Caricamento Eventi

« Tutti gli Eventi

La Pineta Mirtina di Ischia ed il suo Rospo da Tutelare

22 Giugno 2022 ore 09:00 - 23 Giugno 2022 ore 19:00

  • Questo evento è passato.

1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

2° CORSO PER OPERATORE REGIONALE TUTELA AMBIENTE MONTANO (ORTAM)

Ida Ferrandino

 

La Pineta Mirtina di Ischia ed il suo Rospo da tutelare

 

 

 

Indice

Premessa

1.1 Introduzione alla biodiversità

1.2 Tutela dell’ambiente

1.3 Isole e biodiversità

2.0 La Pineta Mirtina

3.0 Anfibi

3.1 Anuri

3.2 Caudata o Urodela

3.3 Gymnophiona o Apoda

4.0 Anatomia degli Anfibi

4.1 Ciclo vitale degli Anfibi

4.2 Anfibi a rischio

5.0 Bufo balearicus

6.0 Il rospo smeraldino ad Ischia

6.1 Monitoraggio

6.2 La Pineta Mirtina: verifica dello stato per la tutela del rospo smeraldino

7.0 Conclusioni

Bibliografia e Sitografia

 

Per l’attività di monitoraggio Maggio-Giugno 2020 hanno collaborato i soci, Giovannangelo De Angelis, Vito Forni e Denis Trani.

Ringrazio: Agostino, Ernesto, Francesco, Lucilla, Marco, Maria Cristina, Rosa, Raffaele e Stefanie per le indicazioni fornite.

 

Premessa: Nella presente relazione si riportano i dati relativi al Monitoraggio del Rospo smeraldino sull’isola d’ Ischia (NA) effettuata da un gruppo di soci CAI Napoli della sottosezione di Ischia e Procida nel periodo di uscita dal primo lockdown (marzo-aprile 2020) e continuata ad oggi. Il monitoraggio è stato condotto per verificare presenza e distribuzione di Bufo balearicus, nome scientifico che contraddistingue questo anfibio la cui presenza sull’isola risulta da anni seriamente compromessa.  I dati raccolti ad oggi sono stati analizzati e confrontati con quanto già riportato in letteratura. Strategie di tutela da applicare presso la pineta Mirtina, quale ultimo sito isolano ad ospitare questo animale, sono discusse e proposte per la salvaguardia dell’unico anfibio presente ad Ischia. L’azione rientra nella linea di indirizzo del Nuovo Bidecalogo, (1) approvato dall’Assemblea dei delegati CAI del 25-26 maggio 2013 a Torino nell’anno dei festeggiamenti del 150° del Club Alpino Italiano ed in tema di tutela ambientale e di comportamenti etici durante le attività in montagna così come anche in linea con l’articolo 9 della nostra Costituzione che, con la recente modifica (8 febbraio 2022), sancisce: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. All’ambiente ed alla sua tutela quale bene fondamentale, così come alla salute, c’è inoltre il richiamo anche nella recente modifica all’articolo 41 della Costituzione della Repubblica italiana che stabilisce che “L’iniziativa economica privata è libera.  Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente”.

1.1 Introduzione alla biodiversità

Il termine biodiversità è generalmente associato alla varietà di tutte le forme di vita presenti sulla Terra. Il concetto di biodiversità non può essere ricondotto al singolo numero in quanto estremamente riduttivo.

Nel 1988 il biologo statunitense Edward Wilson ha definito la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, includendo la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. Si includono così tutti i livelli della materia vivente dai geni agli individui, alle popolazioni, alle specie e comunità fino agli ecosistemi, i fattori fisico-chimici che condizionano la vita.

Con questa definizione si realizza l’importanza di quanto la vita in tutte le sue forme dipende dal contesto ambientale in cui si presenta. Le interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente sono alla base delle relazioni funzionali che caratterizzano i diversi ecosistemi garantendone il loro mantenimento in un buono stato di conservazione. Gli ecosistemi in salute ci forniscono cose essenziali che noi diamo per scontate.

L’ambiente deve essere considerato patrimonio comune, componente fondamentale della qualità della vita ed è fondamentale la sua tutela.

1.2 Tutela dell’ambiente

La Convention on Biological Diversity (CBD) adottata a Nairobi, Kenya, il 22 maggio 1992 ha sancito su “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche”. Ratificata da 196 nazioni ha posto come obiettivo generale incoraggiare le azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.

Nel “Nuovo Bidecalogo” del CAI è riportato in più punti la posizione e l’impegno dei soci a tutelare l’ambiente montano, il territorio, il paesaggio, il suolo ed anche la biodiversità. (1)

La definizione scientifica di ambiente riporta all’insieme dei fattori fisici e biologici che circondano l’organismo o una popolazione di individui o una comunità biotica.

L’ambiente che circonda l’uomo è marcatamente tecnologico ed ha così assunto caratteristiche molto diverse da quello che circonda le altre specie viventi.

L’uomo si è progressivamente allontanato dall’ambiente fisico e biologico che lo circonda. A influenzarne la vita sono oggi molto di più i riferimenti autoprodotti come le caratteristiche sociali, culturali, storiche e economiche, rispetto a quelle biologiche.  A ciò vanno ricondotti i gravi danni che l’uomo ha causato all’ambiente (impatto ambientale). Danni che negli ultimi decenni hanno avuto un notevole incremento, direttamente proporzionale anche allo sviluppo tecnologico.

In ecologia l’ambiente è l’insieme dei fattori esterni a un organismo che ne influenzano la vita. Tra questi ci sono i fattori abiotici (temperatura, umidità, pressione, altitudine, geomorfologia) e quelli biotici (interazione con altri tipi di organismi che convivono nella stessa area e con cui interagiscono). Il termine Habitat va inteso come l’ambiente in cui vive una data specie. Si comprende come la tutela dell’ambiente è fondamentale per la sopravvivenza di tutte le specie animali e vegetali. Per la stretta interazione tra ambiente e specie va sottolineato che comunque ogni specie interagendo con l’ecosistema di cui fa parte, partecipa al mantenimento all’equilibrio e stato di salute della biosfera. La tutela ambientale va intesa pertanto come salvaguardia di tutte le forme di vita presenti sulla terra e dello stesso ambiente in cui queste vivono. La perdita di biodiversità costituisce un serio pericolo per l’equilibrio ecosistemico.

In questo ambito rientrano le politiche di tutela indicate nel 2015 con l’Agenda 2030 dell’ONU di salvaguardia climatica. (2) Gli stati ONU che vi hanno aderito si sono infatti impegnati a mettere a punto un piano che porti al miglioramento delle condizioni di vita sul globo entro il 2030. Bisogna inoltre aggiungere anche le direttive europee in materia ambientale. Riguardo la tutela ambientale, la direttiva Uccelli (3) e la direttiva Habitat (4) hanno fornito gli strumenti per l’applicazione e creazione da parte dei singoli stati di: zone di interesse protezionistico (ZIP) e siti di interesse comunitario (SIC).

I ZIP siti proteggono gli habitat di uccelli migratori che hanno bisogno di corridoi ecologici lungo i quali muoversi. (5)

I SIC hanno permesso invece di creare una rete di siti di interesse comunitario in cui vivono specie floristiche e faunistiche a rischio. In queste aree sono incluse anche zone interessate dalla presenza antropica. (5)

Fondamentale per la corretta gestione dell’ambiente è un approccio interdisciplinare tenendo conto degli aspetti ecologici, economici e sociopolitici, integrando le funzioni e servizi ecosistemici nelle decisioni di gestione e pianificazione del territorio.

Tutte le risorse devono essere gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche vengano soddisfatte mantenendo però l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell’area in questione. La biodiversità rappresenta sicuramente una risorsa fondamentale per lo sviluppo socio-economico e solo attraverso politiche di sviluppo sostenibile si può garantire la conservazione della biodiversità.

1.3 Isole e biodiversità

Nel mondo le isole occupano solo il 5% della superficie terrestre ma con un ruolo chiave per la conservazione della biodiversità che risulta condizionata dall’isolamento e da condizioni ambientali particolari. Piante e animali che vi abitano hanno subito millenni di isolamento genetico e selezione naturale, con la possibile conseguente formazione di nuove rare specie endemiche ed è per questo che la biodiversità insulare è di particolare interesse.

Ischia, “L’isola Verde”, è un importante centro di biodiversità nel Mediterraneo con diverse specie rare ed endemiche alcune delle quali fortemente minacciate. La ricchezza di biodiversità è espressione delle caratteristiche dell’isola di origine vulcanica che si estende in un’area di 46.3 km2, con un perimetro di 34Km e che conta 64.085 residenti. Il monte Epomeo, che raggiunge 789 metri di altezza, rappresenta la cima più alta dell’isola. L’isola presenta una concentrazione di bacini termali tra le più alte al mondo e due sorgenti, “Buceto” e “Nitrodi”, di acque dolci e potabili. Ad aree ricche di una vegetazione naturale si contrappongono aree agricole terrazzate coltivate prevalentemente a vigneti. Per quanto riguarda le caratteristiche delle superfici agricole e naturali, prevale suolo con alta biodiversità. Il PTCP (Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Napoli, 2013) articola su 4642 ha di superficie, le seguenti aree di specifico interesse: (23)

Aree e componenti d’interesse naturalistico 25,2%

Aree e componenti d’interesse storico culturale e paesaggistico 5,5%

Aree e componenti d’interesse rurale 54,4%

Aree e componenti d’interesse urbano 14,6%

Aree di criticità e degrado 0,1%

Nodi e reti per la connettività territoriale 0,2%.

Negli ultimi decenni tali caratteristiche sono state seriamente compromesse per la massiccia urbanizzazione che ha interessato tutto il territorio.

Il monitoraggio delle specie animali e vegetali presenti sull’isola è lacunoso. Uno studio del 2014 (Ricciardi et al.) riporta per la flora dell’isola d’Ischia, 668 specie osservate; di queste 150 non risultavano ad allora segnalate contro 333 non più rinvenute per lo più nelle aree maggiormente urbanizzate. (6) Piante decisamente della macchia mediterranea Leccio (Quercus ilex); Roverella (Quercus pubescens); Castagno (Castanea sativa); Pino (Pinus pinaster, Pinus pinea); Corbezzolo (Arbustus unendo); Erica (Erica arborea); Mirto (Myrtus communis); Lentisco (Pistacia lentiscus); Oleastro (Olea europea sub. Sylvestris). Piante invasive come Ailanthus altissima. Anche ginestre ed oltre 20 orchidee e le succulente: fico d’india (Opuntia ficus barberica), agave (Agave americana) ed aloe (Aloe barbadensis). Tra le rarità la felce Woodwoedia radicans, la cui origine risale al periodo Terziario ed in Campania riportata solo ad Ischia ed alla Valle delle Ferriere (Sa) e il rarissimo papiro delle fumarole Cyperus polystachyos, specie igrofila, termofila ed eliofila, protetta ma che attualmente risulta essere in diminuzione. (7)  Tra gli animali terrestri i più rappresentativi: il geco verrucoso (Hemidactylus turcicus); il geco comune (Tarentola mauritanica); la lucertola (Podarcis siculus); il rospo smeraldino (Bufo balearicus); il biacco (Hierophis viridiflavus); il pipistrello-ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum); il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); il topo selvatico (Apodemus sylvaticus); il topolino domestico (Mus musculus). (8)

Si riporta anche che Ischia, come Procida e Vivara, è stata riserva di caccia borbonica ospitanti ungulati, conigli e lepri. (9)

Numerose le specie di uccelli stanziali o di passaggio, marini e montani.

I fondali ed il mare di Ischia rientrano nell’area marina protetta (AMP) “Regno di Nettuno” che con 11.256 ha di superficie risulta la più estesa AMP della Campania con al suo interno delle particolarità di enorme interesse. Le acque del Regno sono frequentate da tutte le specie ittiche tipiche degli ambienti rocciosi mediterranei, ma anche al centro di flussi migratori di totani e calamari e di tutte le specie di pesce azzurro e di piccoli tunnidi. (10)

Sono osservabili una varietà di ambienti, comprese aree di coralligeno. Caratteristico di Ischia è il “falso corallo nero” Gerardia savalia presente lungo il costone della torre di S. Angelo sul versante sud dell’isola. (10)

L’area ad ovest, verso l’Isola di Ventotene, e l’area a Nord sono le zone mediterranee che presentano la più alta densità di mammiferi marini.

Il Canyon di Cuma, in particolare, ospita la più importante famiglia presente nel mediterraneo di Delfino Comune, che è fortemente a rischio ed inserita nella lista rossa delle specie in via di estinzione. (10)

Ischia ha una varietà di fauna e flora difficilmente riscontrabile in altre località che deve essere protetta e valorizzata. (11)

Tra le zone SIC della Campania, vi fanno parte tutte le pinete dell’isola d’Ischia (IT8030022), le rupi costiere (IT8030026), il corpo centrale dell’Isola d’Ischia (IT8030005), le 14 stazioni dove cresce il raro “Cyperus Polystachyus” o papiro delle fumarole (IT8030034), specie rara che cresce in prossimità delle sorgenti fumaroliche ed i fondali marini di Ischia, Procida e Vivara (IT8030010). (22; 24)

2.0 La Pineta Mirtina

1 1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

L’isola d’Ischia è nota come “Isola Verde”, in relazione all’abbondante vegetazione che la caratterizza, costituita in gran parte da boschi, vigneti e dalla macchia mediterranea, o secondo altri riferimenti, per la presenza del tufo verde che caratterizza i muretti a secco (parracine) delle terre coltivate. La macchia mediterranea della prima colonia della Magna Grecia, chiamata Pithecusa ed oggi Ischia, in passato formava un unico mantello verde. (12)

La presenza dell’uomo e l’attività agricola hanno portato nel corso dei secoli a sostituire la macchia con i vigneti e in parte con formazioni forestali di maggior pregio quali le pinete e i castagneti. La superficie boschiva complessiva è di circa 800 ettari di cui: 58 ettari (8%) di pinete e 738 ettari (92%) di cedui di castagno, querceti e macchia mediterranea. L’isola nel passato era coperta da una folta e fitta macchia mediterranea da cui emergevano gli “ombrelli” dei pini mediterranei, lecci e querce. (12) L’azione dell’uomo è stata comunque rilevante, sostituendo nei punti più pianeggianti alle colture arboree quelle agrarie (vite, olivo, ortaggi) e nei punti più erti, ma freschi, al leccio e alla roverella la coltivazione del castagno governato a ceduo per gli usi agricoli.

Le pinete sono una rilevante caratteristica dell’isola. Dalla montagna esse si spingono a ridosso del mare offrendo ettari di macchia mediterranea dove primeggiano il pino (Pinus pinea) dalla caratteristica chioma a ombrello introdotto da Giovanni Gussone, medico e botanico della corte borbonica. Nel 1850 Gussone provvide a riempire il terreno brullo e argilloso dell’Arso, dovuto all’ultima terribile eruzione del 1302 che dalla contrada di Fiaiano arrivò a lambire con la sua lava il Lago de’ Bagni, aperto poi a porto di Ischia. (12) L’ottima acclimatazione di questa pianta, la sua capacità di adattarsi ai suoli vulcanici e di scarsa profondità, l’ampiezza della chioma conferiscono a questo pino un altissimo pregio estetico e paesaggistico. Questo è il motivo per cui al primo impianto ne seguirono molti altri, soprattutto nei Comuni di Barano (Pineta di Fiaiano) e di Casamicciola (Pineta della Maddalena-Monte Rotaro detta anche del Castiglione). L’opera infatti fu portata avanti da Carlo Maria Santucci De Magistris, un nobile napoletano, che piantumò i bordi del cratere dell’Arso proprio dove ora si trova la pineta di Fiaiano di 8 ettari che ha rappresentato uno dei polmoni verdi più importanti dell’isola d’Ischia. Il resto dei pini è stato messo a dimora tra gli anni 30 e 50 dal Corpo Forestale dello Stato creando tra l’altro anche il bosco della Maddalena a Casamicciola. (12) Purtroppo lo stato di salute di questo importante ed esteso insediamento delle pinete è stato a partire dagli anni 50 seriamente minato oltre che dalla Marchalina ellenica anche da altri parassiti come il Blastofago e la Processionaria. Oggi sia il versante di Fiaiano che quello del Bosco della Maddalena portano ferite estese ed è da tempo richiesto un capillare intervento di riqualificazione e piantumazione per poter riportare le pinete a quello che fino a poco tempo fa erano. Si ricorda che le pinete dell’isola d’Ischia sono nell’elenco dei siti SIC della regione e pertanto rientrano nelle misure di conservazione indicate dalla Regione Campania per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. (12)

II Mirto è una specie tipica della macchia mediterranea. Si tratta di un arbusto sempreverde che cresce spontaneamente nelle pinete e nelle zone costiere e collinari. Ha una fioritura bianca da giugno ad agosto con un profumo fortemente aromatico e con un alto contenuto di oli essenziali. Per le sue proprietà viene utilizzato per le affezioni delle vie urinarie; ha azione anche balsamica ed astringente; l’acqua del Mirto è usata in profumeria; l’infuso del Mirto ad Ischia veniva impiegato per preparare le botti di rovere prima di ricevere il vino giovane della vendemmia. Dalle sue bacche, per infusione alcolica si prepara il liquore di mirto.  È una pianta simbolo di gloria e di amore felice. Con il Mirto si preparavano, infatti, corone per gli eroi e per le spose. (13)

Nonostante queste criticità, le Pinete restano luoghi simbolo dell’isola d’Ischia, sia per la combinazione pineta/macchia mediterranea che per l’immediata fruibilità per il turista in quanto parte integrata nel contesto urbano. La Pineta Mirtina è infatti completamente immersa nel centro urbano del comune d’Ischia su un’estensione pianeggiante dalla forma rettangolare, di circa due ettari di superficie, lungo la strada che dal Porto di Ischia conduce al Castello Aragonese. La pineta fa parte di un’area verde più ampia, piantumata nel 1850 per rendere gradevole e ombreggiata una fascia di terreno arida, coperta dalla colata lavica del 1300 che per gli storici, avrebbe seppellito un antico insediamento umano (Città Plana). (13) All’ombra dei pini nel tempo si è sviluppato un sottobosco unico nel suo genere, costituito da piante arbustive tipiche della macchia mediterranea come corbezzoli, eriche, euforbie, filliree e mirti. Da quest’ultima deriva il nome della pineta.

2 5 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

La Pineta Mirtina, pur presentando una flora molto sofferente a causa di vari parassiti ed anche per l’incuria dell’uomo, continua ad avere singolari caratteristiche ambientali, derivate dalla stratificazione vegetazionale “pineta-macchia mediterranea” e dalla presenza nel sottosuolo di acque termo-minerali di elevato valore. Un antico pozzo scavato agli inizi del secolo scorso rivela la presenza di una vena d’acqua, impiegata in passato per usi sia domestici che terapeutici. (13)  Le analisi condotte sull’acqua, denominata “Mirtina” dal nome dell’arbusto molto diffuso nella pineta, hanno rivelato peculiari caratteristiche organolettiche e terapeutiche, efficaci per malattie del ricambio, obesità, diabete, processi infiammatori dell’apparato gastro-enterico. Ed è grazie a quest’acqua che la pineta Mirtina ha rappresentato un importante punto di insediamento del Rospo smeraldino che sfrutta nel periodo primaverile le pozze di acqua disseminate nella pineta per la riproduzione. (13)

La Pineta Mirtina è comunale e soggetta ai vincoli sulla “Disciplina del verde pubblico e privato del comune di Ischia”.

Nota: I principali responsabili del deperimento e spesso della distruzione di intere pinete sono gli insetti quali: a) La Processionaria del Pino (Thaumetopea pythiocampa Scift); un lepidottero che provoca i danni maggiori allo stato larvale. Dalle uova deposte intorno agli aghi dei pini si sviluppano delle larve che si accrescono e costruiscono un tipico nido, dal quale usciranno in fila indiana (da cui il termine “Processionaria”) per alimentarsi delle foglie aghiformi. Ne consegue un’accentuata defogliazione con deturpamento della chioma fino al disseccamento. b)   La Cocciniglia greca dei Pini (Marchalina hellenica), diffusa per lo più nelle aree costiere della Grecia e della Turchia. Gli esemplari di pino, soprattutto il pino domestico, subiscono ad opera di questo parassita una pericolosa sottrazione di linfa debilitando il fusto in modo irreversibile nell’arco di pochi anni.  c) Il Blastofago del Pino (Tomycus destruens); è un coleottero di piccole dimensioni che nei tronchi dei pini crea gallerie di riproduzione e che si ciba dei germogli fino al disseccamento della pianta. (12)

3.0 Anfibi

Gli Anfibi sono un gruppo di vertebrati che conducono una vita sia acquatica che terrestre e per questo il nome “doppia vita”.

La maggior parte delle specie di anfibi presentano uno stadio acquatico sotto forma di larve che respirano con le branchie. Le larve vanno poi incontro a metamorfosi trasformandosi in adulti dotati di polmoni attraverso cui respirano aria.

La maggior parte delle specie è ovipara e depone uova prive di guscio in acqua o almeno in ambienti molto umidi. Gli anfibi sono diffusi soprattutto in territori con clima caldo e umido, ed assenti nelle zone aride. Non esistono specie marine. (14) Questa classe di animali è suddivisi in tre Ordini:

  • Anura (rane e rospi): 48 famiglie comprendenti circa 5.600 specie
  • Caudata o Urodela (salamandre e tritoni): 9 famiglie comprendenti 571 specie
  • Gymnophiona o Apoda (cecilie): 3 famiglie comprendenti 174 specie.

3.1 Anuri

Gli Anuri (rane e rospi), senza coda, sono l’ordine più numeroso e diversificato. Tutti i membri dell’Ordine Anura possono essere considerati rane, ma solo i membri della Famiglia Bufonidae sono considerati veri “rospi”. Il termine “rana” nei nomi comuni di solito si utilizza per le specie acquatiche o semiacquatiche con la pelle umida e liscia (figura A), mentre “rospo” (figura B) si riserva a specie terrestri con la cute asciutta e bozzellata. Nella forma adulta sono privi di coda o presentano una coda molto ridotta e non hanno branchie esterne. Le zampe posteriori in genere sono più lunghe di quelle anteriori, adattate al salto, e presentano dita palmate e prive di unghie. La bocca è molto grande, per consentire l’ingestione delle prede. Le forme larvali hanno una morfologia completamente diversa dagli adulti, sono prive di arti con una lunga coda, e vengono dette girini. (14)

3 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Rana temporaria. (B) Bufo viridis.

(C) Salamandra salamandra. (D) Caecilia thompsoni

(fonte: https://www.aaeonlus.org/index.php/anfibi/classificazione-anatomia-e-fisiologia/ )

3.2 Caudata o Urodela

I Caudati (salamandre e tritoni) possiedono una lunga coda; l’aspetto generale ricorda quella delle lucertole, con quattro arti ben sviluppati (figura C). Le dita non presentano unghie. Alcune specie presentano branchie esterne dall’aspetto piumato, altre sono prive di polmoni. Le forme larvali spesso sono simili agli adulti. La lunghezza totale va dai 2.7 cm delle salamandre del genere Thorius a 1.8 m della salamandra gigante cinese, Andrias davidianus. (14)

3.3 Gymnophiona o Apoda

I Gimnofioni, detti anche cecilie, sono anfibi privi di arti (senza arti), con un corpo allungato vermiforme, dalla coda assente o molto corta, e quasi completamente ciechi (figura D). Il nome cecilia deriva, infatti, dal latino caecus, che significa cieco. Spesso il corpo presenta degli anelli, come i lombrichi. Le loro dimensioni vanno da 7.5 a 75 cm. Si conosce poco della loro biologia poiché conducono principalmente vita sotterranea. (14)

4.0 Anatomia degli Anfibi

La cute degli Anfibi è ricca di ghiandole ed altamente vascolarizzata. Presentano numerose ghiandole mucipare, a volte ghiandole velenifere spesso associate ad una colorazione vivace della cute. La pelle periodicamente si stacca durante il periodo della muta e spesso viene ingerita dall’animale stesso. Gli anfibi hanno 4 arti: 2 anteriori e 2 posteriori. (15)

I polmoni non sono particolarmente efficienti per lo scambio di gas e pertanto gli Anfibi respirano anche attraverso la pelle inumidita con continue immersioni in acqua e da una serie di ghiandole. Nella famiglia delle salamandre, gli animali non possiedono polmoni e respirano unicamente attraverso la pelle.

L’apparato circolatorio ha come centro il cuore che ha 2 atri e un solo ventricolo, il sangue si mescola parzialmente. (15)

4.1 Ciclo vitale degli Anfibi

La riproduzione è legata all’acqua nella maggior parte delle specie. Negli anfibi le uova sono prive di guscio e avvolte da un materiale gelatinoso e devono essere pertanto deposte in acqua. (16) La fecondazione è esterna: il maschio sale sul dorso della femmina e feconda le uova man mano che questa le depone. Le uova fertilizzate si sviluppano in seguito in larve acquatiche chiamate girini, attrezzate di una coda ondulante per la locomozione, branchie esterne, un lungo apparato digerente e un picco corneo con cheratinizzazione variabile a seconda della dieta erbivora o carnivora del girino. (16) La metamorfosi è graduale e comporta modificazioni nell’apparato digerente, la comparsa di zampe e polmoni, la scomparsa delle branchie e, negli Anuri, della coda. In alcuni urodeli si è persa, durante l’evoluzione, la metamorfosi.

4.2 Anfibi a rischio

Le specie appartenenti agli anfibi sono tra le più minacciate. (17)   Si calcola che delle 85 specie europee il 60% circa sia in rapido declino come numero di esemplari e la situazione italiana sarebbe tra le più gravi dal momento che l’Italia ospita un maggior numero di specie complessivo con circa il 31% minacciate ed a rischio estinzione. (24) La stretta dipendenza degli anfibi sia da ambienti acquatici che terrestri fa sì che essi siano doppiamente vulnerabili alle variazioni ambientali. Il fattore che incide maggiormente sul loro stato di salute è proprio l’habitat. (24)

Recenti studi hanno scoperto una relazione stretta fra il calo dell’ozono nella stratosfera e la diminuzione di alcune specie di anfibi. I raggi UV incidono negativamente, sulle possibilità di sopravvivenza degli anfibi, attraverso varie modalità come la diminuzione delle difese immunitarie ma anche della quantità di insetti acquatici di cui si nutrono. (18)

Oltre a questa nuova causa di pericolo per la sopravvivenza degli anfibi, questi ultimi sono minacciati prevalentemente dalle seguenti cause di alterazione ambientale:

  1. la bonifica delle zone acquatiche
  2. la deforestazione
  3. l’inquinamento dovuto allo sversamento di prodotti chimici
  4. la diffusione di malattie batteriche
  5. la caccia dell’uomo ed il loro utilizzo come piatto prelibato
  6. l’inserimento di una nuova specie nell’habitat che alteri gli equilibri con comportamenti invasivi e distruttivi.

In Italia, i due rospi più diffusi, il Bufo bufo e il Bufo balearicus si possono considerare a rischio a causa della loro abitudine di ritornare al sito riproduttivo. (18) Questo trasferimento li porta ad attraversare strade e quindi a venire falciati dagli automobilisti. A riguardo in molte zone sono attivi gruppi di volontari per rimediare a questo problema.

5.0 Bufo balearicus

4 1 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

 fonte: http://www.cesaris.lo.it/scuola21/raccolta/bufo.html

Il rospo smeraldino, Bufo balearicus, (Laurenti, 1768) è un anfibio anuro della famiglia Bufonidae. Un tempo era classificato come Bufo viridis ma in epoca recente è stato riconosciuto come entità distinta (Stöck et al. 2008). (25)

Il rospo smeraldino è lungo circa dieci centimetri, con macchie irregolari verdi e puntini rossi su uno sfondo ocra chiaro sul dorso mentre il ventre è biancastro. L’iride è giallo-verdastra o verdastra, venata o vermicolata di nero. Le femmine sono più grandi dei maschi e con colori più vivaci e contrastati. I maschi si distinguono dalla femmina anche per avere gli arti anteriori molto più robusti. La larva, lunga circa 40-50 mm, è caratterizzata da un corpo con parti dorsali bruno-olivacee o grigio-olivacee, uniformi o macchiettate di scuro, e parti ventrali bianco-grigiastre. (9) Le creste caudali sono grigiastre, e possono avere macchiette o punteggiature brune. La cresta dorsale non si estende sul corpo ed è più alta di quella ventrale. Lo spiracolo si trova nella parte sinistra, in posizione mediana del corpo. Gli occhi sono situati dorsalmente, la distanza interoculare è meno del doppio di quella fra le narici. L’apertura anale è equidistante dalle due estremità del corpo.

I rospi smeraldini sono distribuiti dalla Francia orientale all’Asia centrale e in Nord Africa, In Italia sono segnalati in tutte le regioni, tranne la Valle d’Aosta. (9) E’ una specie relativamente termofila, planiziale ed anche collinare, distribuita, in Italia, da zone costiere a 500 m, ma può superare i 1000 m di quota laddove le condizioni climatiche sono buone. Gli adulti sono terricoli e sopportano bene l’aridità prediligendo aree aperte termofile di tipo steppico e riescono a riprodursi anche in presenza di piccole pozze. Si caratterizzano per tollerare acque ad elevata salinità così come sorgenti termali sulfuree. Sono attivi nelle ore serali e notturne e durante il giorno si rifugiano in buche nel terreno o sotto i sassi. (9)

In sud Italia il periodo riproduttivo può avere inizio a fine febbraio mentre al nord non prima della fine di marzo e la durata può variare da due settimane a oltre tre mesi, a seconda della stabilità degli specchi d’acqua dove vengono a trovarsi. Per la deposizione utilizzano spesso corpi d’acqua di recente formazione o temporanei, poco profondi e con scarsa acqua come stagni, fossati e canali con acqua ferma o a debole corrente, bassi acquitrini, pozze in cave abbandonate o addirittura in cantieri edili, risaie, vasche in parchi e giardini, etc. I maschi precedono di qualche giorno nei siti riproduttivi l’arrivo delle femmine. Il canto di richiamo del maschio consiste in un trillo piuttosto intenso e acuto ed è udibile durante tutto il periodo della fregola, di giorno e notte, ma soprattutto al crepuscolo e nelle prime ore di oscurità. La maturità sessuale è raggiunta di regola all’età di 3-4 anni nei maschi e di 4-5 anni nelle femmine. I maschi competono tra loro e gli accoppiamenti multipli con una stessa femmina risultano abbastanza frequenti. Qualche ora dopo l’accoppiamento inizia la deposizione delle uova, mediamente 6.000, rinchiuse in cordoni gelatinosi lunghi da tre a cinque metri; le uova sono disposte in 2-4 file e di colore completamente nerastro. (19) Di regola le larve fuoriescono dalle uova in meno di una settimana e metamorfosano dopo 45-60 giorni. Il girino si nutre di vegetazione acquatica, l’adulto di invertebrati. Le larve sono onnivore, ma in netta prevalenza vegetariane e detritivore. (9) La massima longevità nota in natura è di 11 anni.

Negli ultimi anni un declino della specie di Bufo balearicus è piuttosto evidente rispetto al passato. I principali fattori di minaccia per la specie sono in tutte quelle cause in grado di provocare la distruzione, il degrado o la frammentazione degli habitat riproduttivi. L’utilizzo massiccio di insetticidi ed erbicidi in agricoltura ha un notevole impatto negativo anche sui metamorfosati che si nutrono di vari invertebrati terrestri.

Questa specie è presente nell’allegato II della «Convenzione di Berna» e nell’allegato IV della «Direttiva Habitat» 92/43/CEE. Nella Red List dell’I.U.C.N. (2013) è attribuita alla categoria LC (least concern). (20)

6.0 Il rospo smeraldino ad Ischia

L’unica isola del Golfo di Napoli ad ospitare Anfibi è Ischia, dove è presente Bufo balearicus, estinto invece a Capri assieme a Bufo bufo. (21)

Un tempo ad Ischia i rospi erano molto diffusi. Varie le località dove la loro presenza era ben tangibile per il continuo gracidare come nella zona Chianule di Testaccio a Barano che era chiamato dagli ischitani o’ paese de’ ranognole o a La Rita a Casamicciola. Oggi in queste zone i rospi sono completamente scomparsi.

Siti riproduttivi sono stati riportati da Guarino et al. nel 2002 a Ischia Porto, Sorgeto e Sorgente dell’Olmitello. (9) Siti riproduttivi sono stati trovati anche in località Cavascura nel 2006 e Cava dell’Isola. (21)

Un monitoraggio esteso sulla presenza del rospo smeraldino sull’isola è stato effettuato tra marzo 2006 ed agosto 2008 da Cipolla et al. (9) Gli studiosi hanno riportato la presenza di girini e/o individui adulti.

Nel 2006, individui adulti e cordoni di uova furono osservati in località Cavascura e 67 girini, in località Cava dell’Isola, una pozzanghera che nell’arco di pochi giorni si presentò poi completamente prosciugata e priva dei girini.  La graduale diminuzione del numero di girini era probabilmente dovuta al fatto che parte riuscì comunque a metamorfosare ma, purtroppo, il sito si trovava all’interno di una piazzola destinata alla sosta di autocarri che rifornivano gli stabilimenti balneari e che, involontariamente, durante le loro manovre, passavano proprio sopra il sottilissimo strato di acqua che sostentava i girini. (9)

Il 22 giugno dello stesso anno lungo il corso d’acqua Olmitello nel corso della notte furono osservati individui adulti in accoppiamenti oltre a diversi maschi isolati ed anche girini. Nel 2007 sempre all’Olmitello l’osservazione di numerosi girini era indicativa di una presenza ancora numerosa della specie. (9)

Nel 2008 tra scarichi fognari e rifiuti di vario genere, furono osservati due girini a La Rita nel comune di Casamicciola. La presenza del rospo era ancora evidente a Cavascura e Olmitello così come pure nella Pineta Mirtina. Assenti invece a Cava dell’Isola dove le pozze di acqua non erano più presenti. Nello schema che segue la sintesi delle osservazioni riportate da Cipolla et al. (9)

figura cipolla et al - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

6.1 Monitoraggio

Nel periodo di maggio-giugno 2020, alla fine del I lockdown nazionale per la pandemia da Covid-19, un gruppo di soci della sottosezione di Ischia CAI Napoli hanno portato avanti l’attività di monitoraggio del rospo smeraldino sull’isola. L’attività è stata proposta durante le riunioni online tra noi soci nel periodo marzo/aprile 2020. Il monitoraggio è stato pianificato tenendo conto in particolare del lavoro di Cipolla et al. del 2008. Sono state ispezionate tutte le aree di riferimento che negli ultimi 15 anni erano state segnalate come siti dove era stata rilevata la presenza del rospo. I riferimenti di cui tenere conto sono stati: rilevare la presenza di cordoni gelatinosi (ovatura), girini o neometamorfosati nelle pozze di acqua rinvenibili e esemplari adulti. Riprendere gli animali con foto e possibilmente riportarne i numeri.

I risultati hanno confermato l’assenza del rospo a Cava dell’Isola (Forio) ma hanno anche evidenziato l’assenza di questo anfibio nelle località La Rita (Casamicciola), Olmitello e Cava Scura (Serrara Fontana) dove nel 2008 da Cipolla et al., erano comunque stati riportati alcuni esemplari. Unico presidio rimane la Pineta Mirtina dove a giugno del 2020, pur non osservando nessun girino, evidentemente già metamorfosati, diversi adulti sono stati osservati nelle vasche artificiali allestite dal comune. Nella foto è riportato un maschio adulto immerso nella pozza di acqua ed in parte nascosto sotto la vegetazione.

6 5 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

foto di Denis Trani.

La presenza del rospo smeraldino è stata confermata nella Pineta Mirtina anche negli anni 2021 e 2022, dove nel periodo primaverile è frequente sentirne il gracidare. Il 2 giugno del 2022 sono stati osservati una ventina di girini in fase avanzata di metamorfosi e un adulto in pozze separate. Una settimana dopo nella stessa pozza sono stati osservati 4 girini di una successiva deposizione dato lo stato precoce di sviluppo (ancora assenti le zampe).

7 5 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Per gli altri siti di riferimento non si sono avute segnalazioni e si conferma l’assenza del rospo. Relativamente all’area dell’Olmitello da riportare che in un recentissimo sopralluogo (29 Maggio 2022) ho potuto condurre un’osservazione limitata al solo tratto iniziale dell’area, in quanto per lavori in corso è bloccato l’accesso alla parte più interna dove non si può pertanto escludere la presenza dell’animale.

6.2 La Pineta Mirtina: verifica dello stato per la tutela del rospo smeraldino

La pineta Mirtina negli ultimi anni è stato oggetto in più fasi di opere di riqualificazione ma purtroppo il controllo e la pulizia di questa importante e bella area di verde urbano è altalenante ed allora è facile ritrovarsi con viali sporchi e non curati, erbacce e rami caduti, a cui aggiungere anche vasche sporche o prive di acqua. Le vasche di raccolta delle acque sono fondamentali per la riproduzione e la sopravvivenza del rospo. La riduzione sull’isola di questa specie è da ascrivere essenzialmente alla mancanza di acqua. Quello che si è verificato a Testaccio, a Cava dell’Isola e a La Rita è stato soprattutto la scomparsa delle pozze di riferimento. In pineta fortunatamente le pozze di acqua ci sono ancora grazie alla presenza dell’acqua sorgiva Mirtina ma ciò non va interpretato come una sicurezza per la sopravvivenza del rospo. L’amministrazione comunale si deve fare carico di provvedere a mantenere i pozzi sempre pieni di acqua ed evitare la presenza di elementi nocivi quali specie competitori o eutrofizzazione delle pozze. E’ da evitare assolutamente la pulizia delle vasche con detersivi o altre sostanze chimiche. La non completa eliminazione di residui di tali sostanze rappresenta un serio pericolo per la sopravvivenza di girini in particolare ma anche per gli individui adulti. Bisogna sottolineare che la presenza del rospo smeraldino nella pineta di Ischia è sotto l’attenta vigilanza della stessa popolazione e di diverse associazioni ambientaliste che tutelano l’animale emblema di questa pineta.

Nella pineta Mirtina sono state rilevate le seguenti criticità:

9 4 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania 10 4 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Vasche completamente asciutte. Assolutamente da evitare. Le vasche con l’acqua sono punti di ritrovo per gli adulti per la riproduzione. L’assenza dell’acqua è tra le cause più diffuse alla base della scomparsa degli anfibi. Le vasche vanno riempite di sola acqua. Il loro lavaggio non deve prevedere uso di detersivi di nessun genere. I residui dei prodotti chimici per quanto diluiti in acqua, vengono assorbiti e portano alla morte o a serie alterazioni durante lo sviluppo dell’animale.

11 - CAI Tutela Ambiente Montano Campania- CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Le vasche piene di acqua non devono essere invase da piante. L’eccesso di piante come in questo caso può incidere negativamente sul normale sviluppo dei girini per la diminuzione di luce, ossigeno ed alterazione del pH. Ancora più grave constatare la presenza di specie aliene particolarmente invasive. Nelle prime due immagini a sinistra si tratta di Eichornia crassipes, comunemente nota come giacinto di acqua, originaria dell’Amazzonia, inserita nelle 100 specie aliene più pericolose al mondo e di cui ne è vietata la commercializzazione. La presenza di questa pianta in piccole vasche comporta nell’arco di pochissimo tempo variazioni del pH, della temperatura, sensibile riduzione della quantità di luce che può filtrare nella colonna d’acqua; riduzione degli scambi d’ossigeno tra l’acqua e l’ambiente aereo; aumento della torbidità dell’acqua; i cicli biogeochimici vengono alterati portando ad una drastica diminuzione dei produttori primari (fitoplancton e macrofite sommerse che risentono per esempio della mancanza di luce) e ad un conseguente sconvolgimento della catena trofica di cui sono la base. Laddove colonizza questa pianta nell’arco di pochissimo tempo si assiste ad un declino della biodiversità vegetale con seri effetti anche sulla comunità zoologica. (26) È una specie molto diffusa in due regioni italiane, Lazio e Sardegna, mentre è casuale in Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Sicilia, Toscana, Veneto. Il vettore d’introduzione di E. crassipes rimane il commercio di piante d’interesse ornamentale per stagni e acquari; in Europa l’introduzione e diffusione di questa specie potrebbe esser dovuta anche al suo utilizzo per la fitodepurazione di acque inquinate da reflui e metalli pesanti. (26)

Immaginelaghetto - CAI Tutela Ambiente Montano Campania

Nella Pineta Mirtina è stato allestito diversi anni fa un laghetto artificiale vicino ad un’area giochi per bambini. Il laghetto a giugno 2020 risultava apparentemente ben tenuto, gradevole alla vista e ricco di biodiversità. Allora nel laghetto non c’era traccia del rospo, che generalmente preferisce pozze più circoscritte e solitarie. A giugno 2022, si è rilevata una situazione generale caratterizzata da una minore cura dell’intera area. In questo caso il laghetto è emblematico ed utile per evidenziare come pur essendo motivati da buone e salutari intenzioni si può incorrere in seri errori. Il laghetto è stato infatti allestito con una serie di piante che nulla hanno a che vedere con la tipica macchia mediterranea e costituiscono quindi un’alterazione allo stato naturale della pineta e di cui se ne potrebbe fare a meno vista la ricchezza di flora comunque espressa in loco. Allo stesso modo grave la presenza di una specie animale mai riportata. Nella foto si riconosce una rana evidentemente introdotta molto probabilmente con le stesse piante acquatiche nella fase di allestimento del laghetto. Errori da non commettere in quanto è proprio attraverso queste operazioni che si incide sulla biodiversità alterandone lo stato; non solo per l’introduzione di una nuova specie dall’esterno ma anche perché non si può sapere delle interazioni della nuova specie con quelle locali con cui potrebbe entrare in competizione. Da condannare ovviamente l’immissione volontari di animali (abbandono) per liberarsene che costituisce un reato.

7.0 Conclusioni

Si conferma ad oggi la presenza di Bufo balearicus nella Pineta Mirtina, che risulta però l’unico sito di riproduzione ad Ischia per questo anfibio.  La scomparsa del rospo smeraldino negli altri siti isolani è sicuramente da imputare alla mancanza o scarsezza di acqua. Tutti i siti di riferimento hanno subito nel corso degli anni sostanziali alterazioni del territorio ad opera dell’uomo e caratterizzati soprattutto da cementificazione. La tutela del rospo smeraldino nella pineta Martina è fondamentale per non perdere definitivamente l’unico anfibio presente sull’isola. Il comune di Ischia deve necessariamente vigilare, curare e far rispettare l’ambiente della pineta. Il controllo costante delle vasche è un punto cruciale per fornire le condizioni ottimali al rospo per la sua riproduzione. Istruire i manutentori alla buona pratica di pulizia delle vasche, evitando l’uso di sostanze chimiche ed i periodi della riproduzione, quando è invece fondamentale la presenza dell’acqua. La gestione della pineta deve anche tenere conto di combattere la diffusione di piante aliene e controllare la corretta fruizione di questo spazio verde aperto a tutti. La pineta Mirtina di Ischia, al pari di tutte le altre pinete isolane, rientra nei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) afferente a rete Natura 2000, a sottolinearne l’importanza ambientale. La gestione di un patrimonio naturale non è semplice e deve necessariamente essere ricondotta alla conoscenza dei fenomeni che lo governano richiedendo pertanto competenze specifiche. Riuscire a tutelare la natura in tutte le sue forme rappresenta l’unica via da perseguire anche per lo sviluppo economico della popolazione.

Le criticità riscontrate sono state segnalate e parte dei dati qui riportati sono stati presentati al Ischia Festival della Natura 2020 perseguendo anche quell’azione divulgativa/educativa che viene richiesta ai soci in generale ed in particolare agli operatori regionali per la tutela dell’ambiente montano.

 

Bibliografia e sitografia

Dettagli

Inizio:
22 Giugno 2022 ore 09:00
Fine:
23 Giugno 2022 ore 19:00