Decathlon, gruppo specializzato in articoli sportivi, nel 2020 ha registrato un incremento del 15% nelle vendite di scarponi da trekking rispetto al 2019. Non solo, il distributore sta notando una vera propria mania nella ricerca dell’abbigliamento da montagna, oltre che per sacchi a pelo, materassini e tutto l’equipaggiamento per vivere una vacanza nella natura.

Anche l’offerta dei tour operator ha cavalcato questa nuova onda turistica cominciando ad offrire pacchetti che prevedono anche escursioni, riscuotendo un notevole successo.

Tuttavia questa nuova tendenza turistica ha comportato e sta comportando non poche problematiche, sia per l’ambiente montano sia per la sicurezza di chi pratica tali attività.

Fare una escursione in ambiente montano non è come fare una gita turistica e culturale in città, o come passare una giornata al mare. L’ambiente montano è un ambiente con equilibri delicati, un ambiente fragile, che conserva le proprie caratteristiche di bellezza ed unicità proprio perché poco antropizzato. L’impatto di centinaia di persone in un ambiente così delicato comporta numerose problematiche e pericoli per la flora, la fauna e per il suolo.

In genere le persone che praticano escursionismo hanno conoscenza, consapevolezza e rispetto dell’ambiente che frequentano, conoscono le difficoltà che una escursione comporta, sanno che occorre una preparazione fisica adeguata per affrontarla, hanno conoscenza della segnaletica presente sui sentieri, si informano preventivamente sul percorso da fare, sulla difficoltà e lunghezza dello stesso, sulle condizioni meteo che possono incontrare. Praticare escursionismo comporta fatica, studio, preparazione, pianificazione, non ultima la capacità di adattamento ad un ambiente a volte anche ostile e difficile. Tutte pratiche che non sono conciliabili con il turismo, o con un pacchetto turistico. I tour operator hanno come unico obiettivo quello di lucrare dalla loro attività, in fondo loro offrono un servizio, è il loro lavoro, e come qualsiasi buon venditore tendono ad evidenziare solamente il lato positivo dei loro prodotti, se offrissero pacchetti con escursioni lunghe e faticose non avrebbero molti riscontri.

Si tralascia, anche a causa di una non consapevolezza, quindi di fornire informazione sull’abbigliamento adeguato da avere, degli eventuali pericoli cui si va incontro, di come affrontare un sentiero senza una guida preparata, di come riconoscere la segnaletica presente sui sentieri, di non lasciare rifiuti di alcun genere, incluse le bucce di frutta, lungo il percorso, di non disturbare la fauna e l’avifauna, di non raccogliere fiori o altre specie vegetali, di non abbandonare il sentiero per fare una bella foto o per tentare delle improvvide esplorazioni.

Il turista non conosce la differenza che lo distingue dall’escursionista e pretende di trovare in montagna gli stessi agi e comodità che trova in una qualsiasi città. Ma soprattutto non ama camminare a lungo, soprattutto in zone esposte al sole e spesso o quasi sempre non ha un abbigliamento adatto, a partire dalle scarpe.

Offrire un pacchetto turistico/escursionistico deve per forza avere delle connotazioni di comodità e accessibilità a chiunque, si prediligono quindi poche località, in genere facilmente accessibili con l’auto, dove ci sia la presenza di strutture ricettive adeguate in grado di offrire servizi di ristoro e accoglienza.

Si finisce, quindi, per concentrare le offerte in poche zone, ed in ristrette e delicate località, molto belle da un punto di vista naturalistico o paesaggistico. Pensiamo all’ormai famosissimo Lago di Braies, che grazie ad una serie televisiva è diventato meta di centinaia di migliaia di turisti ogni anno, ignari del fatto che esistono altri laghi forse ancora più belli, ma molto meno famosi.

Per trovare altri casi del genere, non occorre andare tanto lontano, e restando in Campania possiamo prendere ad esempio il caso del Sentiero degli dei, o della Valle delle Ferriere, o ancora della Baia di Ieranto nel Parco Regionale dei Monti Lattari. Luoghi diventati ormai famosissimi e “di moda” anche grazie ai social network, soprattutto per gli spettacolari panorami di cui si può godere. Ma tanti altri ancora ce ne sono in Campania.

Si procederà alla esposizione di alcuni casi in cui il turismo, incluso quello escursionistico, condiziona e genera opere di intervento pubblico ad elevato impatto ambientale.

CASO 1 IL SENTIERO DEGLI DEI E DEI MONTI LATTARI

Sul Sentiero degli dei si contano circa centomila turisti ogni anno, nel 2017 secondo i dati della Pro-Loco sono state registrate 135mila presenze nel Comune di Agerola, punto di partenza del Sentiero.

Questa enorme massa di persone che si concentra principalmente nel periodo che va dalla primavera inoltrata a tutta l’estate, creando inevitabilmente enormi gruppi di persone che camminano lungo un sentiero di montagna, in un ambiente naturale protetto, causa non pochi problemi a tutto il fragile ecosistema del Parco. Sui Monti Lattari, sono presenti circa 850 entità autoctone, di cui il 5% endemiche. Tra le specie arboree più diffuse troviamo il castagno, l’ontano napoletano, il leccio, il carpino orientale, il faggio, l’acero campestre e l’acero napoletano, l’orniello, il frassino, il tiglio, l’olmo, il lauro, il sambuco, la roverella, il cerro, l’olivastro, il carrubo, il corbezzolo e l’alaterno. Ma localmente si hanno anche esemplari e stazioni di belulla pendula, agrifoglio e palma nana. La macchia mediterranea si presenta con tutte le sue specie arbustive tipiche: il mirto, il lentisco, il rosmarino, l’elicriso, il ginepro fenicio, il cisto, l’euforbia arborea, la ginestra. I prati ed il sottobosco si arricchiscono in primavera dei fiori di ciclamini, viole, crochi, colchici, narcisi, anemoni, campanule, santoline, asfodeli, aglio selvatico, gigli di S. Giovanni e diverse piccole orchidee.

Nella Valle delle Ferriere si trova la Woodwardia radicans, una felce arborea risalente al Cenozoico. L’area è una Riserva Statale protetta e negli ultimi anni visto il gran numero di turisti è stato limitato l’accesso con l’introduzione di un biglietto al fine tutelarla. La fauna naturale di un tempo si è di certo molto impoverita, tra i mustelidi presenti ricordiamo la donnola, la faina e, sebbene molto raro, il tasso. Tra i mammiferi abbiamo la volpe, il riccio, la talpa, il quercino, l’arvicola comune ed il moscardino; tra i rettili, il biacco, il saettone, la vipera, il cervone, la biscia dal collare e poi, come sauri, la lucertola campestre, il geco, il ramarro e l’orbettino. Tra gli anuri troviamo la rana italica, la salamandra pezzata ed il rospo. Di grande importanza è la localizzata presenza della salamandrina dagli occhiali anfibio raro ed endemico italiano. Sebbene sia in progressivo degrado, risulta ancora ricca di specie la locale avifauna, ed alcune specie sono state reinserite nel corso degli anni, troviamo alcune specie nidificanti all’interno del bacino del Rio Penise: Allocco, Balestruccio, Ballerina bianca, Ballerina gialla, Capinera, Occhiocotto, Cardellino, Cincia mora, Cinciallegra, Cinciarella, Civetta, Codibugnolo, Corvo imperiale, Cuculo, Falco pellegrino, Florrancino, Fringuello, Gheppio, Ghiandaia, Lui piccolo, Merlo, Passera d’Italia, Passera mattugia, Passero solitario, Pettirosso, Poiana, Rampichino, Scricciolo, Torcicollo, Usignolo di fiume, Usignolo, Verdone, Verzellino.

I Monti Lattari sono già fortemente antropizzati sia dal versante sud lungo tutta la Costiera Amalfitana e la Penisola Sorrentina, sia dal versante nord lungo tutta la fascia pedemontana che parte da Salerno e arriva fino a Castellammare di Stabia, e la presenza di molte specie è fortemente a rischio, se a ciò aggiungiamo la massiccia presenza di turisti che si concentrano in una area montana delicata, il rischio di disturbo e di danni alle specie presenti aumenta in modo significativo.

Per far fronte alle difficoltà causate dalla sempre crescente presenza turistica, dovuta al turismo culturale e soprattutto balneare del versante sud, a cui si è aggiunta la notevole domanda di turismo escursionistico, e per venire incontro alle immancabili esigenze dettate dai politici la Regione Campania ha stanziato 100 milioni di euro per la cosiddetta mobilità sostenibile articolando un piano di interventi nelle Costiere Amalfitana e Sorrentina. Da quanto riportato sul sito della Agenzia Campana Mobilità Infrastrutture e Reti (ACaMIR) https://acamir.regione.campania.it/attivita/investimenti/protocollo-costiere-amalfitana-sorrentina/, un Ente Strumentale della Regione Campania, istituito con Legge Regionale 3/2002, sui Monti Lattari sono in progetto e stanno per essere realizzate ben 4 nuove funivie che di seguito si vanno ad elencare:

  • Funivia tra Sant’Agata sui due Golfi e Sorrento: l’intervento è relativo ad un collegamento sospeso a fune da realizzare fra la località collinare del Comune di Massa Lubrense e la stazione EAV “Sorrento”, con l’obiettivo di garantire un collegamento tra i due comuni che sia alternativo al servizio su gomma e soprattutto all’uso dell’auto privata. Inoltre, la realizzazione dell’intervento potrà consentire anche una rimodulazione dei servizi di Trasporto Pubblico Locale attualmente eserciti, con lo scopo di migliorare l’accessibilità alle varie frazioni dei Comuni, nonché il collegamento diretto con la linea EAV “Napoli – Sorrento”.
  • Funivia Minori – Torello – Ravello: l’intervento è relativo ad un collegamento sospeso a fune da realizzare fra gli abitati di Minori e Ravello, con la possibilità di realizzare una fermata intermedia in località Torello, anch’essa nel Comune di Minori, con l’obiettivo di garantire un collegamento tra i due Comuni che sia alternativo al servizio su gomma e soprattutto all’uso dell’auto privata. Inoltre, la realizzazione dell’intervento potrà consentire anche una rimodulazione dei servizi di Trasporto Pubblico Locale attualmente eserciti.
  • Funivia Agerola – Pogerola – Amalfi: l’intervento è relativo ad un collegamento sospeso a fune da realizzare fra la Costiera Amalfitana e l’altopiano agerolino, con l’obiettivo di garantire un collegamento tra i due Comuni che sia alternativo al servizio su gomma e soprattutto all’uso dell’auto privata. Inoltre, la realizzazione dell’intervento potrà consentire anche una rimodulazione dei servizi di Trasporto Pubblico Locale attualmente eserciti.
  • Funivia Angri – Tramonti – Maiori: l’intervento è relativo ad un collegamento sospeso a fune da realizzare tra i comuni di Angri e Maiori, con fermate intermedie a Corbara e Tramonti, con l’obiettivo di incrementare l’accessibilità alla Costiera Amalfitana riducendo il numero di vetture private e di autobus che ne impegnano la viabilità. In corrispondenza della stazione di Angri è anche prevista la realizzazione di un parcheggio d’interscambio facilmente raggiungibile dall’autostrada Napoli-Salerno, nonché dalla stazione ferroviaria sulla linea regionale-metropolitana Napoli-Salerno e dalla SS 268.

Al momento non si conoscono nel dettaglio i vari progetti, in quanto per alcuni di essi è stato già affidato il lavoro di progettazione, per altri ancora no.

C’è da chiedersi in questi casi, l’impatto che la costruzione di tali opere avranno in un territorio ed un ambiente così delicato. I lavori per costruire i piloni di sostegno, le colate di cemento per realizzarne la base di sostegno, le strade che si realizzeranno nei boschi per consentire ai mezzi di poter raggiungere tali luoghi ecc, quale impatto avranno?

Le motivazioni che sono alla base di tali nuove opere quali sono? Migliorare la mobilità? Ridurre i tempi di percorrenza? Rendere più facilmente accessibili ai turisti e non le località della Costiera Amalfitana e della Costiera Sorrentina? Non era più semplice e meno impattante migliore e manutenere la rete stradale esistente? Basti pensare alla strada che da Valico di Chiunzi a Ravello è chiusa da anni a causa di una frana, ed ufficialmente non sarebbe percorribile. Una volta raggiunti i luoghi di arrivo delle varie funivie, ci saranno poi opportuni collegamenti di trasporto pubblico con altre località? Non sarebbe stato più saggio e meno impattante continuare ad utilizzare e magari potenziare le Vie del Mare che negli ultimi anni hanno avuto un funzionamento a singhiozzo?

Probabilmente occorreranno anni prima che l’inizio di questi lavori avverrà per davvero, nel frattempo si sperpereranno soldi pubblici in progettazioni e studi di fattibilità.

CASO 2 IL MONTE CERVATI

Non è solo sui Monti Lattari che si concentra l’attenzione del turismo escursionistico di massa in Campania. Nel Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni (di seguito PNCVDA) si possono trovare altrettanti luoghi di incomparabile bellezza naturalistica, forse ancora più selvaggi ed incontaminati di quelli di cui sia raccontava prima, che rischiano di essere vittima di progetti realizzati soltanto per rendere accessibili alle masse dei punti che andrebbero invece tutelati.

Uno di essi è il Monte Cervati, la cui vetta raggiunge i 1898 mt s.l.m.

Il Comune di Sanza ha firmato il 5 marzo 2022 il contratto che darà il via ai lavori di “sistemazione e messa in sicurezza” della strada che dal paese conduce a poche centinaia di metri dalla cima.

Nella premessa della relazione tecnica del progetto di seguito riportata si possono trovare le motivazioni di tale opera di intervento:

Il Comune di Sanza, nell’ambito dell’attività di pianificazione del territorio comunale, in relazione al massiccio del Cervati, la vetta più alta della Campania (quota 1898 m. s.l.m), ha sviluppato uno studio per la realizzazione di una serie di progetti integrati per la valorizzazione delle risorse ambientali e naturalistiche del territorio demaniale da fruire in sicurezza, con la considerazione di poter offrire nuove possibilità di sviluppo. L’area del Cervati si estende per circa 20.000 Ha, di questi sono nel Comune di Sanza 12.700 Ha, di cui circa il 70% sono demaniali; il massiccio del Cervati si estende inoltre nei comuni di Monte San Giacomo, Piaggine, Sassano e Valle dell’Angelo; coinvolgendo in modo indiretto anche altri paesi contigui, sia del Vallo di Diano (Buonabitacolo, Montesano sulla Marcellana, Teggiano) che del Basso Cilento (Rofrano, Alfano, Caselle in Pittari).

E’ dunque innegabile che il massiccio del Cervati, area di pregevole interesse naturalistico e di assoluto valore ecologico, rappresenti il vero valore aggiunto su cui poter imbastire un processo di sviluppo territoriale per l’intero comprensorio del Cilento e Vallo di Diano; da qui l’importanza strategica del monte Cervati di “Grande Attrattore Naturalistico della Campania”.

Rilevato che il comune è dotato di due progetti definitivi che hanno valenza strategica per il miglioramento dell’accessibilità al Monte Cervati; dato atto che entrambi i progetti hanno le stesse finalità atte a garantire il miglioramento e la messa in sicurezza della rete stradale di accesso al grande attrattore naturalistico del Monte Cervati. E’ intenzione dell’Amministrazione Comunale presentare un’unica proposta progettuale, unificando i due progetti che hanno le medesime finalità e caratteristiche funzionali, nell’ambito del Piano Operativo Infrastrutture FSC 2014/2020, della Regione Campania, finalizzato al miglioramento della rete stradale e ferroviaria favorendo l’accessibilità ai territori e all’Europa superando le strozzature nella rete con particolare riferimento alla mobilità da e verso i nodi, nonché alla mobilità nelle aree urbane, nonché a provvedere alla messa in sicurezza del patrimonio infrastrutturale per una mobilità sicura e sostenibile, ha pubblicato l’ avviso pubblico…”

Quindi, per i progettisti incaricati dal Comune di Sanza, la motivazione in premessa, che giustifica la costruzione di una strada che conduce in cima ad una montagna è proprio il suo l’assoluto valore ecologico”. In pratica io possiedo un luogo bellissimo ed incontaminato, non posso tenermelo solo per me e tutelarlo, preservarlo, costruisco invece una strada, che comporterà il passaggio per mesi di mezzi meccanici, camion ecc, per poter consentire a centinaia, migliaia di persone di poterci venire comodamente in macchina a vederlo. Eh si, se non è filantropia questa, non so cosa possa esserlo.

Successivamente si elencano altri due aspetti che rendono necessari i lavori:

“L’esistente percorso stradale “Monte Cervati” è collocato a nord-ovest del territorio comunale di Sanza, si estende per una lunghezza di km. 16,80… …Ricade in Zona agricola E1 del vigente P.R.G. Comunale, ed è compreso nella perimetrazione del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nella perimetrazione della zona SIC “IT8050024” denominazione: “Monte Cervati, Centaurino e Montagne di Laurino” e nelle Zone di Protezione Speciali n°27 della Regione Campania ovvero Z.P.S. “IT8050046” denominazione: “Monte Cervati e Dintorni”; nonché nella perimetrazione del vincolo Idrogeologico. Si mette in evidenza che la sede stradale, occupando un lungo tratto, è interessata in alcuni punti dalla perimetrazione dell’Autorità di Bacino Campania per quanto concerne la pericolosità e rischio frane.

Il percorso dell’attuale strada, per gran parte sterrata, è situato nell’ambito del comune di Sanza (Sa), che dall’imbocco della strada Provinciale tra Sanza e Rofrano “località Girone” (quota 800 m.

s.l.m. circa) raggiunge, attraverso una strada tortuosa che serpeggia le montagne e si inerpica per l’altopiano, le cime del Monte Cervati: in prossimità del Santuario di Maria S.S. della Neve (quota 1855 m. s.l.m. circa).

Prima di descrivere le opere che si intendono effettuare sembra opportuno, per meglio chiarire l’utilità se non la necessità dell’intervento previsto in progetto, soffermarsi sull’importanza religiosa, naturalistico-ambientale e anche economica che questi luoghi rivestono.

Occorre ricordare che in prossimità della vetta del Monte Cervati, sorge maestosa nella sua pur semplice struttura la cappella della Madonna della Neve, dichiarato Santuario Mariano, richiamo di pellegrini che giungono da svariati luoghi, nonostante le pessime condizioni dell’attuale strada e soprattutto nonostante i potenziali pericoli idrogeologici a cui l’area è interessata.

Al valore religioso, sicuramente secolare, si è in quest’ultimo decennio indiscutibilmente legato quello naturalistico, con il conseguente maggiore apporto di fruitori della montagna. Non dimentichiamo, infatti, che il Monte Cervati rappresenta il cuore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i suoi paesaggi semplici e affascinanti (Inghiottitoio, neviera, sorgente del Bussento, abete bianco, aquila reale, etc).

Alla motivazione illustrata in premessa, se ne aggiungono altre due che intendono rafforzare e sottolineare la urgente necessità di migliorare e mettere in sicurezza, spendendo circa 4 milioni di Euro, la strada che conduce in cima alla “Vetta della Campania”, e cioè renderla comodamente percorribile ai fedeli, e per far ammirare l’abete bianco e l’aquila reale ai turisti, magari senza neanche scendere dalla macchina.

Anche in questo caso dubbi (molti) sulla reale utilità della strada e sulla considerazione superficiale dell’impatto ambientale che i lavori e il successivo flusso di auto che seguiranno avrà sul delicato ecosistema presente sul Massiccio del Cervati. Anche qui, in fondo si tratta di una strada che avrà una sua utilità limitata nel corso dell’anno, in quanto nel periodo invernale non sarà utilizzabile a causa della neve. Molto fondato il sospetto che la strada non sia altro che un preludio, come indicato nella premessa riportata, alla realizzazione di altre opere per consentire un maggiore confort ai turisti ed offrire un meritato ristoro dopo una faticosa salita in auto. Di recente è già stato approvato un progetto per la realizzazione di un rifugio in località Vallivona, proprio lungo la strada oggetto dell’intervento, tra l’altro finanziato quasi completamente con fondi del PNCVDA. Il Parco sembra quindi favorire tale tipo di interventi anziché valutarne il reale impatto ambientale.

CASO 3 – IL FIORIRE DI NUOVE ASSOCIAZIONI ESCURSIONISTICHE E DI NUMEROSE GUIDE ESCURSIONISTICHE, LA MANCANZA DI CONOSCENZA DELL’AMBIENTE MONTANO DELLE NUOVE LEVE DELL’ASSOCIAZIONISMO ESCURSIONISTICO

I tour operator non sono stati gli unici a cavalcare la moda dell’escursionismo. Sono spuntate come funghi tantissime nuove associazioni che si dedicano al trekking. Molto spesso nate per volontà di una o più persone che, organizzando escursioni guidate, reclutano nuovi soci. La causa alla base di questo fenomeno è sempre la stessa, lo scopo di lucro da parte dei promotori. L’associazionismo di per se è un movimento che non ha lo scopo di lucro come principio cardine, tuttavia queste nuove leve dell’associazionismo escursionistico, spesso promosso da persone che hanno una minima conoscenza dell’ambiente montano e pessima delle regole basilari dell’escursionismo, chiedono un contributo associativo a coloro che partecipano alle loro escursioni. Molti di essi non hanno mai creato, se non sui social, una associazione vera e propria, ma semplicemente cercano proseliti cui propinare 4 o 5 itinerari, sempre gli stessi, su percorsi suggestivi, magari in orari diversi del giorno aggiungendo una accattivante caratteristica, ad esempio “il sentiero degli dei al tramonto”, per dare un tocco di novità e di originalità. Ancora più grave è il fenomeno di guide improvvisate che senza alcun titolo e preparazione si cimentano a guidare piccoli gruppi lungo i sentieri, anche loro concentrando l’attività nei luoghi più famosi e appetibili. Sui Monti Lattari operano parecchie figure del genere causando spesso non pochi problemi ai loro stessi partecipanti. Sul famoso Sentiero degli dei gli interventi del soccorso alpino sono frequentissimi, negli ultimi mesi ci sono state richieste di soccorso in ogni fine settimana. Le cause sono principalmente legate alla scarsa conoscenza e attenzione delle “guide” alle basilari norme di sicurezza in montagna. Cadute causate da scarpe non adeguate, malori dovuti alla scarsa preparazione fisica dei partecipanti.

Questo fenomeno non è, ovviamente, circoscritto solo alla Campania. Dai dati pubblicati dal CNSAS, nel 2020 si è registrato il più alto numero di interventi di soccorso nella storia del Corpo. In totale sono state compiute 10279 missioni, di cui 7658 in terreno impervio, con l’impiego di 43247 soccorritori:

  • Il 46,9% degli incidenti è stato causato da una caduta o scivolata;
  • il 28,4% da incapacità;
  • l’11,8% da malore.

Alcune di queste realtà associazionistiche si cimentano anche in altri tipi di attività legate all’escursionismo, come ad esempio fare manutenzione della segnaletica sui sentieri. Purtroppo anche in questo caso, la non conoscenza delle regole basilari da seguire per effettuare questo tipo di attività si traduce in veri e propri scempi dell’ambiente montano, di seguito alcuni esempi di manutenzione sui Monti alburni effettuati da una associazione dedita all’escursionismo con sede a Sant’Angelo a Fasanella (SA)

2 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

5 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

6 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Queste foto sono facilmente reperibili sulla pagina Facebook della associazione, e quest’ultima è particolarmente significativa della incoscienza e mancanza di preparazione con cui vengono effettuate le operazioni di manutenzione dei sentieri da parte di persone improvvisate e senza alcuna preparazione in merito e diventano un motivo di vanto, una opera da ostentare.

Ma non sono solo le nuove associazioni a compiere degli errori facendo manutenzione, a volte anche chi dovrebbe conoscerle certe regole finisce per non seguirle. È il caso del CAI, sempre nel Cilento, che nella apposizione della segnaletica lungo il tratto di competenza del Sentiero Italia, ha inchiodato i segnavia sui faggi.

7 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

8 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

La prima foto è stata scattata lungo il tratto del Sentiero Italia che sale al Rifugio Cervati, mentre la seconda lungo il tratto che porta in vetta sul Monte Panormo.

Ma i segnavia del Sentiero Italia non sono stati gli unici ad essere stati inchiodati sugli alberi da parte di alcuni volontari del CAI, o da loro incaricati, anche lungo il sentiero che porta al Monte Gelbison è possibile incontrare della segnaletica apposta in modo non corretto.

9 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Ci sono poi delle realtà associative che hanno creato dei cammini, e si sono occupate della relativa segnaletica, il caso preso ad esempio è quello del Cammino di San Nilo nel PNCVDA.

10 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Peggio ancora ci sono le associazioni “escursionistiche” che devo testimoniare il loro arrivo in vetta in maniera indelebile.

11 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

il caso eclatante di Somma Trekking, i cui componenti hanno così pensato di testimoniare il loro arrivo al Rifugio Franchetti, sul Gran Sasso.

Questa, più di ogni altra immagine o vicenda, rende chiaro quale sia l’approccio inconsapevole che molti nuovi “escursionisti” hanno con l’ambiente montano. Non una esperienza da vivere a contatto con la natura, non godersi il silenzio di un bosco, lo scorrere di un fiume, ma piuttosto una esperienza da ostentare pubblicamente.

CONCLUSIONI

Quanto riportato nei casi precedenti è solo una minima parte delle problematiche che si presentano oggi in tutta Italia, e che sono dovute alla deriva turistica che sta prendendo l’escursionismo.

Il CAI nell’art 1 del proprio statuto stabilisce di essere una “…libera associazione nazionale, ha per scopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.” Scopo principale del nostro sodalizio è, dunque, la difesa dell’ambiente naturale montano attraverso lo studio e la conoscenza delle montagne. E oggi deve esserlo non solo frequentandolo, non solo proteggendolo dalla costruzione di parchi eolici, fotovoltaici, nuove piste da sci, nuovi elettrodotti, ma deve esserlo anche in relazione alle problematiche causate da una non corretta frequentazione da parte di soggetti esterni al CAI.

Nel 1984 il CAI costituisce la Commissione Centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano (CCTAM), scopo della neonata Commissione è la tutela dell’ambiente montano e sviluppare un’adeguata cultura della montagna. La CCTAM è’ stata l’evoluzione dalla precedente Commissione Protezione della Natura Alpina (CCPNA), con la quale, nel 1968, il CAI, iniziò a rivolgersi ai soci con la richiesta di “collaborare attivamente a tutte le opere intese a conservare ed a difendere la natura alpina. Ed è questa la strada da seguire, il CAI attraverso la CCTAM deve interfacciarsi con le altre realtà per cercare di risolvere queste problematiche, forse occorrerebbe dare un “potere” o meglio delle ulteriori competenze e capacità di azione alla Commissione, e snellire così la procedura attuale che riduce l’operato della Commissione a semplice intervento di individuazione e segnalazione delle criticità.

A mio avviso anche il CAI ha intrapreso la strada del compromesso con i propri ideali statutari pur di reclutare quanti più iscritti possibili. Basti pensare alla posizione molto blanda nei confronti delle problematiche legate alla caccia, oppure ad alcuni progetti con connotazioni prettamente turistiche con il progetto MEDIMONT PARKS. Quest’ultimo è un “progetto strategico del CAI-CCTAM mirato alla più approfondita conoscenza e valorizzazione delle aree protette montane del Mediterraneo, vuole essere una prima proposta per un’iniziale approccio conoscitivo – attraverso agevoli escursioni mirate – delle prerogative di alcuni parchi, comprendenti montagne di altitudine talora elevata e distanti poche decine di km dalla costa. Dall’Andalusia a Cipro – istituite in tempi e con modalità differenti– sono infatti presenti numerose aree protette, sulle quali soltanto in anni recenti si è concentrato l’interesse e l’attenzione di vari Enti, governativi e non. Eppure le “montagne mediterranee” posseggono un eccezionale “capitale di biodiversità”, ancorchè non adeguatamente riconosciuto nel suo reale valore.” Il progetto elenca 11 percorsi escursionistici tutti molto brevi, dalle caratteristiche prettamente turistiche. Tra i percorsi proposti vi è uno che ricade nel PNCVDA, “da Madonna della Neve al Monte Cervati”. Il percorso proposto inizia proprio nel punto in cui terminerà la strada che è stata esposta nel CASO 2.

Per stemperare tutte queste problematiche occorrono delle azioni dirette e decise da parte del CAI, al fine di sensibilizzare una corretta e consapevole frequentazione dell’ambiente montano, a partire dal corretto comportamento da tenere durante le escursioni, alla conoscenza della segnaletica che si incontra, alla sensibilizzazione verso le tematiche ambientali e tutte quelle azioni antropiche che minacciano un ambiente così delicato come la montagna.

Ottima l’iniziativa, ad esempio, delle indicazioni che sono state inserite negli opuscoletti distribuiti recentemente con il Corriere della Sera, dove accanto a degli itinerari consigliati, sono presenti degli ottimi consigli su come approcciare l’escursionismo, dalla preparazione fisica alla corretta alimentazione per affrontare una escursione, al corretto equipaggiamento da avere, alla scelta dell’abbigliamento, ed infine, nozioni sulla segnaletica.

Occorrono altre iniziative simili, alcune magari dirette al mondo della scuola per sensibilizzare le future generazioni ai temi della tutela dell’ambiente montano e alla sua frequentazione consapevole.

Tuttavia quello che il CAI dovrebbe fare, sarebbe quello di intraprendere una azione decisa e coordinare le varie attività associative che spesso non sono opportunamente preparate, e soprattutto non sono coordinate.

Prendo ad esempio ciò che posso vedere nel luogo in cui abito, il Cilento, in cui operano molte associazioni escursionistiche. Se da un lato alcune sono molto preparate, svolgono azioni mirate e consapevoli di tutela dell’ambiente montano, si occupano di manutenere sentieri, educano i propri associati ed i nuovi iscritti al rispetto e alla frequentazione consapevole della montagna. Dall’altro lato ne esistono tantissime altre che puntano solamente a far crescere il numero di iscritti, e che a volte svolgono in maniera sbagliata interventi di manutenzione dei sentieri, come illustrato nel CASO 3. Nonostante il PNCVDA abbia sottoscritto dei protocolli di intesa con il CAI e successivamente con la FIE per la manutenzione dei sentieri, allo stato attuale moltissimi dei sentieri presenti sulla Carta dei Sentieri del Parco non sono percorribili, e su molti di essi la segnaletica è praticamente assente. Il CAI Salerno dovrebbe essere la sezione competente per territorio coadiuvata dalla Sottosezione di Montano Antilia, tuttavia la provincia di Salerno è un territorio vastissimo, che non comprende solo il Cilento, e risulta difficile per una singola sezione e per i pochi volontari presenti in essa (come in tutte le realtà associative, i soci “operativi” sono sempre numericamente esigui) occuparsene. La Sottosezione di Montano Antilia pare abbia altri interessi, e in ogni caso la sua opera di manutenzione si concentra in una zona alquanto limitata, e ha spostato l’azione del suo intervento verso il Monte Cervati, e verso gli uffici del Parco dove la presenza del reggente è stata per lungo tempo quasi costante, pur non avendo lui ricevuto alcun incarico al riguardo dalla Sezione di appartenenza. In ogni caso, le poche cose fatte sono anche state fatte male, come visto nel CASO 3 sulla segnaletica presente lungo il Sentiero Italia e sul Sentiero verso il Monte Gelbison. Se poi a questo aggiungiamo l’assordante silenzio della Sottosezione per le questioni legate alla strada di cui al CASO 2, è facile rendersi conto che la Sottosezione in questione non svolge appieno il ruolo che dovrebbe.

L’azione del CAI avrebbe dovuto essere ancora più incisiva se si considera che nel Consiglio Direttivo del PNCVDA è presente un suo rappresentante, il quale poco ha fatto durante il suo mandato, sia per indirizzare una corretta politica di tutela ambientale del Parco, che in alcuni casi ha anteposto interessi politici rispetto a quelli di tutela ambientale. Basti rivedere il CASO 2, oppure la scarsa attenzione alla sentieristica, la mancanza di coordinamento con le Comunità Montane e gli enti locali e le associazioni in tal senso.

 

 

Dettagli

Inizio:
07 Giugno 2022 ore 09:00
Fine:
08 Giugno 2022 ore 19:00