OSSERVATORIO AMBIENTE
L’Osservatorio Ambiente è una rubrica della CCTAM curata da Giorgio Maresi, presente mensilmente nelle pagine della Rivista nazionale del CAI “Montagne360”.
La CCTAM apre una finestra sull’attualità, le difficoltà, le buone pratiche, gli impatti, le scelte e gli eventi che trattano di montagna.
E’ un momento di riflessione per tutti: Soci, Dirigenti, Lettori.
Ogni mese viene individuato un tema legato ai concetti di protezione dell’ambiente, cultura della Montagna, attività umane, elementi naturali di particolare valenza; ognuno potrà ricavarne elementi di arricchimento personale e di visione sostenibile del futuro.
In questa pagina sono raccolti tutti gli articoli pubblicati.
______________________________________________________________________________
2022-12 – L’ANNO CHE VERRÀ
Guardando a questo 2022 fa un po’ impressione constatare come le uniche buone notizie ambientali siano state in realtà solo ricorrenze, come il centenario dei primi Parchi Nazionali… Troppo poco. La sempre più evidente crisi climatica è rimasta confusa tra le altre emergenze: guerra, pandemia, crisi energetica ed economica. E le risposte come il Pnrr sembrano andare per la montagna nella direzione di interventi molto locali, dove si recuperano e si rilanciano progetti economici già fallimentari perché legati a vecchie visioni del turismo. O verso forme di lunaparkizzazione, completamente avulse dalla realtà sociale e dalla storia, anche alpinistica. Sembra mancare una vera e propria visione di insieme. Eppure, la montagna rimane la spina dorsale del Paese, da cui derivano tutti quei servizi ecosistemici, compresa la protezione del territorio, spesso citati ma più spesso dimenticati. E allora non ci resta che sperare (come al solito!) che sia il 2023 l’anno in cui la montagna possa acquisire il ruolo di protagonista di una nuova fase e di una nuova visione capace di unire protezione della natura, difesa del territorio e crescita economica e sociale realmente sostenibile.
2022-11 – VERSO LA MONTAGNA DI DOMANI
Un pascolo con mandria e pastori… una foto della montagna di oggi, che sembra la montagna di ieri. Ma che sarà anche la montagna di domani? La domanda è importante. Cambiamenti climatici, cambiamenti sociali, cambiamenti economici e anche cambiamenti politici: il mondo che frequentiamo e amiamo sta attraversando un’evoluzione che ancora non fa intravedere il nuovo futuro. Su quali punti fermi bisogna puntare? Di sicuro occorre un’economia sostenibile tra tradizione e innovazione, per salvare e rinforzare le comunità locali, ma con una tutela completa della ricchezza naturale intesa come paesaggio e biodiversità collegata. Occorre riuscire a salvaguardare le specificità di ogni montagna italiana, mettendole però in rete ed evitando l’omologazione di uno sviluppo turistico che ha rivelato tutti i suoi limiti anche economici, oltre che ambientali. Occorre riaffermare con forza che questa montagna biodiversa esiste ed è ancora la spina dorsale della nostra penisola, di fronte a una politica che non la considera. Occorre ricordare ancora una volta che solo la gestione del territorio montano vuol dire prevenzione. Questa è la montagna di domani che il Cai dovrà contribuire a costruire, magari grazie proprio alla sua biodiversità. Una montagna vissuta… non usata!
2022-10 – CLIMA, SOSTENIBILITÀ, FUTURO
Perché un congresso per gli operatori Tam? La motivazione l’abbiamo avuta sotto gli occhi per tutta questa torrida estate: stiamo vivendo in pieno l’era del cambiamento climatico, che sta modificando in maniera evidente l’ambiente montano che abbiamo conosciuto e amato, mettendo peraltro in crisi anche la sua frequentazione in sicurezza, com’è stato tragicamente dimostrato.
A questo si aggiunge una dinamica sociale di abbandono e ritorno sul territorio montano che richiede un doveroso approfondimento: bisogna individuare le nuove strade di sviluppo sostenibile fra innovazione e tradizione, evitando illusori progetti turistici di sfruttamento. Ci viene chiesto come Cai, e di conseguenza come organo tecnico Tam, di fare una riflessione approfondita su questi problemi enormi. Il “tamino” del futuro dovrà avere ulteriori competenze tecniche e la capacità di comunicare con le giovani generazioni, con cui occorre trovare il sentiero giusto che ci permetta di essere protagonisti della montagna che verrà: sostenibile, protetta e diversamente bella e affascinante. Questi i temi al centro
del congresso nazionale Tam di Bologna (“Il ruolo dell’operatore Tam per la montagna di domani”, 1° ottobre) di cui parleremo nei prossimi numeri di Montagne360.
2022-09 – ACQUA!
Mai l’acqua è stata più desiderata e allo stesso tempo odiata in un’estate passata tra siccità ed eventi temporaleschi spesso disastrosi. Poco possiamo fare sull’alternanza dei fenomeni ma sicuramente questa esperienza ci impone una meditazione sul nostro modo di gestire il territorio. Per quello che è forse uno dei servizi ecosistemici più fondamentali e delicati, la regolazione del ciclo dell’acqua, occorre impostare una visione a 360° con cui pianificare a livello di bacino le forme di uso del suolo. Sappiamo, infatti, che non gli invasi artificiali, ma la presenza di boschi ben gestiti, di un’agricoltura non intensiva e di una regimazione dei corsi d’acqua non troppo artificiale, con anche un adeguato inverdimento delle zone urbane, può portare un beneficio immediato alla conservazione e al rilascio della risorsa più importante per la nostra vita. Occorre pertanto procedere in questo senso, coinvolgendo ogni comparto tecnico interessato: solo un buon gioco di squadra e una visione condivisa ci potrà aiutare a superare le difficoltà sempre più gravi date dal cambiamento climatico.
2022-08 – UN ABETE TROPPO ROSSO
Girando nelle valli dolomitiche – e non solo – ci si può rendere conto della gravità dell’impatto degli attacchi dello Scolitide dell’abete rosso. Le macchie di alberi disseccati hanno raggiunto anche le quote più alte e le stazioni più ottimali per la picea, grazie alla proliferazione enorme delle popolazioni dell’insetto e alle stagioni favorevoli alla loro sopravvivenza e diffusione. Il danno economico e paesaggistico è evidente e si assomma e in qualche caso raddoppia quello di Vaia. Nonostante la pronta azione dei servizi forestali, bisognerà sperare in andamenti meteo più favorevoli all’abete e a una naturale riduzione delle popolazioni dello scolitide. E’ un esempio lampante di come gli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici non si limitino solo a eventi estremi ma portino a modifiche di tutti gli equilibri degli ecosistemi forestali, i cui effetti possono essere duraturi e ancora non del tutto prevedibili.
Un altro segnale forte che non possiamo trascurare.
2022-07 – TRANSITARE O CONVERTIRSI?
La transizione energetica identifica ormai qualsiasi azione legata al contrasto del cambiamento climatico, e come effetto della guerra, anche ogni intervento per tenere in piedi le nostre esigenze economiche. Sul fatto che sia necessario non ci possono essere più dubbi, visto che le mutazioni del clima sono qualcosa che colpisce ormai ogni settore della nostra vita quotidiana, compreso l’andare o il non andare in montagna. Forse però è necessario puntualizzare alcuni aspetti: più che di transizione converrebbe parlare di conversione, un termine che implica un concetto ben più ampio di un cambiamento deciso dello stile di vita di tutti noi, e che si collega meglio alla realizzazione di tutti i 17 goal dell’agenda 2030, compresi quelli sociali e culturali. Non si tratta, infatti, di cambiare le fonti energetiche spingendo verso le rinnovabili, ma di agire a 360° in ogni settore in modo coordinato. Il problema non è, quindi, il superamento della burocrazia con una liberalizzazione selvaggia, come suggerito anche da fonti autorevoli, ma la capacità di una visione più ampia e più condivisa che al momento sembra ancora latitare.
2022-06 – LE VECCHIE FERITE
La montagna italiana ha pagato pesantemente le due guerre mondiali del secolo scorso, le cui tracce sono ancora ben visibili. I danni sono stati diretti e indiretti, e le cicatrici sul territorio si sono sommate alle cicatrici nella popolazione, con le perdite elevatissime nelle classi di leva e i massacri di intere comunità (Boves, S. Anna di Stazzema, Monte Sole e non solo). La nuova situazione di guerra tra Ucraina e Russia purtroppo ricrea situazioni che avevamo sperato di non vedere mai più e, sia pure indirettamente, rimette in gioco anche le nostre montagne. La guerra ha aperto infatti scenari di crisi globali che possono vanificare gli impegni previsti con il New green deal e il Pnrr, riportando indietro anche gli orologi dello sviluppo sostenibile, oltre a quelli della storia. Non solo nessun posto è lontano, ma anche nessuna guerra è lontana! E solo la Pace potrà impedire nuove ferite e cicatrici anche sui nostri monti.
2022-05 – “L’INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO…”
…cederà il passo a una “estate sfolgorante”? Le premesse non sono certo buone: guerra, pandemia, crisi economica, senza scordare il cambiamento climatico sempre più evidente, dopo un non-inverno per le Alpi e l’Appennino settentrionale. In questo contesto corriamo anche il rischio di un allontanamento dalle strategie ambientali e di un “asservimento” del Pnrr alle pur giuste esigenze di lavoro e al quasi irraggiungibile traguardo dell’autosufficienza energetica. Spuntano già passi indietro sulle scelte energetiche (carbone e nucleare) e si profila la minaccia di scorciatoie su quelle progettuali: alto il pericolo di veder passare mega parchi eolici sui crinali, progetti faraonici di impianti sciistici e altre amenità del genere. Si corre il rischio di dimenticare i criteri a cui attenersi e di non agire in maniera sensibile sul futuro della nostra società. Per la montagna deve rimanere forte e chiara l’esigenza prioritaria della salvaguardia del paesaggio, sintesi di storia ed ecologia, lavorando su interventi puntuali ma in rete. Mantenere la strada non sarà facile ma dobbiamo provarci per non rimanere in un perenne inverno.
2022-04 – 100 DI QUESTI PARCHI
Nella turbolenta storia dell’Italia del ‘900, il 1922 ha avuto un ruolo importante e tragico, ma una piccola luce è apparsa proprio alla fine di quell’anno, con la nascita del primo Parco Nazionale, il Gran Paradiso, seguito a ruota all’inizio del ’23 dal secondo, quello d’Abruzzo. Un passo importante in un paese ancora agricolo ma già lanciato verso lo sviluppo industriale. Un passo che ha riconosciuto proprio “in” e “nella” Montagna un patrimonio da conservare inizialmente forse più per la bellezza che per i valori ecologici e culturali a essa correlati. Un passo che ha aperto un cammino lungo, faticoso, con tante soste e problemi, ma che ha portato agli attuali 25 Parchi Nazionali, su un totale di 871 aree protette che coprono ormai il 10,5% del territorio nazionale. Questo cammino non è concluso: sono state messe solo le basi; ora dobbiamo concretizzare su di esse una sostenibilità che coniughi al meglio protezione, economia e benessere della popolazione. E senza aspettare il prossimo centenario.
2022-03 – ELI-SNOW?
Il ricorso al trasporto di neve via elicottero sulle Tofane nel periodo anomalo di caldo di Natale fa pensare. Si può sorridere pensando a un futuro in cui i “poveri” sciatori dovranno portarsi da casa anche la neve, ma la constatazione brutale è che le anomalie di innevamento sono ormai la norma, con conseguenze ambientali ben più gravi dei problemi tecnici dell’industria turistica sciistica. E’ il momento di proporre un ripensamento totale del nostro approccio sia al turismo invernale sia alla gestione delle risorse idriche, vero problema strategico del prossimo futuro. Non sono più proponibili investimenti pesanti per l’ampliamento di un settore turistico che ha ormai evidenti limiti: occorre una politica e una progettualità volte da una parte a razionalizzare l’impiantistica esistente, dall’altra a gestire al meglio la risorsa acqua. Senza dimenticare la necessità di riscoprire e reinventarsi un turismo nuovo sulle 4 stagioni, per garantire un’economia alternativa per la montagna. Sono sfide che il Pnrr non può lasciarsi sfuggire, così come le incombenti olimpiadi Milano-Cortina, finora purtroppo avviate sui soliti vecchi schemi del passato ma che potrebbero diventare il centro di una nuova visione per aprire a un futuro davvero sostenibile anche per gli sport invernali.
2022-02 – 30 E… LODE
Certo, molte cose sono da migliorare e chiunque ci abbia avuto a che fare può citare tantissime problematiche: a tutt’oggi l’integrazione tra protezione e sviluppo non ha ancora trovato una efficace applicazione; la burocrazia minaccia il buon uso dei fondi, anche quelli in arrivo per mitigare i cambiamenti climatici; c’è necessità di sviluppare un rapporto con le Regioni per gestire in maniera uniforme Parchi nazionali e regionali; c’è da avviare il vero decollo delle Zea (Zone economiche ambientali), un’idea molto apprezzata all’estero ma quasi sconosciuta da noi; occorre rivedere alcuni aspetti funzionali e organizzativi come la scelta dei direttori, uscendo dalla ristretta cerchia degli abilitati per aprirsi a livello europeo. Va infine definita una visione politico-strategica per raggiungere gli obiettivi Eu per il 2030 sulla biodiversità: 30% di superficie nazionale protetta di cui il 10% fortemente.
Ma con tutti i limiti, la legge quadro 394 del 1991, a suo tempo fortemente voluta dal Cai, ha svolto in quasi 30 anni un ruolo fondamentale nella consapevolezza dei valori legati ai parchi e alle aree protette. E merita la lode!
2022-01 – S-PROGETTANDO
Chi vuole impegnarsi per la tutela dell’ambiente montano, spesso si trova sommerso da ipotesi, voci e proposte di progetti che, nella loro enormità, generano giustificato allarme e reazioni immediate, che vanno dalla rabbia al disgusto. Alcuni come nuvole aleggiano sulle nostre montagne da anni. E’ importante capire che occorre un atteggiamento fortemente razionale e tecnico per poter… sopravvivere! Bisogna riuscire a distinguere ed individuare i veri progetti, su cui si può e si deve fare una opportuna valutazione sia procedurale che di merito. Come suggerito dall’ultimo documento della Cctam ed approvato dalla presidenza, ci sono gli strumenti legali per poter accedere agli atti e poterli esaminare. Pur con tutti i limiti dati dal volontariato (assenza di tempo in primis), questa è la strada maestra per poter impostare una corretta politica di tutela ambientale in particolare con i Gr, le Sezioni e i Titolati. Coraggio! l’ondata di progetti al Pnrr aspetta volenterosi e competenti volontari!
2021-12 – RESPONSABILI…
Il nostro andare in montagna corrisponde alla ricerca di emozioni e di libertà, nonché di bellezza e di pace. Può però sfuggirci che il nostro terreno di gioco è un insieme di ecosistemi anche fragili e delicati, specie alle alte quote durante i mesi invernali. Come ben emerso dal convegno “Frequentazione responsabile dell’ambiente montano innevato” dello scorso 2 ottobre a Trento, anche una bella discesa su neve fresca, al momento e nel posto sbagliato, può diventare un fattore di stress grave per quelle specie che lottano per arrivare alla fine dell’inverno. La crescita notevole dei numeri del turismo outdoor, sia estivo che invernale, rischia di far diventare un disturbo momentaneo un vero fattore limitante, non solo per le specie animali ma per tutto l’ecosistema. Occorre pertanto far crescere in tutti noi la consapevolezza che non dobbiamo essere solo fruitori ma diventare custodi dell’ambiente montano, accettando regole e limiti legati alla tutela delle fragilità. Un modo per rendere la nostra esperienza di montagna ancora più vera e responsabile… una traccia pienamente sostenibile…
2021-11 – ATTENTI ALL’IPS
Chi ha frequentato gli ambiti dolomitici alla fine dell’estate si è reso conto di evidenti gruppi di abeti arrossati e secchi sparsi nei boschi. In alcuni casi le dimensioni di questi disseccamenti sono già molto estese e quasi impressionanti. Tutto ciò è dovuto all’azione dell’Ips typographus, un piccolo scolitide comune abitatore dei nostri boschi, che prolifera sugli abeti rossi sofferenti. Quello che si vede adesso è dovuto alla moltiplicazione della popolazione dell’insetto che si è avvantaggiato dell’enorme quantità di piante danneggiate da Vaia. Nonostante gli sforzi fatti per allontanare i tronchi caduti e alla faccia di due stagioni meteorologicamente non favorevoli per lo scolitide, il danno ha raggiunto proporzioni notevoli: sarà pertanto necessario un nuovo intervento di emergenza per ripristinare anche la sicurezza dei versanti più colpiti.
E se i nostri danni fanno impressione, va ricordato che in centro Europa sono stati enormi dopo le recenti siccità estive. Un’ulteriore dimostrazione di come i cambiamenti climatici mettano in crisi gli equilibri dei nostri ecosistemi, aprendo scenari non ancora prevedibili per la gestione del territorio montano.
2021-10 – POCHE IDEE MA CHIARE
L’occasione del Pnrr è davvero imperdibile anche per la Montagna italiana, come peraltro per tutta la nostra società. È ormai evidente che ci stiamo giocando forse le ultime carte per poter dare al nostro mondo una possibilità di sopravvivenza, cercando una sostenibilità che appare sempre più difficile. Progetti e idee stanno emergendo ovunque, a
volte anche sommergendo il territorio montano; è necessario che siano ribaditi dei punti inderogabili e far sì che il piano sia:
• un aiuto concreto a chi vive in montagna: servizi per la popolazione e garanzie per le realtà economiche produttive ma sempre legate alla corretta gestione del territorio;
• un sostegno alle reti delle aree protette: garantire la tutela di quanto abbiamo ancora di prezioso ampliando il concetto di rete come del lavoro in squadra;
• un impegno per il monitoraggio e la ricerca: gli ecosistemi montani stanno cambiando e non sappiamo come, per cui il monitorare e lo sperimentare anche nuove forme di gestione sono carte fondamentali per il futuro;
• un incremento e, se necessario, una ricostituzione del comparto tecnico direttamente coinvolto nella gestione del territorio, con assunzioni e formazione di tecnici preparati e continuamente aggiornati, pronti a gestire le nuove e sempre più frequenti emergenze;
• uno stimolo alle Amministrazioni Pubbliche, in particolare a quelle territoriali, per realizzare le progettualità del PNRR in tempi certi, con snellezza burocratica e al di fuori dai particolarismi.
Riuscire a indirizzare i finanziamenti su queste scelte strutturali può garantire il raggiungimento degli obiettivi alti previsti dal piano e dare alla Montagna certezze, garantendo a tutti noi quei benefici e quei servizi ecosistemici da cui dipendiamo. Servizi ecosistemici considerati come unità ecologiche funzionali e come tali non scambiabili né banalmente monetizzabili.
2021-09 – RISALENDO
Cambiare abitudini, cercare di sopravvivere: è stato dimostrato che anche gli stambecchi stanno mutando i loro comportamenti per adattarsi all’aumento delle temperature. Nessuna sorpresa, perché già sono tanti i segnali di come il cambiamento climatico stia modificando gli habitat di alta quota, influenzando sia la distribuzione delle piante sia le azioni degli animali. Un mutamento che porta alla risalita in quota, ovviamente finche si può visto che le cime non sono infinite. Dopo di che… Se a questi tanti piccoli segnali, che chi frequenta le montagne già può constatare, si aggiunge la sempre più evidente sofferenza degli ecosistemi anche delle quote più basse e gli eventi meteorologici sempre più estremi ne esce un quadro più che preoccupante: a tutt’oggi non abbiamo evidenze di miglioramento sul fronte climatico. Dobbiamo perciò convincerci che una parte significativa del mondo che conosciamo è a forte rischio e con esso anche noi. Solo con questa consapevolezza condivisa si potrà agire. Non domani, ma subito.
2021-08 – QUANTI?
La voglia di montagna e della sua bellezza è ai massimi quest’estate, così come l’esigenza di contatti e di vita sociale, dopo i duri mesi invernali. Però è anche il momento per domandarsi quali limiti dobbiamo porci per evitare lo snaturamento delle nostre attività e del nostro andare per monti. Abbiamo davanti agli occhi le code sui sentieri dell’anno scorso, i parcheggi strapieni e le folle nei luoghi di maggior pregio. Qualche dubbio su quale possa essere una fruizione corretta almeno dei siti più delicati ce lo dobbiamo porre. Le folle vogliono dire: aumentare le infrastrutture di supporto al turismo, maggiori rifiuti, disturbo persistente e più diffuso a vegetazione e fauna e, oggettivamente, più rischi di sicurezza. Non si tratta di porre nuove regole e nuovi limiti alla nostra frequentazione della montagna, ma di crescere nella comprensione dei problemi che può creare all’ambiente naturale e di prendere coscienza delle nostre personali responsabilità. Per fare le scelte giuste per il nostro ambiente preferito basta un po’ di buon senso e molta ragionevolezza.
2021-07 – TUTTO SOSTENIBILE?
L’improvvisa ed “epidemica” diffusione delle parole sostenibilità, ecologico, naturale, fa sicuramente piacere per molti aspetti, ma crea anche qualche dubbio e perplessità. Se da una parte è un segno di una sensibilità cresciuta e di un’attenzione maggiore da parte di tutti noi, dall’altra sorge il sospetto che in molti casi si tratti di una “verniciatina” di verde su pratiche e processi non proprio sostenibili. Inoltre nell’immaginario collettivo si sta diffondendo una visione edulcorata e fin troppo benigna dell’ambiente naturale, dimentica dei gravi problemi che i nostri antenati hanno dovuto affrontare per la sola sopravvivenza. Vale la pena ritornare al punto di partenza: la sostenibilità nasce dalla comprensione delle leggi dell’ecologia, che è una scienza complessa e in evoluzione, ma anche dalla conoscenza della storia del rapporto fra uomo e ambiente con i suoi successi e i suoi eccessi, così ben visibili proprio in montagna. Inoltre non esiste sostenibilità senza solidarietà e giustizia, come ben ricordato da papa Francesco. Non si tratta quindi di “verdeggiare” la nostra vita ma di imparare un nuovo modo di capire e vivere il territorio e chi lo abita, a cominciare da… subito!
2021-06 – PASSATO, PRESENTE E FUTURO
C’è una componente costante del paesaggio montano che attraversa la storia, riempie (è il caso di dirlo) il presente e si prepara a caratterizzarne il futuro: il bosco! Per millenni la vita dei montanari si è intersecata con quella del bosco, per costruire i paesaggi che adesso ammiriamo. Un percorso con alti e bassi ma dove alla fine ha prevalso la consapevolezza del valore del bosco e delle sue funzioni, riconosciute dal percorso tecnico e legislativo degli ultimi due secoli. Ora siamo consapevoli di avere un patrimonio forestale enorme, come non mai da centinaia d’anni: abbiamo la consapevolezza del bosco come ecosistema complesso e con dinamiche evolutive ben definite, abbiamo tecniche selvicolturali capaci di mimare tali dinamiche e di salvaguardare la complessità e la relativa biodiversità che rendono unici i tanti e differenti boschi italiani.
Abbiamo un’economia del legno (importante fattore di stoccaggio della CO2) che contribuisce alla vitalità delle comunità di montagna e avremo una strategia forestale condivisa per riportare il bosco al centro della montagna del futuro, capace di affrontare le nuove sfide tra abbandono e cambiamento climatico, specie invasive ed eventi estremi.
2021-05 – TRANSITANDO
L’ultimo anno ha reso chiaro a tutti come la transizione ecologica non sia più un concetto fumoso e lontano ma una necessità immediata: ora (o mai più!) occorre creare una nuova società e una nuova economia, dove il rispetto delle leggi ecologiche si colleghi all’equità sociale. La montagna e le terre marginali possono essere il luogo privilegiato per testare i giusti meccanismi, per la loro lunga storia di equilibri cercati, trovati e perduti con la realtà ambientale. Non ci sono modelli da calare dall’alto, ma una costruzione che deve partire dalle singole realtà locali, dai mille e mille modi in cui si è realizzata nel corso del tempo la sostenibilità sul territorio, creando paesaggi socio-economici ricchi in termini ambientali (boschi, malghe, castagneti, ecc…). Queste particolarità locali vanno inserite in una rete globale, lavorando nel contempo sulle criticità comuni (flusso energetico, ciclo dei rifiuti, gestione del territorio) con investimenti mirati all’ottimizzazione dell’uso delle risorse e alla prevenzione dei rischi ambientali e non. Cose già fatte per millenni dai montanari, ma ora da riscoprire e rinvigorire con i giusti apporti tecnologici e, soprattutto, con un impegno comune condiviso.
2021-04 – UNA SFIDA PER TUTTI
C’è una montagna giovane, una montagna che sta germinando in maniera poco evidente, forse non in modo uniforme, esattamente come una fioritura naturale. È la montagna di chi, giovane di spirito (come quasi tutti noi!) ma anche realmente di età, ha deciso di mettersi in gioco per costruire vita e futuro in questo territorio, accettandone e sfidandone limiti e difficoltà. Non è un evento che può passare inosservato: non si va semplicemente ad abitare in montagna ma si vuole e si va a lavorare in montagna e la differenza è sostanziale. Nuova linfa per le attività agricole, per l’artigianato, per le altre attività economiche, per la gestione del territorio e per la socialità dei paesi. Un ritorno con esperienze, capacità e cultura diverse dalle generazioni passate, di chi è nato pronto e disponibile alla sostenibilità e all’innovazione. Il Next generation plan è lo strumento per evitare che il gelo dell’abbandono, dell’indifferenza e del fallimento bruci questa fioritura e per far arrivare a maturazione i frutti sperati. Come declinarlo, per garantire assistenza, servizi e spazi di crescita, è la sfida immediata alla quale nessuno può sottrarsi.
2021-03 – ROBA GIOVANE
La primavera si avvicina dopo un lungo inverno, finalmente nevoso… forse anche troppo. La natura stessa freme per la ripartenza dopo la lunga notte del gelo e della pandemia, non ancora finita. Ma per ricominciare bisogna avere il coraggio di darsi una testa giovane, capace di affrontare con nuove idee e nuovo coraggio i vecchi problemi. Sostenibilità non può essere solo uno slogan ripetuto all’infinito, ma deve diventare una realtà concreta fatta di tante piccole e grandi scelte capaci anche di rompere con un passato ingombrante. Occorrono perciò nuove proposte: per l’economia della montagna, per un turismo non più di massa ma consapevole e di qualità, per nuovi approcci condivisi per i problemi di gestione (fauna, rischio idrogeologico, biodiversità, invasioni biologiche…), per nuovi strumenti politici che evitino che le terre marginali siano completamente emarginate. Molte idee stanno germogliando sotto la neve, altre sono già uscite, alcune se non tutte richiedono un supporto ancora mancante di ricerca e sperimentazione, qualcuna potrebbe essere vincente nell’ambito del Next generation plan. La primavera, come sempre, ci dà ancora la speranza e, perché no, anche qualche certezza di veder fiorire un mondo giovane e nuovo.
2021-02 – (RI)-TORNARE
Lo strano e terribile 2020 ha lasciato come eredità anche la voglia o la realizzazione di un silenzioso e discreto ritorno al vivere in montagna. In realtà, negli ultimi decenni piccole ondate di ritorni si sono contrapposte al più generale abbandono che ha caratterizzato quasi tutta la montagna italiana del Secondo dopoguerra, ma sicuramente la pandemia ha reso ancora più attrattiva la vita in un ambiente percepito sano e naturale. Un flusso di linfa vitale per le comunità delle valli, ma anche una sfida per chi arriva e per chi già vi abita. Non basta spostarsi in un sito ameno per il telelavoro ma occorre ricreare i legami sociali e ricostruire o inventarsi una struttura economica e di servizi capace di sostenere e di essere sostenuta dai “nuovi” montanari. Non montagne dormitorio, ma comunità vive e ben integrate, basate sulla gestione del patrimonio naturale e anche delle difficoltà a esso correlate. Luoghi di recupero del patrimonio culturale-colturale esistente e di sperimentazione di nuove idee che possano portare a una piena sostenibilità.
“Una montagna dove si vive e dove si lavora”, ma anche: “una montagna dove si concretizza un nuovo modo di essere montanari”.
2021-01 – UNA MONTAGNA PER SOGNARE
Nell’anno più difficile del nuovo millennio, la montagna italiana è stata riscoperta come una risorsa e, se vogliamo, come una speranza per ritrovarsi dopo faticosi cammini personali in un “noir time” non ancora chiuso. Questo nuovo anno può costituire una svolta importante in cui un territorio finora marginalizzato può trovare una nuova centralità e diventare il perno e l’esempio di una sostenibilità reale, l’obiettivo a cui ormai tutti dobbiamo tendere. C’è la possibilità di usare il nuovo flusso di finanziamenti per recuperare i gap strutturali e sociali e per dare al territorio montano una nuova definizione in cui le attività tradizionali (agricoltura, selvicoltura e allevamento) possano, in armonia con servizi e turismo, garantire il mantenimento di quei servizi ecosistemici che ha sempre fornito. Un impegno che richiede investimenti precisi, pianificazione attenta e sviluppo adeguato delle infrastrutture, specie digitali. Dalla pandemia può nascere una rete che unisca solidarietà, ricerca e gestione, con l’obiettivo comune di realizzare i 17 punti dell’agenda 2030. Un’occasione da sfruttare e da concretizzare. Ma da sempre ogni montagna è un sogno da trasformare in realtà per chi la ama.
2020-12 – IL CIELO PIÙ TERSO…
…e l’aria più pulita durante il lockdown, non sono stati gli unici benefici ambientali di quest’anno strano e terribile. Nonostante tutte le difficoltà, sono arrivati segnali incoraggianti sia dal basso sia dall’alto, che dimostrano come l’interesse e l’attenzione per l’ambiente stia crescendo, sia pure con passi sempre troppo piccoli. Ed è da segnalare l’attività instancabile di tanti operatori e soci che non hanno mai abbassato la guardia, garantendo il presidio del territorio. Fra le tante battaglie val la pena di ricordare l’impegno per la salvaguardia del pantano di Accumoli e l’opposizione ai nuovi impianti sciistici del Terminillo, quest’ultimo come esempio delle tante lotte condotte localmente contro uno sviluppo turistico legato allo sci di massa: massacrato dal virus e sempre più anacronistico e superato nell’attuale realtà economica e sociale, ma su cui ancora troppe valli puntano. E giova al riguardo menzionare la presa di posizione della giunta di Bolzano contro il collegamento sciistico tra Vallunga e il ghiacciaio della Kaunertal: «Abbiamo il compito e la responsabilità di preservare questa varietà forgiata dai nostri antenati». Una posizione di svolta e speriamo non isolata. E va infine ricordato che il cammino del green deal europeo prosegue (ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it): un impegno grande che può davvero cambiare le carte in tavola per il nostro futuro. Segnali di speranza per poterci ancora specchiare in un ambiente montano vitale e tutelato.
2020-11 – TUTTI SU IN MONTAGNA!
L’ultima strana estate ha portato molta gente a riscoprire le nostre montagne, garantendo un minimo di ripresa all’economia delle valli. Flussi notevoli si sono riversati sui sentieri con una voglia ben comprensibile di libertà e di bellezza, dopo i lunghi mesi del lokdown. Però in alcuni casi ciò ha portato a veri e propri ingorghi e le foto allarmanti delle code al Piz Boe (simili ma meno impressionanti di quelle sull’Everest nel 2019) hanno riaperto il dibattito sulla corretta fruizione della montagna. Dibattito che sfiora temi molto caldi, come la libertà personale e la tutela di beni naturali e, se vogliamo, anche il senso dell’esperienza montana. In questo contesto va ribadita la posizione del Cai, che vede la montagna non come un luna park ma come un ambiente da esplorare, capire e proteggere: un risultato che si può ottenere solo con un’adeguata conoscenza del suo valore e della sua ricchezza, creando anche una nuova “cultura” della montagna, base di ogni “montanità”. È la diffusione di questa cultura che può evitare la massificazione del turismo in montagna e garantire a tutti le emozioni e le soddisfazioni che ogni sentiero può darci.
2020-10 – TECNICI
Di cosa ha bisogno il territorio montano? Una società e un’economia che devono ripartire hanno sicuramente necessità di una buona progettualità, di pianificazione e di innovazione, così come di ricerca e sperimentazione. Ma tutto questo risulterebbe vano se venisse meno una componente fondamentale: quella tecnica dei vari enti e strutture responsabili finali delle scelte gestionali. È inutile negare che negli ultimi anni tale ruolo esecutivo è stato pesantemente penalizzato sia dallo svuotamento o sparizione degli Enti (Comunità montane, Province, CFS, eccetera) sia dal mancato investimento su nuove assunzioni. Senza contare un deleterio processo di burocratizzazione, che ha trasformato spesso il ruolo tecnico in parte integrante di una burocrazia fine a se stessa. È il momento di voltare pagina e di investire con coraggio su competenze precise da formare e dedicare ai territori montani, nell’ambito di un deciso potenziamento degli enti preposti. Valorizzare una nuova generazione di tecnici con le capacità, l’entusiasmo e la voglia di prendersi responsabilità e soprattutto è il momento di dar loro la possibilità di incidere nella gestione del territorio: una sfida improrogabile e decisiva.
2020-09 – CARTOLINE
Quello che rende indimenticabili tante gite in montagna è la bellezza e la maestosità del paesaggio: le mille cartoline, le mille diapo e ora le mille foto condivise per ricordare emozioni e sogni più o meno realizzati. Ma il paesaggio è frutto della costante interazione fra l’uomo e l’ambiente, nel bene e nel male; in una continua evoluzione dove le forze della natura interagiscono, brutalmente a volte come nel caso di Vaia, con il lavoro dell’uomo, capace a sua volta di
modellarlo in funzione di un’economia più o meno efficace. Stretto tra l’abbandono della montagna e il suo sfruttamento in maniera industriale, il “nostro” paesaggio del cuore richiede adeguate tutele e prospettive, specie in questo momento difficile di una ripartenza generale post epidemia. Allora va ricordato che:
– il paesaggio è il bene primario e la ricchezza fondamentale della montagna;
– che non ha senso distruggerlo con interventi devastanti (piste da sci, viabilità, e via dicendo);
– che una crescita vera deve conciliare sviluppo e tutela, senza ingessare ma senza profanare.
Le cartoline che manderemo ai nostri eredi dipendono dalle scelte e dai valori che adotteremo oggi.
2020-08 – LA NUOVA VISIONE POSITIVA
Mentre emergono legittimi dubbi sul fatto che la pandemia ci abbia resi migliori, ci dobbiamo interrogare su come questo evento possa trasformare la montagna e la nostra presenza in essa. Non si tratta solo di adeguare al nuovo rischio sanitario le strutture e i comportamenti, ma di provare a fare una vera e propria trasformazione di pensiero, l’unico cambiamento effettivo. Ragionando in termini ecologici, abbiamo subìto una forte perturbazione e come sempre l’ecosistema deve trovare nuovi equilibri e andare avanti.
Ci vuole una nuova economia, che rifiuti il turismo di massa, ma favorisca quello soft e diffuso, ben inserito con le realtà produttive locali e imperniato sulla rete dei siti protetti. La nuova economia deve ripartire dal buono esistente: produzioni localizzate e legate alla cura del territorio e al rispetto ambientale, con alta qualità supportata da un po’ di innovazione e ricerca per valorizzarle. Una rete produttiva e di servizi capace di non escludere alcuno, facendo della vicinanza nella lontananza la garanzia di qualità di vita e benessere. Senza cadere, nella fretta della ripartenza, nella tentazione di scorciatoie facili, basate sul recupero di progetti obsoleti e assurdi. Ci vuole perciò una nuova visione positiva, con cui costruire quella impalcatura culturale e strutturale capace di rendere la montagna resiliente agli incerti e nebbiosi scenari futuri.
2020-07 – I GIUSTI SOLCHI
La recente pandemia ha messo in crisi anche le Terre alte con il suo impatto umano, sociale ed economico. Come già successo su altra scala con la tempesta Vaia, ha spazzato via le cose date per scontate a cominciare dal nostro andare in montagna, colpendo duramente l’economia turistica e quella produttiva.
Ripartire vuol dire anche ripensare in quali solchi occorra seminare le poche risorse per un territorio così difficile. Non solo per salvarlo economicamente ma per aumentarne la resilienza presente e futura:
• più connettività come già avvenuto negli scorsi mesi per ridurre il digital divide; servizi, lavoro e burocrazia possono arrivare anche nei borghi più sperduti, ma gli enti preposti investano in maniera prioritaria sui territori marginali;
• più fiscalità di vantaggio, che garantisca il mantenimento di attività produttive primarie e secondarie, penalizzate nella quantità e dalla lontananza dai mercati ma ricche di qualità anche ambientale;
• più investimenti sulle infrastrutture e sui servizi; non tanto nuove strade ma il superamento di un isolamento non più sopportabile;
• più ricerca e formazione; indispensabili per i rapidi adattamenti necessari a un mondo in continuo cambiamento;
• meno divisioni, anche strumentali, fra gli abitanti della montagna e quelli delle città per stringere un’alleanza fondata sulla coesione e sulla condivisione dei problemi;
• più consapevolezza che la vera ricchezza della montagna è la salvaguardia del suo patrimonio naturale (nonché storico e culturale); la base della sostenibilità!
Pochi punti e una strategia decisa per far sì che risorse e forze siano impiegate al meglio.
2020-06 – SAPER COSTRUIRE
Mettere insieme le risorse di un territorio e inventarsi un modo per costruire, una società, un’economia e un conseguente paesaggio: è quello che in montagna è stato fatto per millenni, con risultati originali e buoni se non ottimi, pur sempre in un contesto di povertà ed essenzialità. Adesso lo sforzo è richiesto per ricostruire le società montane, travolte da abbandono o sfruttamento. Occorre riprendere in mano i pezzi: la natura con la sua ricchezza, la storia coi suoi valori, l’economia (agricoltura, selvicoltura, allevamento, attività produttive e di trasformazione, turismo) con le proprie criticità, la comunità con le sue debolezze (isolamento, vecchiaia, ecc…) e i suoi punti di forza (il ritorno dei giovani, le nuove leve immigrate, la passione dei resistenti…) e incastrare il tutto in una costruzione nuova. Bisogna fare realtà integrate fra loro e in rete con il resto del Paese, non più isolate e dimenticate. Una società coesa e legata al territorio, con prospettive durevoli e sostenibili, capace di garantire a chi abita la montagna diritti e servizi, compresi quelli dedicati alla salute. E forse anche sogni e speranze.
2020-05 – UNA MONTAGNA: MILLE PAESAGGI, MILLE STORIE, MILLE ECONOMIE
Il paesaggio montano è in realtà un insieme di mille paesaggi, frutto di una storia secolare che ha visto economie locali svilupparsi più o meno in sintonia con le realtà ambientali. Questa variabilità ha portato anche a una ricchezza di biodiversità naturale, colturale e anche culturale che ha reso le nostre montagne uniche e preziose.
Abbandono da una parte e sfruttamento eccessivo secondo modelli non sostenibili dall’altro sono i fattori che adesso minacciano questo patrimonio e stanno trasformando sotto i nostri occhi l’aspetto e anche la funzionalità della montagna italiana. Se il paesaggio, o meglio i paesaggi, sono la ricchezza principale da salvaguardare, dobbiamo capire come mantenerli garantendo la corretta presenza delle comunità che li hanno creati. Ciò concretamente vuol dire riuscire ad adattare le economie locali, garantendo sia la loro sostenibilità ambientale ed economica sia la qualità della vita dei loro protagonisti. Abbiamo – come Cai – un’ottima conoscenza di base di queste mille realtà: è giunto però il momento di interrogarci e di proporre i mille modi con cui farle vivere nella montagna del futuro.
2020-04 – RESTIAMO IN RETE
Negli ultimi anni l’integrazione nella Rete Natura 2000 del sistema delle Aree Protette ha costituito uno dei fondamenti per la conservazione e la gestione della biodiversità e delle emergenze ambientali nel nostro Paese. La visione di “Rete” ha permesso scelte gestionali più condivise e più funzionali, garantendo inoltre proficue integrazioni tra le esigenze di protezione e modelli di sviluppo sostenibile, con benefici per le popolazioni locali. Una positiva esperienza, concretizzata in alcuni casi con le innovative Reti di riserve, come quelle adottate in Trentino, e che ha visto anche il Cai coinvolto in prima persona come in Sicilia. Eppure si deve prendere atto che l’intero sistema è ora sotto stress: leggi che riducono superfici e vincoli (Veneto, Piemonte, Liguria), progetti per nuovi impianti sciistici in zone vincolate (Avvicinare le montagne, Comelico, Cime bianche, Corno alle Scale, ecc…), piani di sviluppo come quelli di Palmaria o dei Pantani di Accumoli e altri ancora. Tutti esempi in cui si è proprio perso il contatto con le aree protette e con il loro ruolo chiave per la sostenibilità. Perciò ora più che mai occorre restar connessi alla Rete, purché sia quella di Natura 2000.
2020-03 – API PER LA MONTAGNA, LA MONTAGNA PER LE API
Gli ambienti montani, tra 800 e 1200 metri di quota, sono da sempre molto favorevoli alle api, sia per la ricchezza floristica sia per il ridotto impatto dei pesticidi. Negli ultimi anni, inoltre, primavere caratterizzate da clima sfavorevole hanno reso scarse se non nulle le produzioni di mieli proprie del periodo in pianura. Migliore è invece il quadro per le produzioni di montagna, dove il ritardo nello sviluppo delle colonie delle api svernanti si combina con il ritardo
nelle fioriture primaverili, rendendo in genere meno problematiche alcune situazioni. Le fioriture estive, assenti o quasi in pianura, sono invece abbondanti in montagna, e determinano per gli apicoltori delle eccellenti produzioni di mieli sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Tra questi mieli, quello di rododendro ripaga spesso gli apicoltori che si impegnano a portare in quota i loro alveari affrontando fatiche e rischi, orsi compresi. Qualità e quantità della produzione e buono stato di salute degli sciami fanno dell′apicoltura una risorsa importante per l′economia della montagna, da aiutare e sostenere con interventi ben mirati.
2020-02 – PENSIERI A FREDDO
La strada per uscire dall’inverno è ancora lunga, ma il sogno di una bella primavera è più forte e riscalda. Una primavera fiorita come sempre, che però ci riproporrà la dura realtà delle tante minacce e dei rischi per il nostro patrimonio vegetale. La nostra grande ricchezza di specie (8195 taxa diversi) è arricchita da 1707 specie endemiche: un patrimonio e una biodiversità che trova proprio nelle aree montuose il principale serbatoio e le più importanti aree rifugio. Ma un clima sempre più imprevedibile, un territorio in bilico tra abbandono e abuso, per non parlare della marcia quasi trionfale delle specie invasive, ormai padrone assolute di alcuni habitat e contesti prima naturali, sono realtà pesanti e minacciose, capaci di ridurre o azzerare un capitale che ancora non conosciamo in pieno e quindi non apprezziamo debitamente. Un benvenuto perciò al manuale del Cai sulla Flora endemica minacciata delle montagne italiane, edito alla fine del 2019 da COE/Cctam: un piccolo grande contributo per far scoprire a chi va in montagna i tesori che non possiamo perdere.
2020-01 – LA MONTAGNA AL CENTRO
“La centralità della montagna“ è stato il titolo del recente convegno di Camaldoli (8-9 novembre 2018) che ha visto una nutrita e qualificata partecipazione di pubblico, Enti e Associazioni, Cai compreso. Un bel passo avanti per fare una politica o almeno una strategia che sia davvero per la montagna, partendo dal basso (da chi ci vive, ci lavora o comunque l’ama). Un territorio montano di cui si conoscono la debolezza e la fragilità, ma che è anche capace di grande resilienza, ambientale e sociale. Un territorio non isolato ma che mantiene legami stretti e reciproci con quello urbanizzato o più ricco, positivi e fondamentali per la sopravvivenza di entrambi. Il convegno con il manifesto finale ha ribadito i nodi strategici per avviare una nuova civilizzazione delle montagna, ripartendo dall’evidente ritorno nelle valli di chi cerca nuove prospettive e nuovi stili di vita. Una nuova agenda culturale e politica nata dalla montagna e dai suoi abitanti? Speriamo di sì.
2019-12 – BUONE NOTIZIE, PLEASE!
Ci portiamo qualche buona nuova nel nuovo anno? Qualche risultato che ci faccia ben sperare per il futuro dell’ambiente montano?
Nel nostro piccolo grande mondo Cai, qualcosa abbiamo ottenuto:
1. la fine dei lavori della Casa della Montagna del Cai ad Amatrice. A disposizione di soci e frequentatori consapevoli della montagna, per far ripartire la comunità dalla ricchezza che è il territorio;
2. la riscoperta e il recupero del Sentiero Italia: anche qui un messaggio chiaro per uno sviluppo sostenibile basato sulla bellezza della montagna e sulla sua tutela;
3. l’aumento del numero nazionale dei Soci del Sodalizio: la montagna piace e cresce la voglia di andarci e di conoscerla in tutti i suoi aspetti, e conoscere vuol dire aumentare la consapevolezza della sua tutela;
4. l’aumento dei titolati TAM e comitato scientifico: crescono i volontari disposti a impegnarsi per concretizzare l’articolo 1 del nostro statuto, cresce la voglia di essere una presenza consapevole e rispettosa nella nostra montagna;
5. il lavoro di informazione, formazione e concretizzazione in fatti del Gruppo Grandi Carnivori: appunto un intervento consapevole di quella che è la realtà montana fatta da uomini e animali, nel sogno di una possibile ed efficace convivenza;
6. la presenza Cai in ASviS e la crescente collaborazione con le associazioni di protezione ambientale: si sta cercando di portare la realtà montana al centro del grande discorso della sostenibilità, con anche il piccolo contributo di questi osservatori, quest’anno tutti dedicati ai goals previsti dall’agenda 2030.
Ma indubbiamente il dato più importante è la protesta della generazione Greta che ha urlato a tutti che il re è nudo e che il cambiamento climatico è la dura realtà da affrontare subito. E chi come noi ne ha visti gli effetti devastanti in montagna non può che essere d’accordo.
2019-11 – UNA MONTAGNA UGUALE
Beh, decisamente un sogno parlare di uguaglianza tra chi abita in un territorio dove le diversità ambientali e le difficoltà oggettive sono così alte e differenti. Le valli ricche e le valli povere, quelle popolate e quelle abbandonate, le zone accessibili, le zone impervie… Dare a chi abita in montagna le stesse possibilità e la stessa qualità di vita sembra davvero un’impresa impossibile, o no?
Forse ci si può davvero lavorare ma cambiando gli approcci usati finora: ci vogliono piani di sviluppo ben mirati, che valorizzino proprio la diversità, senza adeguarsi a modelli univoci e monoculturali. La conoscenza delle “debolezze” della montagna, biodiversa non solo come ambienti ma anche socialmente ed economicamente, deve diventare il punto di forza: mille strade diverse, mille singole strategie che facciano crescere reddito e qualità della vita di chi vive in questi territori, favorendone la gestione sostenibile.
Non facile: bisogna capire quali sono le ricchezze ambientali e culturali già esistenti ma tenendo conto anche delle difficoltà oggettive del territorio e dei nuovi scenari derivati dal cambiamento climatico. E valorizzare le nuove tecnologie (banda larga e dintorni) per garantire i vari servizi e l’assistenza. Occorrono ancora una volta studi e dati, ricerca e fantasia e, soprattutto, la voglia di fare squadra insieme.
2019-10 – BEN FORMATI E BEN INFORMATI!
Di fronte alle nuove sfide che i cambiamenti climatici, ma anche quelli sociali, stanno imponendo alle nostre montagne, la soluzione è sempre una sola: investire su un’ottima formazione degli operatori e anche su una valida e solida informazione per tutti i fruitori. Ciò vuol dire che chi va in montagna deve avere l’umiltà di considerarsi sempre attento discente di quella “maestra muta” che lo ospita, cercando di recepire corrette informazioni e di acquisire la concreta capacità di leggere e interpretare il territorio frequentato. Compito non facile in una situazione di cambiamenti che demoliscono molte certezze e aprono scenari nuovi, da affrontare con idee innovative e creative,
ambientalmente compatibili. Questo impegno nella formazione è prioritario per i soci Cai e soprattutto per gli operatori Tam e Onc, a loro volta futuri formatori dei frequentatori della montagna. Occorre aumentare la conoscenza della realtà attuale della montagna e dei suoi abitanti e migliorare la personale capacità di interpretazione di quello che si ha di fronte: una vecchia regola del buon alpinista! Occorre anche che ci siano fonti certe e scientificamente fondate di dati
e informazioni, per evitare di rincorrere vanamente fake news e mal di pancia vari sulle problematiche più spinose, ad esempio ritorno dei grandi carnivori o le grandi manifestazioni turistiche. Occorre infine uno sforzo di condivisione e dibattito affinché si possano trasformare le conoscenze in scelte gestionali condivise ed efficaci.
2019-09 – NEL PRATO FIORITO
Un prato fiorito, un campo di segale, un castagneto, un lariceto, le sponde del fiume, ma anche un paesaggio con alternanza fra boschi e pascoli: in quanti modi diversi si può declinare la biodiversità in montagna. C’è una biodiversità legata al paesaggio naturale, c’è una biodiversità legata all’azione dell’uomo e alle sue colture,
c’è una biodiversità legata all’abbandono e una legata ai fenomeni provocati dai cambiamenti climatici. Conservare e gestire questo patrimonio non è semplice e impone delle scelte che devono diventare la spina dorsale per la politica della montagna: vuol dire mantenere e favorire un’economia vitale legata alle coltivazioni e ai paesaggi da esse sottese, vuol dire una conservazione stretta degli habitat più di pregio e un impegno contro la banalizzazione degli altri ambienti (no piste da sci o da downhill, no cementificazione, e via dicendo). Vuol dire monitorare e gestire i cambiamenti in corso, cercando o di contrastarli o di indirizzarli o perlomeno di capirli.
Vuol dire continuare a studiare e conoscere, vuol dire gestire e sperimentare. Ma lo stiamo facendo abbastanza?
2019-08 – CHE COSA FACCIAMO?
È l’unica domanda che possiamo porci a questo punto, dopo aver constatato per primi, come frequentatori della montagna, i mutamenti del clima e i loro effetti. Ci sono tanti livelli d’azione: ci vogliono scelte personali di sostenibilità che richiedono un costante impegno quotidiano; ci vogliono decisioni generali di indirizzo politico e sociale, previo adeguati approfondimenti scientifici. Tutte volte a ridurre le emissioni clima alteranti, tutte che necessitano un’ampia condivisione fra le parti coinvolte (cittadini e Stati) per essere efficaci ma soprattutto tutte ormai inderogabili. Esiste poi un livello molto pratico che tocca il governo del territorio: se dobbiamo fare sempre più i conti con eventi estremi, allora occorre porci il problema di quanto vogliamo davvero investire sulle nostre Terre alte e sulla loro gestione.
Un disastro come Vaia ci ha mostrato come anche le zone con i maggiori livelli di attenzione e impegno gestionale siano a rischio e come i nostri modelli siano perlomeno da aggiornare. Siccità e picchi di precipitazione implicano anche la necessità di un costante monitoraggio dei loro effetti sugli ecosistemi ed evidenziano come siano importanti – se non fondamentali – tecnici e ricercatori preparati e buoni conoscitori dell’ambiente montano, capaci di guidarne l’evoluzione. È oggi, non domani, il momento delle nostre scelte per investire sulla montagna le risorse economiche e umane che la potranno salvare.
2019-07 – CIRCOLARE!
L’economia circolare (è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera, nda), se ci pensiamo bene, corrisponde a quella che è sempre stata l’economia di gran parte delle aree montane o interne, dove i cicli produttivi erano legati al rispetto delle risorse naturali e i mezzi produttivi mantenuti e riusati in continuo. Certo, era un’economia sostenibile ecologicamente, ma spesso anche troppo povera e limitata per garantire la qualità della
vita. Però lo sforzo di portare le attuali strutture produttive verso un modello sempre più circolare vede la montagna e le sue attività finalmente in vantaggio: si tratta di riscoprire i vecchi saperi e le vecchie conoscenze, rimodulandole in un contesto innovativo, dove il rispetto della natura viene mantenuto, ma in una visione sempre più olistica, valorizzandolo in termini di reddito e qualità di vita. Una montagna che riscopre la propria valenza economica e, anziché seguire i modelli proposti dall’esterno, ricrea ed esporta la nuova economia del futuro. Un sogno? Una realtà da realizzare.
Per approfondimenti: www.economiacircolare.com
2019-06 – FARE L’IMPRESA
Parlare di impresa in montagna richiama in mente scalate o esplorazioni epiche, avventure mozzafiato e straordinarie. In realtà, adesso come adesso, forse quella più ardua è l’impresa di chi cerca di lavorare nelle Terre alte, viste le difficoltà presenti: l’isolamento e la lontananza dai mercati, l’abbandono del territorio, le condizioni ambientali e climatiche nonché la sempre presente burocrazia rendono difficile ‒ se non impossibile ‒ la realizzazione di idee che possano portare lavoro e reddito nelle montagne. Questo amplifica il fenomeno dello spopolamento e del conseguente abbandono della gestione, con effetti che ancora non sappiamo recepire nella loro portata. Una nuova economia per la montagna deve ripartire da una capacità di impresa volta a sviluppare innovazione nel solco di un sapere tradizionale. I modelli monoculturali imposti dall’esterno, compresi lo sci o l’agricoltura industriale, mostrano limiti forti nel contesto montano dove il rispetto della diversità ambientale, colturale e culturale rappresenta il vero valore aggiunto e la carta vincente per una vera sostenibilità. La politica della Ue e dello Stato per aiutare le aree interne e montane deve andare in questa direzione, favorendo le infrastrutture leggere necessarie a sostenere le imprese e investendo sulla ricerca, senza la quale l’innovazione rimane un sogno.
2019-05 – NEL BORGO (S)PERDUTO
Sappiamo bene che l’abbandono è la cifra caratteristica di molte delle nostre montagne. Ma solo l’entrare nei paesi e villaggi ormai svuotati ci permette di renderci conto di cosa effettivamente questo voglia dire: una storia, un paesaggio, un patrimonio di cultura e di esperienze smarrito e perso forse per sempre. Un male? Un bene? Di fatto una
realtà, in cui i cambiamenti sociali aprono la strada ai cambiamenti ecologici, evidenti con la trasformazione del paesaggio: mutamento sia per chi osserva sia per chi deve gestire. È più sostenibile l’abbandono o il ritorno? E quale ritorno? La Strategia nazionale per le aree interne, la Rete rurale, le Green Communities sono gli strumenti adottati grazie anche alla Comunità Europea per affrontare queste situazioni, per contrastare spopolamento e spaesamento. In esse
confluiscono le tante esperienze positive per rivitalizzare i borghi perduti: dall’albergo diffuso, al villaggio degli alpinisti, al sostegno per le microfiliere di qualità, ai positivi progetti di integrazione dei migranti… tante esperienze un unico fine: recuperare il recuperabile in una nuova ottica di piena sostenibilità ambientale. Un processo non facile che deve vederci tutti coinvolti e protagonisti per la montagna del futuro.
2019-04 – COME IN UNO SPECCHIO
Un riflesso nel lago, il fluire del ruscello nel prato, il torrente impetuoso da guadare: piccoli momenti pregnanti dell’esperienza di montagna, tutti legati alla presenza dell’acqua. Ma saranno emozioni ancora presenti nel futuro? Con la fusione dei ghiacciai, tutta l’idrologia delle Alpi sta cambiando e con essa va a rischio anche la grande biodiversità
legata agli habitat fluviali e lacustri montani, una ricchezza unica e fragile. La mancanza di neve, che i modelli previsionali danno in forte riduzione alle medie altitudine (1000-2000 m), e gli anomali andamenti delle precipitazioni, con periodi siccitosi alternati a eventi violenti e concentrati, sono già due fattori di pericolo per questi delicati
ecosistemi; e già si è constatato che la sostituzione della neve invernale con pioggia innalza la temperatura dei laghi molto di più che la crescita delle temperature dell’aria, con conseguenze ancora tutte da scoprire. Aggiungiamoci anche gli aumenti di prelievi legati all’innevamento artificiale, all’irrigazione, alle necessità idroelettriche, comprese quelle delle nuove mini centraline, ed abbiamo un quadro non proprio esaltante. Su cui si innesta l’impatto del turismo, sempre attirato dagli specchi d’acqua in grandi o enormi numeri (vedi Braies!), ma che porta calpestio sulle sponde, rilascio di rifiuti e può favorire anche l’introduzione di specie alloctone, già padrone di molti fiumi montani.
Insomma, abbastanza per preoccuparsi e per cambiare, prima di ritrovarci le montagne asciutte.
2019-03 LAVORO SÌ, LAVORO NO
Il lavoro dell’uomo ha formato nei millenni il paesaggio montano che amiamo, grazie a un’economia generalmente povera, ma presente, spesso legata anche a fame ed emigrazione. Fa piacere pertanto vedere adesso come molte aree montane abbiano redditi e tassi di occupazione elevati, attirando addirittura immigrazione per il mantenimento delle attività turistiche o agricole. Certo, ciò vale soprattutto per la montagna del nord (Alpi e Appennino settentrionale ma con fortissime
differenze tra valle e valle), mentre rimane netta la cesura con l’Appenino meridionale e le montagne insulari, ben distanti da simili realtà e con ancora alti tassi di disoccupazione ed emigrazione. Esiste l’incognita abbandono per queste aree “perdenti”, ma va anche considerato quanto possa essere realmente sostenibile un genere di lavoro che
porta nelle valli dinamiche (e problematiche ambientali) tipiche delle zone urbanizzate e ad agricoltura intensiva delle pianure, penalizzando le tradizionali forme di gestione del territorio. Il risultato finale rischia di essere lo stesso: la perdita dell’identità della montagna e di tutti i servizi ecosistemici che ci fornisce. Potranno la Strategia nazionale delle aree interne, e le altre forme legislative ed amministrative, essere efficace premessa per il lavoro dignitoso e sostenibile in tutta la montagna?
Per approfondire: montagneitalia.it/rapporti
2019-02 – IL DILEMMA ENERGETICO
Il recente accordo per la nuova Direttiva Europea Rinnovabili, RED II, ha innalzato dal 27 al 32% l’obiettivo di produzione totale di energia da Fonti Rinnovabili al 2030, elevando così ulteriormente gli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale per la produzione elettrica, per i quali si dovrebbe triplicare o quadruplicare le attuali installazioni fotovoltaiche e più che raddoppiare quelle eoliche. Queste previsioni, presentate in un recente seminario da esperti del settore, comporteranno però notevoli impatti sull’ambiente e profondi cambiamenti non esenti da rischi nel sistema elettrico. Quest’ultimo, per mantenere in rigoroso e contemporaneo equilibrio produzione e consumi, dovrà ricorrere a pesanti stoccaggi delle sovrapproduzioni fotovoltaiche ed eoliche, notoriamente poco programmabili, e prevedere aggregazioni automatizzate di queste, spesso distribuite su vaste zone scarsamente dotate di servizi di rete, in modo da poterle prontamente gestire sul mercato elettrico. Quanto potrà essere il beneficio ambientale di questa operazione per la riduzione delle emissioni climalteranti, rispetto agli impatti sul paesaggio e sull’ambiente collinare e montano di altre migliaia di grossi aerogeneratori, di estesi e grigi campi fotovoltaici, di bacini idroelettrici e batterie elettrochimiche per l’accumulo energetico, è difficile prevedere. Resta quindi lo spinoso dilemma tra il virtuosismo italiano per l’energia rinnovabile e la conseguente aggressione al paesaggio specie montano, in un contesto dove la produzione elettrica mondiale marcia tuttora quasi imperturbabile per l’85% con fonti fossili.
2019-01 – TORNERÀ IL BOSCO
Ci vorranno anni, ma le ferite della tremenda sciroccata di fine ottobre si chiuderanno, esattamente come quelle che 100 anni fa segnavano dopo la guerra le nostre montagne. Oggi contempliamo il danno che non è solo economico, ecologico o paesaggistico, ma anche psicologico per lo shock subito da chi ha visto cambiare in una notte il proprio mondo. Una grande perturbazione ecologica, ossia una distruzione rapida degli equilibri creatisi nel tempo e nello spazio, che ha interessato con intensità diversa quattro regioni, sconvolgendo intere vallate amate dagli escursionisti. Ci sarà bisogno di un coordinamento forte e di un buon gioco di squadra fra le varie amministrazioni per gestire gli aspetti pratici ed economici delle utilizzazioni del materiale legnoso e il lungo lavoro per indirizzare la crescita dei nuovi soprassuoli; non mancherà l’impegno per i nostri volontari per ripristinare la fruibilità turistica. Il vento ha fatto il suo giro e la natura ripartirà: niente di nuovo sotto il sole, ma rimane la consapevolezza della fragilità anche del nostro territorio meglio gestito, di fronte a fenomeni che stanno assumendo intensità e frequenza inusuali, in un evidente contesto di cambiamento climatico.
2018-12 – QUALCOSA DI BELLO DA RICORDARE
Un altro anno se ne sta andando, è il momento di vedere se possiamo portarci a casa qualcosa di positivo per l’ambiente montano.
Nella marea di notizie poco buone, di progetti assurdi e di cambiamenti climatici e sociali, di disattenzione politica e pratica alla tutela, val la pena ricordare almeno quattro momenti:
• l’inizio della costruzione della casa della montagna di Amatrice: un territorio ferito che rinasce dalla consapevolezza di essere “ambiente montano”;
• la partecipazione Cai a ASvis: certo, il rapporto uscito a ottobre non è molto incoraggiante sui progressi verso gli obiettivi riconosciuti dall’Onu per la sostenibilità, ma il fatto che più di 300 fra enti e associazioni siano coinvolti
nella discussione fa ben sperare per una futura maggior condivisione ed efficacia nel raggiungimento dei risultati attesi;
• il 2° congresso Tam di Fermo: un bel momento di confronto e di idee, per meditare a 360° su come rendere più efficace l’impegno Cai per la tutela;
• il Testo unico forestale: a tanti farà storcere il naso ma di fatto è un tentativo di affrontare un tema chiave per il territorio montano. Al di là delle polemiche, perlomeno del bosco e della sua gestione se ne è parlato dopo decenni di silenzio.
Ma la cosa più positiva rimane sempre il lavoro “grigio” svolto da tanti soci con l’impegno costante nelle realtà locali e che ha portato a tante piccole “imprese”, come l’operazione montagna pulita presso il rifugio Casati o i momenti e i fatti dedicati alla tematica dei grandi carnivori.
Tante piccole cose che danno speranza.
2018-11 – UN PO’ DI BESTIE
La fauna selvatica ha conquistato anche quest’anno l’attenzione dei media: cinghiali, cervi e caprioli sempre più urbanizzati; lupi e orsi (meglio: la paura di) protagonisti di campagne elettorali, contadini e allevatori sempre più preoccupati e arrabbiati per i danni.
Ma questa sovraesposizione mediatica rischia di far dimenticare alcuni fatti chiave.
• La fauna selvatica, dagli ungulati ai rapaci, è sensibilmente cresciuta di numero ed è tornata a occupare gli spazi lasciati dall’uomo, specie in montagna.
• Le dinamiche delle popolazioni animali sono state e sono del tutto naturali, anche considerando le eccezioni legate alle introduzioni umane come i cinghiali in Appennino e gli orsi per il solo Trentino.
• I pericoli per l’uomo sono oggettivamente minimi per quanto riguarda i grandi predatori, paradossalmente più legati alla incidentalità lungo le strade, specie con i grossi ungulati.
• La presenza delle popolazioni animali è un disturbo risolvibile per l’agricoltura e l’allevamento di montagna ma non è il solo problema.
Il ritorno degli animali, così come la crescita del bosco, possono essere considerati come un deciso aumento di naturalità delle nostre montagne, un cambiamento evidente e forse non del tutto negativo. Come tutti i fenomeni naturali richiede una gestione accorta, basata su dati scientifici e non sull’emotività, per permettere un’adeguata convivenza con la presenza umana. Una nuova sfida, espressa anche dal gruppo Cai “Grandi carnivori”, da affrontare attraverso il dialogo e il buon senso: non nel futuro ma nel presente
2018-10 – IL CASTAGNETO È ANCORA LÌ
Non sono bastati per distruggerlo né 70 anni di abbandono né tre gravi malattie, vere e proprie invasioni biologiche (mal dell’inchiostro, cancro della corteccia, vespa cinese). I dati dell’inventario forestale parlano chiaro: malmessi, danneggiati, sofferenti ma ci sono ancora 788.408 ettari di boschi di castagno sulle nostre montagne, praticamente gli stessi segnalati agli inizi del Novecento. Il castagno rimane, perciò, ancora il padrone incontrastato delle montagne italiane, di cui ha scritto la storia e la civiltà nei secoli passati. Certo, la sua valenza economica è ridotta ai soli 66.539 ettari di marroneto e castagneto da frutto ancora coltivato, ma la multifunzionalità di questi boschi può essere ancora fondamentale per l’economia di tante valli.
Una risorsa strategica che accomuna tutte le realtà montane italiane, isole comprese: ceduo per il legno, castagneti da frutto per marroni e castagne ma anche funghi e paesaggio… tanto, troppo abbandono.
Un patrimonio da tutelare e da recuperare con nuove idee e nuove visioni per ricreare economia e lavoro, nel rispetto delle peculiarità del castagneto da frutto, un bosco coltivato ma non una coltura agraria. Il cammino è già iniziato con la lotta biologica al cinipide e prosegue col “tavolo filiera del castagno” del Mipaaft e con il piano di settore presto discusso dalla Conferenza Stato-Regioni: è ora di puntare a una strategia nazionale per i castagneti e, ovviamente, per i loro custodi, i castanicoltori.
2018-09 – CERCANDO NUOVE LUCI
Sono ancora tante le zone d’ombra che offuscano il presente della montagna e le sue prospettive future: spiragli di luce possono venire dalla ricerca continua di un equilibrio tra sviluppo e tutela. A questa ricerca daranno il loro contributo gli operatori Tam, trattando i temi del loro prossimo Congresso nazionale del 20 e 21 ottobre.
– Una nuova economia e una socialità sostenibili: quali realtà economiche, tradizionali o innovative, possono avere effettiva sostenibilità e garantire la resilienza delle popolazioni montane, evitando l’abbandono o le aggressioni ambientali?
– La gestione politica e tecnica: chi e come potrà gestire al meglio il territorio montano, facendo scelte competenti per comporre i conflitti emergenti? (ad esempio: allevamento vs grandi carnivori; cambiamenti climatici vs difesa idrogeologica).
– La frequentazione turistica sostenibile: il turismo di massa in montagna è sicuramente conflittuale con la tutela; in ciò il Cai ha un ruolo primario, in cui deve giocare le sue capacita formative ed educative, ma anche proporre soluzioni innovative.
– Il Cai delle Terre alte e delle genti: da sempre il ruolo della nostra Associazione mira a conciliare la naturalità e le attività umane in montagna, cercando la salvaguardia di entrambe. Una bella sfida da concretizzare, a cui sarà chiamata anche la Tam – Cai dei prossimi anni.
Tematiche difficili, che aspettano dal lavoro degli operatori Tam risposte nuove e “illuminanti”. Non a caso il congresso si terrà nel martoriato appennino marchigiano, dove sia le Terre alte che le loro genti cercano nuove strade per un recupero condiviso.
2018-08 – UN CLIMA DIVERSO, UNA MONTAGNA DIVERSA
Gli effetti dei cambiamenti climatici sulle nostre montagne sono sempre più evidenti. E ormai non si tratta più solo di ghiacciai che spariscono, ma di un paesaggio vegetale trasformato, con la “scalata” verso le cime di tante specie, l’alzarsi evidente del limite del bosco e la proliferazione di specie invasive e “diverse”. Paesaggio che cambia ma anche ecosistemi che si isolano, perdendo nella avanzata delle formazioni boschive quelle interconnessioni che ne garantivano la sopravvivenza, con rischi per la biodiversità sia vegetale che animale.
Aggiungiamoci anche che gli eventi meteorologici “normali” sono ormai l’eccezione e non la regola, e che stress idrici e picchi di precipitazioni si alternano con frequenze “impazzite”, con evidenti conseguenze per la stabilità del territorio e anche per la sua fruizione turistica in sicurezza. Queste nuove situazioni richiedono continuo monitoraggio, ricerche adeguate e scelte gestionali anche coraggiose, spesso non facili. Le competenze tecniche e le risorse umane per affrontare le nuove sfide ci sono, anche dentro il Cai che sta facendo la sua parte, ma servono scelte politiche, investimenti e strutture gestionali da parte di tutti: istituzioni pubbliche, operatori privati e cittadini. Scelte e investimenti che devono essere fatti rapidamente.
2018-07 – W LE FORESTE!
L’approvazione del “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali” (DLgs 34, 2018) ha suscitato vivaci polemiche. Tali contrasti hanno contrapposto, forse in maniera un po’ eccessiva e strumentale, una visione più conservazionista o, comunque, preoccupata all’approccio gestionale suggerito dal decreto, orientato a evitare l’abbandono. Le polemiche e il dibattito hanno però messo in secondo piano un fatto fondamentale: finalmente le foreste e la loro gestione sono tornate sulla scena politica, attraverso un percorso lungo e faticoso, che ha visto coinvolti tutti gli stakeholder del settore. Un percorso non scontato, ma necessario per uniformare le competenze legislative attualmente presenti e per suggerire una strategia unitaria e integrata anche al contesto europeo. Fermo restando che nella discussione sui decreti attuativi ci sarà nuovo spazio di discussione per risolvere al meglio gli attuali contrasti, come Cai dobbiamo considerare sicuramente positiva la valorizzazione della gestione attiva (ma sostenibile) delle foreste, anche e non solo come risorsa economica per la montagna e i territori marginali. Per approfondire: www.sisef.it
2018-06 – CRESCITA OLTRE I LIMITI
Il turismo in montagna è cresciuto molto negli ultimi anni. E se resiste il turismo invernale, aumenta di più quello estivo (+3,6% fonte MiBACT). Crescita importante, spesso legata anche alle attività outdoor e alla frequentazione delle terre più alte. I numeri rilevati, ma anche l’evidente successo di manifestazioni tipo “I Suoni delle Dolomiti”, dimostrano che l’interesse per la montagna è sempre forte e ormai spalmato sulle quattro stagioni, con una netta prevalenza dell’estate. Se tutto ciò porta un utile e sperato incremento del reddito per le valli montane (ma non di tutte!), è da augurarsi che faccia anche crescere la conoscenza, la passione e il rispetto per il fragile ambiente frequentato. Per non metterlo a repentaglio e per salvaguardare quella grande biodiversità anche culturale che rende la montagna affascinante, occorre però essere consapevoli dei rischi connessi alla crescita: troppi, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato o peggio per tutto l’anno… e i nostri ecosistemi montani possono essere facilmente distrutti. Ecco perché, come da sempre fa il Cai con la sua attività formativa ed educativa, occorre lavorare per la sostenibilità anche dei grandi numeri del turismo montano, accettando anche limiti e chiusure per renderne minimo l’impatto.
2018-05 – ANCORA IDROELETTRICO?
Gli ambiziosi obiettivi della Strategia Energetica Nazionale (Sen) 2017 sono tesi a conciliare quelli a lungo termine dell’Accordo di Parigi e della Ue, puntando a decarbonizzare e migliorare la sicurezza di approvvigionamento del sistema energetico italiano e ad allineare i suoi prezzi a quelli europei (più bassi). Perciò si prevedono fino al 2030 ulteriori forti incrementi di produzione da fonti rinnovabili (Fer). Per il comparto elettrico, questi riguardano principalmente il settore fotovoltaico, ma anche altre Fer tra le quali l’idroelettrico, di cui si vorrebbe incrementare la produzione attuale di circa il 9%. Sappiamo bene quanto la montagna, con i suoi fiumi e torrenti, abbia dato in passato al settore, con effetti sicuramente pesanti in termini ambientali, anche se vincenti dal punto di vista della produzione. E le sensibili incentivazioni dello scorso decennio hanno già prodotto un forte incremento di concessioni, che hanno catturato molte tra le residue risorse idriche montane. Perciò rimane forte il dubbio se valga la pena che altre di queste (forse le ultime) siano sacrificate alla Sen, rischiando di creare forti scompensi al delicato ambiente montano, a fronte di incrementi produttivi pari a circa 1% dei consumi elettrici totali. Queste sono le tematiche che il Cai intende approfondire e capire attraverso il Convegno-Aggiornamento “Idroelettrico e montagna” che la CCTAM ha programmato a Bologna, il prossimo 16 giugno.
Info: www/cai-tam.it
2018-04 – GESTIRE LE DINAMICHE
La montagna che amiamo non è uno scenario immutabile, ma è in continuo mutamento e dinamismo, così come la società che su di essa si è costituita e sviluppata. Negli ultimi millenni la storia naturale e quella umana, attraverso il susseguirsi di crisi e progressi, hanno portato alla formazione del variegato paesaggio montano, con tutta la sua immensa ricchezza di biodiversità, non solo naturale ma anche culturale. Aggiungiamo poi il cambiamento climatico, che già modifica l’aspetto dei luoghi, con l’aumento medio delle temperature e i problemi dovuti alla siccità. Un contesto complesso che esige una gestione accurata e rispettosa sia dei valori ecologici sia di quelli sociali, tra loro strettamente legati. Leggi recenti, come quella a tutela dei domini collettivi o il Piano Forestale Nazionale, riconoscono la complessità dell’ambiente montano, ma si scontrano con le modifiche nelle strutture che fino a ora hanno gestito lo stesso territorio (Province, Comunità montane, Corpo Forestale dello Stato). Si rischia di avere buone leggi, magari anche finanziate, ma di non possedere più le competenze tecniche per applicarle e renderle efficaci. È opportuno, allora, ripensare a chi deve materialmente gestire il territorio, recuperare la storia spesso positiva di quanto fatto finora ed eventualmente concepire la nuova struttura in cui le professionalità possano essere valorizzate. Un giusto investimento per determinare, con le nuove generazioni, lavoro qualificato e ottenere o mantenere tutti i benefici di una corretta e armonica gestione.
2018-03 – VERSO LA PRIMAVERA
C’è una montagna tutta da inventare, una montagna dove occorre scoprire nuove economie e nuove forme di società. È indubbio come mostrino evidenti segni di crisi i modelli economici tradizionali, sia storici che più recenti: le attività primarie (alpicoltura, selvicoltura e agricoltura) soffrono nel mercato globalizzato, mentre costi e cambiamenti climatici stanno sciogliendo non solo metaforicamente l’oro bianco alla base del turismo invernale. Di contro ci sono segnali positivi: la crescita del turismo soft sia estivo che invernale, il ritorno anche di giovani nei territori alti con nuove idee e spirito imprenditoriale, il valore di alcuni prodotti tradizionali e la qualità elevata dell’ambiente. Nuove forme di gestione cooperativistica, nuove idee imprenditoriali e scuole di impresa nei territori montani aprono prospettive interessanti per una gestione del territorio, magari su base comunitaria, rispettosa delle peculiarità dell’ambiente ma anche aperta alla potenzialità fornite dai nuovi mezzi di comunicazione. Si deve andare verso una nuova società montana, con modelli innovativi che, a dire il vero, spesso sono solo riscoperta e aggiornamento di quanto già visto nei millenni scorsi: una montagna amata, capita e ben gestita, dove ci sia la possibilità economica e sociale di una vita più che dignitosa.
Impegniamoci per questa nuova primavera.
2018-02 – DOPO IL FUOCO
Le braci nel camino nel cuore dell’inverno spingono a ricordare l’estate scorsa, quando gli incendi boschivi l’hanno fatta da padrone. Il fuoco è una costante nei boschi mediterranei, ma il suo riapparire in forze ha cause contingenti ben identificabili: gli effetti dei cambiamenti climatici e la ridotta o assente gestione di parecchi soprassuoli forestali, nonché la negligenza di tanti comportamenti, più grave del dolo, viste le ottime leggi che impediscono qualsiasi speculazione. Il bosco percorso dal fuoco cicatrizza la sua ferita in tempi più o meno lunghi, ma il rischio del dissesto idrogeologico è forte ed evidente, così come il danno paesaggistico. Proprio per questo nello scorso autunno, in diversi convegni voluti e organizzati anche dal Cai, si è ragionato e discusso su questa problematica, individuando alcuni punti forti condivisi da scienziati, tecnici e associazioni: maggiore prevenzione (più selvicoltura, più fuoco prescritto, più gestione delle infrastrutture di servizio tra cui anche i sentieri), miglior gestione delle emergenze (centri di coordinamento), restauro e ripristino (investimenti nell’ingegneria naturalistica e in opere di riforestazione).
Competenze, esperienze e buona volontà per affrontare la problematica del fuoco ci sono e sono anche forti: non lasciamole andare in fumo.
Info: sisef.org/category/incendi-boschivi
2018-01 – UN BENE COMUNE
La pianificazione territoriale sta indubbiamente attraversando un periodo di crisi anche sull’arco alpino, come evidenziato dall’ultimo congresso Cipra dello scorso settembre. Troppo spesso, nel recente passato, gli interessi dei singoli hanno prevalso nelle scelte gestionali, con ottiche limitate che hanno finito per consumare se non distruggere spazi limitati e fragili. Questo in un contesto ecologico dove nuovi fattori come, ad esempio, il ritorno dei grandi carnivori o i sempre più evidenti cambiamenti climatici aumentano il livello di complessità. Nel contempo, però, emerge sempre più forte il superamento dell’immagine dell’essere umano quale dominatore: oggi l’uomo viene concepito come parte integrante della natura e cresce la consapevolezza di come i servizi ecosistemici forniti dagli spazi ancora naturali siano fondamentali alla qualità della vita. Bisogna tenere conto di tutto questo. Di fatto non è altro che attualizzare il passato millenario di tante comunità di montagna, dove i beni ambientali sono stati gestiti con la chiara consapevolezza di una loro tutela, per garantire il bene durevole di tutti. Come affermato con forza anche da papa Francesco, è necessario quindi tornare a pianificare (e gestire) per il bene comune, raccogliendo anche gli obiettivi di Agenda 2030, che pone al centro le persone, il pianeta e la prosperità e che è stata sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu!
2017-12 – IL SILENZIO DELLA NEVE
Riuscirà quest’anno la neve a coprire le montagne? Speriamo di sì.
E incrociamo le dita perché, pur con tutti i dubbi per un cambiamento climatico sempre più evidente, sappiamo che un buon inverno è necessario. E con la neve verrà anche il silenzio? O avremo ancora motoslitte ed elicotteri a portare anche in alto rumore e disturbo, là dove gli impianti non siano ancora arrivati? Già, perché in questi anni la motorizzazione della montagna è proseguita indefessa e la carenza di neve forse ha proprio stimolato queste pratiche, spingendo i “motori” nei siti più intonsi e nei più alti recessi innevati. Come Cai dobbiamo ribadire con forza ancora una volta che non crediamo in questo falso sviluppo della montagna, riservato all’interesse di pochi, e che ignora una domanda turistica invernale notevolmente
cambiata e volta a privilegiare sempre più quei luoghi dove è posta maggiore attenzione alla conservazione dell’ambiente e della cultura identitaria. Va pertanto raccolto l’esempio del Comune di Balme, dove montagna e montanari hanno scelto di non aver bisogno dell’eliski. E ben venga allora anche la nuova legge sui parchi, se in essa il divieto di elisky diverrà finalmente esplicito e vigente.
2017-11 – ULULATI LONTANI (MA NON TROPPO)
Il lupo è stato protagonista anche quest’estate, tra segnalazione di danni, allarmi più o meno giustificati e prese di posizione più politico-elettorali che tecniche. La diffusione del predatore è indubbiamente sentita come un problema da parte degli allevatori e da chi vive in montagna, ma va affrontata e non demonizzata. Siamo di fronte a un fenomeno del tutto naturale che non danneggia gli ecosistemi montani, ma semmai li completa: bisogna gestire questa nuova presenza studiando e monitorando la realtà, informando correttamente e agendo con la massima collaborazione fra le parti in causa. La tematica “grandi carnivori” è ben chiara al Cai che ha riconosciuto l’apposito Gruppo di lavoro a livello centrale sotto il diretto controllo del CDC. L’azione svolta dai nostri volontari nel 2017 ha visto oltre 30 esposizioni della mostra Presenze Silenziose – ritorni e nuovi arrivi di carnivori nelle Alpi, con più di 5000 visitatori, un convegno a livello nazionale, numerose conferenze nelle singole sezioni, un opuscolo divulgativo, comunicati stampa e la disponibilità di 52 soci nel Veneto per aiutare gli allevatori con le pratiche di prevenzione. Un gran lavoro diffuso sul territorio, non solo pro-lupo ma pro-montagna. Una strada lunga e in salita, ma affrontata con l’impegno e la passione che solitamente ci contraddistingue.
2017-10 – VERSO L’AUTUNNO
Dopo un inverno e una primavera a dir poco anomali, il 2017 è proseguito con un’estate difficile, dove il caldo torrido si è alternato a eventi meteorologici improvvisi e devastanti, specie in montagna. Incendi e frane hanno avuto effetti sempre pesantissimi, mentre quel po’ che resta dei ghiacciai si è ulteriormente ridotto. Aggiungiamo agricoltura e alpicoltura messe in ginocchio e il quadro è davvero disperante. Sono sempre più evidenti le oggettive difficoltà di gestione del territorio montano in un contesto ormai cambiato, mentre sono ancora da capire le competenze tecniche rimaste, dopo le tante riforme degli enti gestionali. Forse il 2017 resterà negli annali come un anno maledetto e unico (speriamo!) ma i molteplici campanelli d’allarme devono essere ascoltati: occorre ripensare seriamente al nostro modo di gestire la montagna, cercando di individuare nuove misure per affrontare scenari sempre più definiti e inquietanti. Serve una politica a 360° da realizzare attraverso il coordinamento tecnico delle competenze esistenti ma anche mediante un dibattito culturale su problematiche e risorse. Prima delle piogge autunnali… se arriveranno.
2017-09 – SE IL TURISMO È SEMPRE PIÙ SOSTENIBILE
Gruppi di escursionisti e camminatori dilagano sulle antiche vie e sui nuovi sentieri del nostro Paese, cooperazioni per alberghi diffusi stanno cercando di recuperare e valorizzare i vecchi borghi e luoghi storici, villaggi montani vengono strutturati a misura di escursionisti e alpinisti. Insomma, sempre più gente avverte il bisogno di riscoprire e supportare la nostra antica attitudine al camminare e al muoversi liberamente nell’ambiente senza mezzi motorizzati. Un turismo sostenibile tra natura e cultura, che serve anche a far ripartire il martoriato Appennino centrale, ricreando quell’economia di base necessaria per le attività del territorio (a partire da agricoltura e allevamento) secondo principi non invasivi dell’ambiente, naturale o sapientemente modellato dall’uomo. Nascono in tal senso idee coraggiose e impensabili fino a qualche anno fa, come ad esempio la chiusura frazionata dei passi dolomitici al traffico motorizzato o la proposta ristrutturazione del comprensorio del Rolle con il quasi abbandono dello sci alpino. Tutti segnali positivi che vanno sostenuti, che richiedono pochi investimenti, molta attenzione, un competente discernimento e soprattutto un impegno di squadra dove il Cai può portare la sua esperienza di formatore e informatore. Un’esperienza concretizzata nella gestione della rete sentieristica e nella miriade di momenti culturali legati al territorio.
2017-08 – CENTRO ITALIA, SI RIPARTE
Nella zona del cratere si riparte dalla montagna, come sempre. Come ogni volta dopo un terremoto o un disastro, si riparte dalle cose che rimangono. E la montagna, sia pure ferita, c’è. C’è con la sua durezza e con la sua bellezza, c’è con le sue ricchezze ambientali e con le sue difficoltà, c’è con la sua storia millenaria di convivenza e lotta che ha fatto fiorire civiltà e cultura. Una storia che è stata fatta anche da eventi disastrosi come i terremoti. Ecco quindi che la ricostruzione deve ripartire anche dal paesaggio e dalle attività che lo definiscono (allevamento, agricoltura, selvicoltura, siti e presidi culturali). Deve ripartire dai Parchi, dalle aree protette e dal patrimonio culturale, che costituiscono la rete su cui turismo e attività produttive dovranno di nuovo inserirsi, recuperando quanto di valido è stato fatto negli anni scorsi. Nonostante tutte le difficoltà e i ritardi, le sofferenze ancora presenti, la ricostruzione di questa parte d’Italia è possibile su queste basi che già il Cai, nel suo piccolo, ha fatto e fa proprie.
2017-07 – UNA NUOVA VITA PER I PARCHI?
Una nuova legge per i Parchi, voluta anche da chi i parchi li gestisce (Federparchi) e a cui il Cai ha dato un contributo importante con osservazioni e proposte, durante il suo Iter parlamentare. Una buona legge? Molte critiche sono state sollevate, forse non considerando il fatto che comunque le modifiche erano necessarie per una migliore funzionalità delle strutture e per un necessario adeguamento alla normativa europea. I rischi paventati da una svendita dei principi di conservazione a interessi economici locali sono, in realtà, gli stessi già visti (e vissuti) anche nel passato e non dipendono dalle leggi ma dallo spirito con cui il Parco viene visto e percepito. Questo rimane il punto fondamentale: per il Cai, ora come nel 1991, le aree protette sono l’Asset primario della gestione del territorio e indietro non si torna. L’impegno dell’associazione è e sarà di far sì che, superando ogni conflittualità, questo concetto diventi sempre più patrimonio condiviso di tutti gli stakeholders interessati.
2017-06 – IL “DILEMMA” DEI GRANDI ELETTRODOTTI
Da quando Terna Spa sta svolgendo il suo ruolo strategico di razionalizzazione e coordinamento della rete di trasmissione elettrica italiana e delle interconnessioni verso la rete europea, come previsto dalle indicazioni Ue e dalla Legge nazionale (n. 99 del 2009), si sono levati diversi allarmi per l’ambiente, specialmente nelle zone montane interessate dai nuovi grandi elettrodotti.
È innegabile che questi possano creare un impatto visivo non trascurabile nell’ambiente montano. Va però ricordato che tali opere a volte sostituiscono la preesistente rete passante sui fondovalle urbanizzati, seguendo criteri più attenti all’ambiente e su tracciati di minor impatto per le popolazioni residenti. Le nuove realizzazioni renderebbero più economici e sicuri gli scambi energetici internazionali, riequilibrando gli ormai potenti flussi di energia non programmabili delle fonti rinnovabili. Inoltre, con tecniche più moderne, si punta a ridurre le perdite d’energia, l’inquinamento elettromagnetico e le probabilità di guasto. Con questi parametri (e considerando che l’eventuale interramento delle linee montane avrebbe impatti e costi enormi) può anche darsi che il sempre atteso bilancio tra costi e benefici, economici e ambientali, possa essere accettabile e conveniente. Purché, ovviamente, siano accolte le ragionevoli e puntuali osservazioni delle popolazioni e degli enti locali, in un’applicazione corretta della Vas e Via connesse ai vari interventi.
2017-05 – UNA SETTIMANA PER LA SOSTENIBILITÀ
L’European Sustainable Development Week (Esdw), che si svolgerà dal 30 maggio al 5 giugno 2017, è un’iniziativa europea per promuovere tutte quelle attività che possono concorrere allo sviluppo sostenibile. In particolare, il focus è sui 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, tutti più che ambiziosi, ma fondamentali per dare un futuro al nostro pianeta. L’evento di quest’anno è particolarmente significativo per l’Italia, che è impegnata nella redazione della propria Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e che presenterà il percorso di attuazione di Agenda 2030 al prossimo High Level Political Forum (Hlpf), presso le Nazioni Unite. La montagna (e chi la vive) deve e può giocare la sua parte: in fondo le terre alte sono il laboratorio dove da più tempo si cerca di dare risposte concrete ai ricordati obiettivi “impossibili”. Con fatica e con fallimenti ma con anche tante validissime esperienze positive, spesso esemplari per altri contesti. E se gli obiettivi sono “alti” chi meglio dei soci Cai, abituati a sognare l’impossibile e a lottare per realizzarli?
2017-04 – OMBRE (IM)PERFETTE
Uno spettro si aggira sulle Alpi (e l’Appennino)! È il fantasma dell’impianto di risalita perfetto e risolutivo, il progetto magico di collegamento capace da solo di portare migliaia di turisti e ricchezza indicibile nelle valli interessate. In questo modo viene descritto anche l’impianto di attraversamento del vallone di Cime Bianche in Val d’Ayas, un collegamento sciistico che sembra proprio pensato per distruggere uno degli angoli ancora intonsi di quell’area. Amministratori, politici e progettisti continuano a vedere solo queste soluzioni ma non fanno mai i conti con la realtà: danni ambientali irreversibili, calo della neve e dei flussi turistici e costi di gestione altissimi rendono insostenibili anche economicamente queste proposte. Basta allora con la vana illusione di una ripresa del comparto sciistico ormai in crisi ovunque! Se si vuole investire sulla montagna, bisogna partire da un lavoro profondo di conoscenza del territorio, per evidenziare criticità e punti di forza ma anche la ricchezza culturale e ambientale già presente; e su queste conoscenze vanno inventate idee nuove da portare avanti con coraggio e con la partecipazione di tutti, premiando soprattutto chi già faticosamente cerca di coniugare sostenibilità ambientale e sviluppo. Basta con i fantasmi!
2017-03 – FUORI DAL TUNNEL
Lo scorso 11 dicembre è entrato in funzione il tunnel ferroviario di base del San Gottardo e vale la pena ricordare alcuni passaggi chiave nella realizzazione di quest’opera. Il progetto è stata preceduto da un referendum tra le popolazioni interessate per verificarne il gradimento (oltre il 60% dei consensi). Un accurato studio geologico e ambientale del massiccio da perforare ha evidenziato sia le criticità da prevenire, sia le necessità di depurazione degli inquinanti di lavorazione nonché i sistemi di recupero della enorme quantità di materiale di scavo proveniente dai 57 chilometri di galleria. In un’ottica di valenza turistica, è stata realizzato un collegamento fra la stazione intermedia della galleria e il soprastante centro di Sedrun, per connettersi alla ferrovia delle Alpi svizzere. Il progetto ha previsto un accurato piano finanziario e un puntuale sistema di controllo degli appalti e dell’avanzamento lavori, con penalizzazione dei ritardi
Il risultato raggiunto, con quasi un anno di anticipo sulle previsioni, permette l’attraversamento ferroviario delle Alpi ridotto di mezz’ora per 50 treni passeggeri e 160 treni-merci (saliranno a 210 con l’altro tunnel di base del Monte Ceneri) al giorno. Ciò consentirà il trasferimento obbligatorio del traffico merci transalpino su ferrovia, riducendo tempi, emissioni e impatto ambientale, nel rispetto del Protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi. Un ottimo risultato strategico, realizzato in modi esemplare. Possibile solo in Svizzera?
2017-02 – MONTANARI SI DIVENTA?
Anche nei comuni montani, l’arrivo dei profughi immigrati viene vissuto tra slanci di grande solidarietà, preoccupazioni e proteste. Eppure, oltre all’esigenza concreta di aiutare chi è in grave difficoltà, va ricordato che l’immigrazione è stata nei secoli passati, ma anche negli anni più recenti, una realtà importante per la montagna italiana: sono infatti molte le zone dove si sono insediati immigrati senza grandi drammi o problemi, anzi permettendo il mantenimento delle realtà produttive e riducendo lo spopolamento di diverse valli. Esempi efficaci di integrazione esistono e suggeriscono che una possibile strategia di convivenza e crescita comune è possibile e potrebbe migliorare il futuro del territorio montano, sempre più in bilico verso l’abbandono e lo spaesamento. Certo, non è facile orientare e guidare un eventuale ripopolamento delle terre alte: di fatto il ritorno attuale interessa principalmente le valli prossime alle città industriali, destinate forse a diventare un’estesa e problematica periferia. Ma un’efficace strategia per le aree interne, attenta a garantire servizi adeguati e riequilibrio territoriale, dovrebbe considerare il valore più che la problematicità dell’immigrazione.
2017-01 – TERRAZZE SUL FUTURO
Il III Congresso Mondiale dei Paesaggi Terrazzati ospitato dal 6 al 15 ottobre a Venezia, Padova e in alcune località terrazzate italiane ha centrato gli obiettivi che si era preposto, ricapitolati nel “Manifesto italiano delle aree terrazzate”. Da testimonianza del passato i paesaggi terrazzati assumono ora un valore che racchiude cultura, natura e presidio del territorio, a disposizione delle generazioni future. Si è presa coscienza della loro presenza e diffusione che va dai famosi terrazzamenti del Brenta e delle Cinque Terre a quelli meno noti della Maiella e di Quintodecimo di Acquasanta Terme, salvatosi negli ultimi tragici terremoti. È emerso il ruolo centrale dei coltivatori, presenti oggi con nuove tecniche nel rispetto della biodiversità coltivata mentre si riaffaccia l’arte dei muri a secco con il recupero delle competenze manuali. Le associazioni sono i preziosi mediatori culturali con popolazioni ed Enti per conservare questi paesaggi; tra esse il CAI ha manifestato il suo impegno efficace attraverso il Gruppo Terre Alte CSC nell’azione di monitoraggio, ricerca e di organizzazione dell’appuntamento, e con la CCTAM, presente nelle diverse fasi e nel sostenere le necessarie azioni di tutela e pianificazione per inventare il futuro di questo enorme patrimonio.
2016-12 – L’AGRICOLTURA CHE VERRÀ
Ci sarà un’agricoltura nella montagna del futuro? Ci saranno agricoltori di montagna? E di conseguenza, ci sarà ancora la montagna come siamo abituati a vederla? Le ombre sono tante con situazioni diverse: dall’agricoltura ormai intensiva e industriale in alcune aree a quella legata ai prodotti di pregio e di nicchia, a cui si affianca una zona ampia e grigia dove prevale l’abbandono e l’inselvatichimento del paesaggio. I problemi sono noti: dimensioni aziendali, difficoltà ambientali e climatiche, scarsa produttività, lontananza dai mercati, assenza di servizi adeguati, eccessiva burocrazia, mancanza di adeguata assistenza tecnica, carenza di ricerca e sperimentazioni e anche problematicità dei selvatici (non solo lupo ma anche cinghiali e caprioli!). Un’agricoltura che invecchia rapidamente e che fa fatica a volte a trovare ricambio generazionale. Problemi grossi ma che si possono affrontare con una concertazione comune e con uno sforzo condiviso: più ricerca, più assistenza, più associazionismo, più qualità della vita, più specificità dei prodotti con valorizzazione della biodiversità varietale, e, infine, più convinzione sul vero punto di forza della produzione montana: la naturalità, animali selvatici compresi!
2016-11 – IL LUPO E L’AGNELLO…
… pascoleranno insieme!? Certamente! La speranza espressa nella Bibbia (Is 65, 25) può essere alimentata da tutti noi, anche dopo una calda fine estate in cui le associazioni di allevatori giustamente hanno portato sui media le loro problematiche puntando il dito contro i danni provocati dai lupi. Il problema è reale, ma va affrontato cercando nell’antico lavoro dei pastori nuove prospettive di sviluppo e di crescita in e per la montagna. Il progetto Wolfalps ha anche questo scopo. Alcuni se la sono presa con il ruolo svolto dal CAI, arrivando addirittura a sostenere la responsabilità dell’Associazione nel ritorno del lupo e fraintendendo lo scopo del progetto. Allora è necessario ribadire con chiarezza alcuni punti: il ritorno del lupo è una dinamica del tutto naturale; la sua presenza completa quel concetto di naturalità e di equilibrio ecologico su cui tanto si è puntato negli ultimi anni per rendere appetibili al mercato i prodotti dell’agricoltura di montagna; non è il problema per l’alpicoltura ma uno dei problemi; sicuramente è un cambiamento, di per sé rilevante e da gestire insieme.
Ma incolpare il progetto che cerca soluzioni condivise e l’associazione che più si sta impegnando per questo, non è il modo migliore per riuscire in una possibile impresa… biblica! Da raccontare ai posteri.
2016-10 – FER!
Il ritardo, di un anno e mezzo, del DM 23.6.2016 (incentivazione alle rinnovabili diverse dal fotovoltaico) la dice lunga sulle difficoltà tecniche ed economiche in cui il Governo deve agire in seguito al recente abnorme sviluppo super incentivato della produzione elettrica da fonte rinnovabile (FER). Basti dire che l’Italia, prima in Europa, ha raggiunto già nel 2012 l’obiettivo UE al 2020 dei consumi finali lordi di energia elettrica coperti da FER, impegnando notevoli risorse economiche ma anche ambientali. Ciononostante, il decreto prevede ulteriori incentivi per FER elettriche, che potranno indurre altro marginale sviluppo idroelettrico. Questa nuova incentivazione, aperta ad un settore che ha già imbrigliato la quasi totalità delle acque montane (18.500 MW già installati) non lascia tranquilli, neanche se si considerano le limitazioni ambientali e finanziarie previste dallo stesso DM. Forse, visti i risultati raggiunti, sarebbe opportuno evitare ulteriori sacrifici alla montagna, girando le risorse ancora disponibili sul risparmio ed efficientamento energetico negli edifici e altri settori ancora sofferenti.
2016-09 – “E DOPO 9 MESI…”
… di solito nasce nuova vita, almeno secondo i canti di montagna… Però passati 9 mesi dalla conferenza di Parigi COP21 che tante speranze ha suscitato, si fa ancora fatica a vedere qualche “figliolo” adatto alla realtà della montagna. In parte perché la specificità montana è stata trascurata già in sede di dibattito, in parte perché ancora latitano le misure applicative che i singoli stati e la Unione Europea devono prevedere e provvedere. Eppure la montagna è in prima linea sul fronte del climate change e sta mutando rapidamente con impatti ben noti che vanno dall‘assetto del territorio alla tenuta dell’economia sia turistica che tradizionale. Una montagna che è già pronta con i suoi progetti e le sue esperienze per diventare completamente decarbonizzata ben prima del 2100 ma che rimane sempre in secondo piano rispetto alle strategie legate alle grandi realtà urbane. C’è bisogno che i veri amici della montagna facciano sentire la propria pressione per fare della nostra amata Cenerentola la vera Regina della sostenibilità anche climatica!
2016-08 – SOGNO DI MEZZA ESTATE?
Un borgo abbandonato ed un barcone carico di migranti: sono le due immagini forti che caratterizzano l’estate anche di chi è scappato in montagna per le proprie meritate ferie. Le problematiche mondiali di sottosviluppo, povertà e guerre che stanno alla base dei nuovi enormi flussi migratori non sono sicuramente risolvibili dai soci CAI, così come di fatto poco riusciamo fare contro l’evidente abbandono che ormai caratterizza molte valli della montagna italiana. Non possiamo però restare solo attoniti spettatori, vista anche la grande capacità di solidarietà dimostrata in tanti contesti dalla nostra Associazione. Perché non proporre ai richiedenti asilo, in regola con i loro documenti, di stabilirsi in zone semi abbandonate sulla base di progetti concreti finalizzati al loro rilancio, nel pieno rispetto delle valenze ambientali e della tipicità che le caratterizza? Ovviamente stimolando le istituzioni locali e supportandole col volontariato. Se ne è parlato già in diversi sedi e alcune Regioni sembrano già orientate in questo senso, ma rimarrà solo un sogno di una notte di mezza estate?
2016-07 – ROMBA IL MOTORE… DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE?
Secondo le stime CIPRA, circa il 30% delle emissioni di gas serra nelle regioni alpine è dovuto al traffico veicolare. Non poco e fa pensare, vista anche l’esperienza comune nelle giornate estive di code e parking selvaggio in molte località alpine, con più autoveicoli che pedoni. Tanti saluti all’”aria buona di montagna” e tanti “piccoli” problemi accessori legati al consumo di territorio e al degrado delle aree urbane (strade, tunnel, parcheggi ecc. per reggere il carico eccessivo concentrato in poche settimane). Il problema è noto e regolarmente rispunta sui giornali con richieste di transito controllato o di pedaggi obbligatori. Anche in questo caso la soluzione sta nel buon senso e nelle scelte personali di ciascuno di noi: uso dei mezzi pubblici, carsharing, percorsi e tempistiche intelligenti, contando sull’aiuto di amministrazioni attente a una mobilità sostenibile. Sensibilizzare i propri Soci e le Sezioni a una mobilità consapevole negli spostamenti individuali e a un comportamento virtuoso in tal senso nell’organizzare le proprie attività. Ricordiamoci di questo impegno previsto dal Nuovo Bidecalogo prima di avviare il motore!
2016-06 – UIAA RESPECT THE MOUNTAINS… E IL CAI PURE!
Il CAI è ben conscio dei possibili danni ambientali che le attività svolte in montagna possono causare e ha dedicato a questo problema dieci punti del bidecalogo, per darsi regole chiare e condivise. L’andare in montagna col minimo impatto ambientale è anche l’obiettivo lanciato a livello internazionale dal progetto UIAA respect the mountains, basato su 7 semplici punti: scegliere con intelligenza periodi e località, usare saggiamente i mezzi di trasporto, sostenere le scelte di sostenibilità locale, essere rispettosi e responsabili, non lasciare tracce, ridurre, riusare, riciclare e recuperare, educare ed informare. Ben volentieri il CAI ha aderito e nell’ambito del Corso 2016 per Operatori Nazionali Tam ha inserito la giornata UIAA, coinvolgendo in primo piano CAI Abruzzo e operatori Tam. L’evento si svolgerà il 3 luglio nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Un giorno di pulizia, di gioco ed educazione ambientale, per aprire una intera stagione di sostenibilità e rispetto!
2016-05 – VERSO UNA MONTAGNA SENZA GESTIONE?
Prima le Comunità montane, poi le Province, ora il CFS… la sparizione degli enti preposti alla gestione del territorio montano prosegue inesorabile. Al di là degli anche condivisibili obiettivi di riduzione delle spese, sorgono dubbi abbastanza forti sugli effetti nel breve e nel lungo periodo di questa “semplificazione” che finisce per aprire un vuoto evidente, a cui vanno aggiunte anche le difficoltà di parchi ed aree Protette. Pianificazione, gestione, monitoraggio sono passi fondamentali per realizzare la conservazione dei beni naturali, culturali e sociali della montagna. Ma occorrono tecnici preparati in grado di comprendere la montagna a 360° nonché strategie chiare e condivise, realizzate sul campo da strutture adeguate. Questo è stato il ruolo svolto dal CFS fin dalla legge forestale del 1923 ed i risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti. Sparendo gli enti, latitando le strategie, quale sarà la sorte di esperienze e competenze acquisite? Non di soli carabinieri e poliziotti potrà vivere la montagna.
2016-04 – MACROREGIONE DELLE ALPI?
Il cammino verso la macroregione alpina procede relativamente spedito ottenendo ormai numerosi consensi a diversi livelli. Qualche dubbio però occorre porselo: ha davvero senso per il bene delle Alpi una Strategia Macroregionale con tante zone di pianura dove esistono città enormi come Milano e Monaco? Peseranno di più i 70 milioni di abitanti dei territori considerati afferenti all’arco alpino o i 14 milioni di residenti nelle Alpi? Se da una parte è soddisfacente il riconoscimento della centralità delle Alpi, la sola forza dei numeri fa temere un ruolo ben diverso per la montagna ed i suoi abitanti. Ed in questo contesto quanto conterà la Convenzione delle Alpi, peraltro ormai nel diritto europeo, come matrice comune? Prevarranno le nebbie inquinate della produttiva pianura padana o le esigenze di conservazione e di tutela di un territorio già minacciato da cambiamenti climatici e sociali? La risposta sincera a queste domande è d’obbligo prima di ogni decisione sulla Macroregione alpina.
2016-03 – MAB VERSO UN NUOVO PIANO DI AZIONE
Con gli ultimi tre riconoscimenti dell’autunno scorso sono ormai 13 le aree MAB (Man and the Biosphere) dell’Unesco sul territorio italiano, 651 in 120 paesi quelle totali. Il programma nato negli anni Settanta mira a migliorare il rapporto uomo e ambiente, combinando le conoscenze naturalistiche, sociali ed economiche in pratiche di sviluppo realmente sostenibili. Le aree riconosciute finora rappresentano territori dove questo è stato perseguito e significativamente, pur partendo da aree protette, vedono un coinvolgimento maggiore di territorio e abitanti. Nel convegno che si terrà a Lima in questi giorni, ci si porrà l’obiettivo di fare tesoro delle esperienze positive premiate dal riconoscimento e di elaborare nuove strategie per il prossimo decennio: un’occasione ghiotta per ribadire il ruolo centrale delle aree protette nel definire e nell’indirizzare lo sviluppo di tutto il territorio nel rispetto e nella conservazione della biodiversità. La sostenibilità è realmente possibile! en.unesco.org/events/4th-world-congress-biosphere-reserves
2016-02 – OLTRE LA NEVE!
Il novembre più caldo e secco dell’ultimo secolo, un dicembre bellissimo ma senza nevicate. Anche quest’inverno sembra confermare gli scenari più pessimistici sul futuro della neve e del turismo ad essa legato. Le indicazioni che emergono da studi come quello su “Il futuro del Turismo trentino” commissionato dall’Accademia d’impresa della Camera di Commercio di Trento, sottolineano come sia già necessaria la riconversione delle stazioni sciistiche situate alle quote più basse, ripensando completamente la loro offerta turistica in cui lo sci dovrà diventare uno dei tanti servizi offerti, con alternative più appetibili e meno costose. E con quest’andazzo climatico non è certo opportuno rincorrere improbabili paradisi sciistici ad alta quota, su quel che resta dei ghiacciai e dell’ultima riserva di acqua dolce. Occorrono nuove vie e nuove idee, un turismo diverso: più dolce, più accessibile e più economicamente sostenibile, come da sempre sostenuto dal CAI. In attesa che quanto deciso a Cop21 si dimostri effettivo ed efficace.
2016-01 – CIBO = ENERGIA!
Il risparmio e l’efficienza energetica, con positive ripercussioni ambientali, possono derivare dalla riduzione dello spreco di cibo, assai diffuso nei paesi più sviluppati, e da un orientamento dei consumi verso prodotti agricoli caratterizzati da elevati rendimenti nella conversione fotochimica dell’energia solare e verso produzioni zootecniche richiedenti bassi consumi energetici. Dati e ricerche in tal senso sono stati presentati all’EXPO di Milano, e lo sviluppo dell’argomento è previsto ad EXPO 2017 di Astana in Kazakhstan, che avrà come tema “Future Energy”. I risultati di tali iniziative dovrebbero indurre una politica energetica più attenta anche nel mondo agricolo e zootecnico e ribadire il ruolo che ben orientate abitudini della società civile possono svolgere per un uso consapevole delle fonti energetiche. Niente di nuovo per chi conosce la montagna, la sua storia e la sua economia, ma forse un buon incentivo per rilanciare queste abitudini e valorizzarle come esempi positivi e, a volte, virtuosi.
2015-12 – UN NUOVO CLIMA PER LA MONTAGNA… E NON SOLO!
La montagna è la prima vittima del cambiamento climatico, con effetti che ormai vanno oltre la sparizione dei ghiacciai ma coinvolgono ogni aspetto ambientale con riflessi sempre più spinti anche su sicurezza ed attività umane. L’Alleanza per la montagna siglata fra gli altri anche dal CAI è l’ennesimo tentativo per provare a cambiare rotta, e dimostra come ormai si sia creata una sensibilità più condivisa su queste problematiche anche nel campo politico ed amministrativo. È il momento perciò di concretizzare questa consapevolezza in una strategia ad ampio raggio che tocchi ogni aspetto e che riprenda in mano e definisca in dettaglio la pianificazione e la gestione del territorio montano: cosa fare, dove fare, come fare e chi deve fare. Di fatto, si tratta di reinventare l’economia della montagna, ponendo al centro proprio il turismo sostenibile, da sempre il nostro cavallo di battaglia. Un impegno grosso, che richiederà la presenza attiva del CAI su tutti i tavoli dove si cercheranno le migliori soluzioni.
2015-11 – OLTRE L’ABBANDONO
Un rudere nel bosco, dei muri a secco sgretolati, una baita crollata, un alpeggio deserto… tanti sono i segni dell’abbandono della montagna, segni di una storia e di una civiltà scomparse come i loro protagonisti. È triste pensare al secolare duro lavoro di generazioni, considerato superfluo da un evoluzione della società che ha di fatto dimenticato le terre alte; eppure si tratta di un patrimonio che ha costituito e costituisce garanzia irrinunciabile per il mantenimento di un corretto equilibrio sul delicato ecosistema della montagna.
Oggi non si può sperare che la montagna resti in piedi da sola, specie in un contesto vulnerabile come è quello del nostro territorio montano, reso ancora più fragile dai mutamenti climatici che moltiplicano gli eventi eccezionali.
Che strategia, che politica, che gestione si prospettano per quella gran parte della montagna appenninica ed alpina dove l’abbandono appare l’unica realtà?
C’è bisogno di nuove idee e di una strategia globale con scelte coraggiose, che vadano oltre alle buone ma sporadiche iniziative locali. Ma chi ci sta pensando?
2015-10 – 20 PUNTI PER IL FUTURO!
Ai soci CAI, ai titolati, ai dirigenti sezionali il compito di leggere e fare proprio il Nuovo Bidecalogo del CAI, il codice di autoregolamentazione e di comportamento nei confronti dell’ambiente montano approvato dall’Assemblea dei Delegati nel 2013! Il documento è così importante che dovrebbe innervare ogni attività individuale e collettiva nel CAI, ma l’impressione è che ancora non contrassegni pienamente il comune sentire del nostro Club. Non è sufficiente la comunicazione a far conoscere queste norme di autodisciplina, aggiornate nel 2013, ma sostanzialmente adottate già dal lontano 1981: servono buone pratiche. Nei campi di attività il bidecalogo suggerisce approcci propositivi per “fare insieme” la montagna del futuro, una montagna dove chi ci vive e chi la frequenta sono entrambi responsabili di una gestione davvero sostenibile: 20 punti per la nuova montagna! Leggiamolo e facciamolo nostro guardando anche a quanto indicherà il 100° Congresso nazionale di ottobre su “etica e volontariato”.
2015-09 – UN MURETTO (A SECCO) E’ PER SEMPRE?
Muri a secco nel bosco, un versante gradonato, un reticolo di campi o di vigneti sul pendio: il paesaggio terrazzato racconta la storia e la cultura di tutte le popolazioni montane in giro per il mondo. Un tentativo riuscito di combattere la forza di gravità e di trasformare l’inaccessibile in una terra di mezzo tra piano e monte. Un paesaggio terrazzato è armonia tra orizzontale e verticale, è mediazione tra valenze ecologiche, protettive e produttive ma anche estetiche ed etiche. Ma è anche simbolo di fragilità, di una montagna che ha bisogno dell’uomo, a sua volta tentato dall’abbandono. È il passato, ma può essere ancora il presente ed il futuro? Il progetto Livingstones seguito dal CS del CAI mira ad individuare i casi positivi in Italia di buone pratiche per il mantenimento di questa realtà polifunzionale e sarà oggetto dell’Aggiornamento per operatori TAM-CSC il 3 – 4 ottobre. Un impegno di ricerca per arrivare preparati al 3° Incontro Mondiale sui Paesaggi Terrazzati che si terrà in Veneto nell’ottobre 2016, un modo per capire se le scelte del passato possono essere ancora vincenti per il futuro.
www.caicsc.it/progetti-attivita/progetto-living-stones.html
2015-08 – UN FUTURO DIVERSO PER LE ALPI APUANE?
Le Alpi Apuane sono un paradigma dell’Italia: uniche nelle proprie eccellenze e bellezze, uniche nei rischi e nelle problematiche. È qui presente il conflitto tra la salvaguardia di un patrimonio naturale esclusivo e fragile e lo sfruttamento pesante del territorio, letteralmente fatto a pezzi dall’estrazione marmifera seguendo l’unica prospettiva del guadagno immediato. Una convivenza quasi impossibile tra Parco e interessi economici, locali e non, con uno scontro che divide e di fatto immobilizza l’intera area impedendo una crescita reale. Una storia che si trascina da decine d’anni, ma che forse è giunto il momento di cambiare. Può esserci un futuro diverso delle Apuane? Possono queste montagne così particolari diventare il laboratorio di un’altra montagna, dove sostenibilità e sviluppo riescano a convivere, in forme diverse ed innovative, anche con legittimi interessi economici?
A queste domande cercherà di dare risposta l’aggiornamento nazionale per operatori TAM/NC che si svolgerà il 3-4 ottobre a Massa. Perché, forse, delle nuove Apuane sono possibili, a patto di non perdere prima quelle vecchie.
2015-07 – UNA CONVENZIONE, UNA MACROREGIONE
A livello europeo si sta discutendo su nuove strategie macroregionali, dopo quelle adottate per l’area baltica (ottobre 2009) e per il Danubio (giugno 2011): le macro-regioni si configurano come aree caratterizzate sia da debolezze che da opportunità comuni, in cui si ritiene opportuno investire fondi e risorse prioritarie.
Queste strategie si basano sul Trattato UE che individua la coesione territoriale come uno dei principali obiettivi politici europei, indicando direttamente nell’art. 174 le regioni montane. In questo contesto le Alpi costituiscono un territorio molto adatto a una strategia macroregionale: oltretutto, grazie alla Convenzione delle Alpi, esiste già (un unicum in tutta l’Europa) uno strumento di diritto internazionale vincolante con indicazioni gestionali condivise. Insomma, le premesse per avere finalmente una strategia politica dedicata esclusivamente alla montagna alpina sembrano ottime. Monaco e Milano permettendo.
2015-06 – UNA “NUOVA” MONTAGNA TUTTA DA INSEGNARE
Tra i problemi della montagna c’è la perdita di cultura e di conoscenze del territorio, che interessa soprattutto le attuali generazioni adulte. Grande è perciò il bisogno educativo di quelle giovani, soprattutto in età scolare. Il CAI (che già rivolge i suoi corsi alle persone adulte) si rivolge ai giovani sia attraverso l’attività delle sue sezioni, sia collaborando con le Scuole. Il Protocollo d’intesa del 2012 tra CAI e Ministero dell’Istruzione (MIUR) prevede l’impegno condiviso per “divulgare nel mondo della Scuola percorsi di formazione, favorire modalità di frequentazione consapevole dello spazio montano, attivare ampia e proficua collaborazione per l’educazione alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile”. Un obiettivo strategico che dobbiamo continuare a perseguire: non mancano né l’esperienza, né la fantasia, né la capacità. Nel 2014 il CAI è inoltre diventato ente accreditato per la formazione dei docenti ai quali si rivolge con Corsi nazionali in ambiente.
Perciò diamoci dentro!
2015-05 – FONTI D’ENERGIA RINNOVABILI: SI, MA CON DISCERNIMENTO.
L’ennesima collina “solarizzata” o una torre eolica abbattuta a terra da raffiche di vento (Cilento febbraio 2015) non fanno più notizia. Nemmeno si evidenzia come la producibilità specifica media degli impianti eolici italiani (intorno a 1600 Wh/W = ore anno a P nominale) confermi che la ventosità turbolenta e incostante della nostra penisola non è confacente ad una sostenibile elettroproduzione eolica. Né fa notizia che le produzioni eolica e fotovoltaica, nate disordinatamente sul territorio, stanno destabilizzando l’equilibrio gestionale delle reti elettriche, producendo, come da recenti delibere dell’Autorità per l’Energia, la necessità di impianti di accumulo delle sovrapproduzioni non programmabili, con ulteriori ripercussioni economiche e ambientali.
Le FER sono sicuramente il nostro futuro, ma necessitano di una seria valutazione costi/benefici, visti i problemi economici e gestionali e gli effetti sull’ambiente, specie montano. C’è bisogno di capire e di discutere e il CAI non si tira indietro, portando il suo piccolo contributo con il nuovo quaderno CCTAM n.7 dedicato al tema Energia e Ambiente: buona lettura per un’energia migliore!
www.cai-tam.it/energie-articolo
2015-04 – UNA MONTAGNA DI SERVIZI
I servizi ecosistemici (ossia “i benefici multipli che gli ecosistemi forniscono alla società umana”) sono ormai visti a livello internazionale come elementi essenziali dello sviluppo sostenibile.
Il sistema degli incentivi, la programmazione politica e il contesto economico puntano infatti a considerare sempre più gli impatti ambientali (positivi e negativi) delle differenti attività, favorendo le azioni virtuose volte a garantire il mantenimento di questi “benefit” fondamentali dagli ambienti naturali garantiti.
L’Unione Europea sta indirizzando in questa direzione la sua politica ambientale: ricerca, energia, agricoltura e sviluppo rurale devono convergere sull’incontro di saperi e sulla conservazione di beni essenziali. È una grande occasione per la montagna, da sempre la principale fornitrice di questi servizi, e anche per chi in montagna vive e lavora: è il momento per riconoscere e premiare le molte buone pratiche originate in questo ambiente difficile e che spesso rischiano di scomparire. La montagna, debole come produttività, ritorna fortissima se finalmente si considerano questi aspetti.
Quindi: servizi per tutti, purché ecosistemici!
2015-03 – UNA GIORNATA E BASTA?
Il 22 marzo ricorrerà la giornata mondiale per l’acqua, che si tiene dal 1992. Con questa si chiude anche il Decennio Internazionale dell’acqua 2005-2015. Una bella occasione non solo per la sensibilizzazione sul problema, ma per fare realmente il punto sugli impegni presi dieci anni fa: siamo riusciti a fare passi avanti e a dimezzare entro il 2015, a livello planetario, il numero di coloro che non hanno accesso all’acqua potabile e che non hanno i mezzi per procurarsela?
Accesso, depurazione e gestione oculata delle risorse idriche: come siamo messi? Abbiamo riscontri positivi?
Sappiamo che la montagna è strategica per l’acqua che utilizziamo e che la gestione ottimale di questa risorsa passa per le scelte globali sul territorio.
E in attesa di un protocollo acqua nella Convenzione delle Alpi, aspettiamo buone nuove e qualche indicazione positiva.
Chiediamo fatti concreti e niente retorica, per favore!
2015-02 – LA RETE DEL FUTURO
Forse non ce ne siamo accorti, ma le aree protette (Parchi Nazionali regionali ma anche SIC e ZPS) sono ormai l’asse portante delle nostre montagne: basta guardare una qualsiasi carta che ne riporti i confini per capirne l’estensione e verificarne la continuità su crinali e spartiacque. Lentamente e faticosamente, a partire dalla “mitica” legge quadro del 1991 e proseguendo con le Direttive comunitarie e con le iniziative delle singole regioni, siamo riusciti a costruire anche in Italia un patrimonio notevole di bellezze e ricchezze naturali protette.
La montagna attuale ne è fortemente intrisa e condizionata, generalmente in bene! Certo, problemi, fallimenti ed errori hanno affiancato le molte cose positive, ma il dato di fatto è che una rete di protezione si è stesa in qualche modo sulle nostre montagne. La vogliamo distruggere? O vogliamo ripartire da essa per costruire la montagna del futuro?
Domanda retorica per noi del CAI, un po’ meno per molti altri.
2015-01 – UN’ALTRA NEVE E UN ALTRO TURISMO SONO POSSIBILI!
Più di 5000 firme contro i prospettati impianti di Serodoli: una testimonianza concreta di un rifiuto convinto e diffuso di un modello turistico basato solo sulla proliferazione di piste e impianti, spesso, come nel caso in questione, a scapito anche di Parchi e loro piani di gestione. Continuiamo ad assistere al vuoto riproporsi di schemi economici già superati dalla realtà, ovviamente a finanziamento pubblico e a danno della tutela.
Bisogna dire con forza che i modelli vincenti di turismo sono altri, specie nello spazio montano: la ricerca, lo ha ribadito il convegno SAT del 21 novembre, ci dice che il futuro è dei turisti “modello” 4L, ossia quelli capaci di godere del paesaggio (Landscape), di divertirsi con intelligenza (Leisure), ma anche desiderosi di conoscere la realtà in cui si muovono (Learning) e ben consci dei limiti di fruizione dell’ambiente (Limit). Guarda caso proprio il profilo dei soci CAI! Una consapevolezza diversa, esigenze diverse a cui l’offerta turistica invernale dovrebbe finalmente cominciare a fare riferimento.
2014-12 – RICERCA E MONTAGNA
Come riportato dal numero di «Dislivelli» di ottobre, è in atto un significativo ritorno alla montagna: non più soltanto pendolari dalle città ma giovani che scelgono di costruire la propria vita, lavorativa e non, sulle Alpi e sugli Appennini. Un nuovo montanaro, pieno di idee, con una buona conoscenza della realtà ambientale ma anche del mondo esterno, capace perciò di mediare la tradizione con l’innovazione. Persone che giustamente cercano un reddito, lavorando però sul rispetto e sulla valorizzazione delle peculiarità naturali e produttive e non più sulla loro mercificazione come è avvenuto nei decenni precedenti (vedi il proliferare di stazioni sciistiche!). Forse è presto per dire se è in atto una rivoluzione culturale ma certo le Terre alte potrebbero diventare un vero e proprio laboratorio per una nuova economia e una nuova società. I villaggi degli alpinisti, le tante buone pratiche raccolte dalla Tam e il grande lavoro culturale fatto dal Comitato Scientifico e dal gruppo Terre Alte, dimostrano che per il CAI una nuova montagna basata sulla conoscenza e il rispetto della natura è possibile e… rende! Magari con un aiuto istituzionale come meno burocrazia e più servizi per chi cerca di fare impresa in quota. Un sogno? Ma se gli alpinisti non sapessero sognare.
2014-11 – SOTT’ACQUA
Un’estate più piovosa che mai ha evidenziato ancora una volta come l’acqua sia l’elemento cardine per la gestione del nostro territorio: troppa o troppo poca, usata bene o sfruttata, pericolo immane o fonte di tranquillità. E non è solo un discorso di dissesto idrogeologico ma anche di valore bio-ecologico – acqua fonte di vita – spesso minacciato dall’inquinamento e da un uso eccessivo per fini energetici o di altro tipo. Il nostro futuro (e il nostro presente) dipendono dalla nostra capacità di gestire questa risorsa.
Con l’82% dei comuni a rischio idrogeologico, non dovrebbe sfuggire a nessuno il ruolo strategico di ogni investimento e di ogni progetto sull’acqua. Le normative e le leggi ci sono (ad es. la Direttiva 2007/60 CE sulla pianificazione della gestione dei rischi alluvionali, già recepita dal D.lgs. 49/2010), competenze e conoscenze tecniche anche. Non mancano neanche le regolari grida di allarme e i richiami come quelli molteplici fatti dal CAI e dalle altre associazioni. Ma c’è davvero la volontà di investire senza se e senza ma su “sorella acqua”? Nell’attesa di capirlo, aspettiamo il prossimo temporale…
2014-10 – RICERCA E MONTAGNA
Esiste una ricerca dedicata alla montagna? Si, o meglio, esistono tanti bravi ricercatori che svolgono la loro attività su tematiche del territorio montano, spesso con buoni risultati. Lavori fatti con una cronica scarsità di fondi, ma con tanta passione, correndo anche il rischio di restare intrappolati nella pura accademia, lontano dalla realtà, visto l’attuale sistema di valutazione della ricerca che non premia certo la divulgazione e la comunicazione.
La montagna del futuro (ma anche quella del presente) ha bisogno di questa ricerca, che però deve essere ben collegata alle reali esigenze del territorio: una ricerca quindi capace di intercettare le esigenze di chi la montagna la vive. Ricercatori e stakeholders (enti gestionali, comunità locali ma anche il mondo associazionistico) devono perciò parlarsi e individuare insieme linee strategiche chiaramente finalizzate, su cui collaborare e investire le risorse (poche) e le capacità (tante). Una scommessa decisiva per chi vuole una montagna davvero viva e protagonista.
2014-09 – PER UNA GESTIONE FAUNISTICA
La fauna è la componente più percepibile dell’ambiente montano e di sicuro l’indicatore principale del suo stato di salute.
È chiaro che solo in un territorio salvaguardato in tutti i suoi aspetti si possono garantire una sufficiente biodiversità e una buona coabitazione con l’uomo e le sue attività. Una corretta gestione faunistica deve quindi rientrare in una visione più ampia di pianificazione territoriale e uscire da una sostanziale identificazione con la mera gestione venatoria.
Il messaggio che deve passare ed entrare nella mentalità corrente è quello di una “gestione attiva” della fauna, ma nel rispetto di regole ben precise, coerenti con le più recenti acquisizioni scientifiche, con le Direttive Comunitarie e con la normativa nazionale attualmente vigente, applicata in modo adeguato ma subordinata al conseguimento di obiettivi quali la tutela della biodiversità, l’incentivazione dei corridoi biologici e di Rete Natura 2000 e la redazione e l’utilizzo della Carta della Natura. Questa visione richiede grande senso di responsabilità da parte di tutti: ricercatori, tecnici, appassionati ma anche pescatori e cacciatori, e – infine – i politici e amministratori locali.
2014-08 – LA RICHHEZZA DI BOSCHI E FORESTE
L’ultimo inventario forestale (2006) ha evidenziato la grande superficie forestale presente in Italia e anche il valore qualitativo di questi boschi, ricchi di biodiversità oltre che di biomassa.
10.467.533 ettari, corrispondenti al 34,7% della superficie italiana, ma anche più di metà delle tipologie forestali europee.
Una grande ricchezza, sia economica che ecologica, ovviamente concentrata in massima parte in montagna. Una gestione oculata della multifunzionalità delle foreste è perciò un asset strategico fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio montano: il futuro (e già il presente) sta nella riscoperta del bosco e del legno come fonte di lavoro e di benessere a “chilometri zero” o quasi. I criteri per una nuova economia nel pieno rispetto delle valenze ecologiche esistono già: una selvicoltura “prossima alla natura” e i principi adottati dai sistemi di certificazione (Pefc e FSC). Ma occorrono nuove politiche che riscoprano la dimenticata economia montana e nuovi investimenti. Aspettiamo fiduciosi. www.pefc.it
www.sian.it/inventarioforestale/index.do
www.prosilva.it
2014-07 – TORNANDO IN MALGA
Che sarebbero le Alpi senza gli alpeggi?
Non si tratta solo di salvare l’immagine da cartolina delle malghe che tutti abbiamo nel cuore, ma un modello quasi millenario di gestione del territorio, un economia che può ancora dire molto e un mondo di biodiversità. Ma qual è la reale situazione? L’economia dell’alpeggio è molto precaria e basata anch’essa su contributi pubblici. Però, là dove si è avuto il coraggio di investire in strutture e infrastrutture, di favorire il legame tra produzione diretta e turismo agriturismi e mercati contadini) sono nate realtà interessanti che stanno anche attirando i giovani verso la non facile vita di alta montagna, che stanno permettendo la sopravvivenza di aziende zootecniche e che stanno creando, pur se su piccola scala, posti di lavoro.
Una strategia per il futuro? Un intelligente e sensato investimento che non travolga le realtà esistenti, ma le valorizzi, un delicato equilibrio fra tradizione e tecnologia e una sempre più accentuata tipicizzazione e qualità dei prodotti, con un adeguato sostegno da un mercato aperto e solidale. www.sozooalp.it
2014-06 – 30 ANNI DI TAM!
Beh, trent’anni sono una bella età per una commissione tecnica e trasversale.
Però sarebbe più corretto dire che festeggiamo 151 anni di tutela ambiente montano da parte del CAI. Perché l’attenzione al nostro terreno di gioco e alla sua salvaguardia ha sempre caratterizzato le scelte della nostra Associazione, in modo più o meno efficace.
Un impegno concretizzato dalla TAM, ma che è sempre più patrimonio di tutti i soci, come ben espresso dal nuovo Bi-Decalogo. Una tutela difficile di un contesto in continua evoluzione, dove i rapidi cambiamenti (climatici, sociali, politici…) sono la norma.
Una tutela che richiede le doti proprie di ogni bravo alpinista: conoscenza del territorio e attenzione ai pericoli che lo minacciano, ma anche fantasia, intuito e tenacia per individuare e seguire la via giusta.
Un cammino non facile tra criticità, biodiversità e sostenibilità, ma che come sempre ci apre prospettive affascinanti da vivere insieme nei prossimi trent’anni!
2014-05 – ROMBANO I MOTORI
In garage le motoslitte, atterrati gli elicotteri dell’elisky adesso tocca a quad, moto e fuoristrada. La motorizzazione della montagna è in atto e continua imperterrita. Professionisti, imprenditori privati ed anche Comuni ed Amministrazioni vedono nei mezzi a motore un richiamo interessante, e le attività ad essi legate sono sempre più facilmente autorizzate e pubblicizzate: manifestazioni “motorizzate” come la motocavalcata della Carnia ed il raduno quaddistico a Frabona Sottana si stanno moltiplicando ovunque.
A parte il problema sicurezza sui sentieri, oltre ai danni strutturali ad essi arrecati, ed il grave disturbo provocato dal rumore alla fauna locale, rimane forte un interrogativo etico che dovrebbe coinvolgere ogni persona legata anche professionalmente alla montagna. Ha senso svendere un territorio ricco di natura, storia e cultura come un “non luogo” finalizzato alla prestazione di un mezzo meccanico?
È questo l’approccio consumistico della montagna che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni? Il CAI è sempre stato chiaro su questi temi.
2014-04 – MILLE LUPI SULLE NOSTRE MONTAGNE
Il lupo è ormai una realtà per la montagna italiana con totale di circa 1000 esemplari. Nell’arco di due generazioni (umane), la spontanea colonizzazione della dorsale appenninica si è ormai completata, mentre sulle Alpi l’avanzata continua più a fatica. Benefici e svantaggi da questo ritorno? Di sicuro il lupo è un perno dell’equilibrio ecologico degli ecosistemi montani. Gli effetti positivi della sua presenza (aumento della biodiversità in primis) cominciano ben presto a evidenziarsi sia sulle comunità animali (riduzione del carico degli ungulati e cambiamento della loro etologia) che indirettamente su quelle vegetali (modificazioni alla composizione specifica a causa degli effetti sui pascolatori). Gli svantaggi sono sicuramente legati alla conflittualità con l’allevamento, ma va sottolineato che, dove gli enti preposti hanno agito con tempestività ed efficacia (informazione, rimborsi danni e cani da guardiania), la convivenza è stata resa possibile. I costi economici di questo ritorno? Inferiori a quelli provocati da altre specie più o meno “nocive”: nella sola Emilia-Romagna fagiano e lepre causano ogni anno danni all’agricoltura per più di 500.000 euro rispetto ai 150.000 dovuti al lupo.
Bisogna però che cresca la consapevolezza di questa presenza, simbolo di forza, abilità e condivisione, non più come problema, ma come risorsa e valore.
Per saperne di più: www.canislupus.it
2014-03 – W LA BIODIVERSITA’ MONTANA!
La tutela della biodiversità è ormai una priorità delle politiche di conservazione a livello europeo e mondiale. Molti progetti (www.ipbes.net) sono partiti negli ultimi anni per aiutare governi, ricerca e cittadini, a sviluppare insieme strategie adeguate allo scopo. Brilla però la scarsa attenzione avuta finora per gli ambienti montani. Il CAI ha fatto la propria parte partecipando a tavoli e progetti (tinyurl.com/nkanord) per rammentare che la montagna esiste. Non sarebbe bello se l’Italia, ben poco presente in questo campo, si facesse carico ora di linee specifiche per la tutela dei nostri principali serbatoi di biodiversità (Alpi e Appennini)?
Un modo per valorizzare anche l’ottimo lavoro fatto sul campo dai nostri Parchi e riserve e per far decollare i diversi progetti di rete ecologica già attivati in alcune Regioni come Trentino e Marche.
In fondo perché non provarci? Le montagne le abbiamo…
2014-02 – CINQUE AUSPICI PER LA MONTAGNA
L’inverno è nel suo pieno e, tra una ciaspolata e l’altra, qualche pensiero va a ciò che potrebbe sbocciare a primavera, ovviamente se -la semina sarà stata fatta bene.
1. Avrà riscontro la lettera delle Associazioni di fine novembre con cui si richiede un investimento serio nella gestione del territorio?
2. Riuscirà la Convenzione delle Alpi, proprio nell’anno di presidenza italiana, a diventare l’atto fondativo e finalmente condiviso delle “Nuove Alpi”?
3. Riusciranno i nostri Parchi e aree protette a essere ancora una volta il perno della gestione della montagna?
4. Sole e vento saranno fonti di energia davvero sostenibili nel rispetto del paesaggio?
5. Ci sarà una politica seria per chi ha scelto di vivere in montagna? E una politica per la montagna?
2014-01 – FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI, PRO E CONTRO
Il costo annuale del sistema incentivante in atto per le fonti d’energia rinnovabili (FER) ha raggiunto nel 2013 ben 12 miliardi di euro, il 56 % dei quali dovuti alla produzione fotovoltaica. Tale onere, e i maggiori costi per i servizi di rete, gravano interamente sulle tariffe elettriche dagli utenti finali, costituendone già ora il 30% , con previsione di incremento, dato l’ulteriore sviluppo impiantistico programmato. Ciò rende l’energia elettrica italiana tra le più care dei paesi industrializzati, diminuendo la competitività dell’industria nazionale, spesso costretta a trasferire all’estero e attività più energivore. Se a ciò si aggiungono:- i problemi di gestione e sicurezza della rete già qui considerati; gli impatti ambientali e paesistici dei grandi impianti eolici e fotovoltaici a terra e il fatto che aerogeneratori e moduli fotovoltaici vengono importati, c’è da domandarsi: a chi giova il “pressing” per le FER? Rinnovabili si, ma…
2013-12 – CHIMICA IN QUOTA
Un recente articolo della rivista «Dislivelli» ha lanciato un giustificato allarme per l’uso di prodotti chimici nelle coltivazioni di genepì in quota. Siamo infatti abituati ad associare i pesticidi all’agricoltura intensiva di fondovalle e suona strano l’uso di prodotti tossici anche su quelle che sono le colture specializzate, su cui tanto si insiste per ridare un futuro all’economia della montagna.
Ma il vero problema è la quasi completa assenza di una ricerca finalizzata alla riscoperta e alla valorizzazione di queste coltivazioni minori. Troppi interessi e investimenti per le colture da reddito (melo e vite) e ben poco per quelle da “ambiente” su cui scommettere per l’agricoltura montana del futuro. Non si può lasciare chi “osa” investire su un ritorno alla montagna senza la corretta assistenza tecnica e scientifica.
Se vogliamo la sostenibilità, occorre investire su strade nuove che solo la ricerca e la sperimentazione possono assicurare. Un arcobaleno di idee e buone pratiche tutto da inventare!
La rivista è scaricabile gratuitamente dal sito: www.dislivelli.eu
2013-11 – ARRIVANO GLI SPACE INVADERS!
Gli alieni sono fra noi e nelle nostre montagne. Non si tratta però di Klingon o Vulcaniani, ma delle specie alloctone, sia animali che vegetali, giunte da lontano ed ora abbondanti sul nostro territorio. Su 100 specie che arrivano solo 10 si naturalizzano e solo una diventa invasiva, ossia capace di diffondersi su grande scala e di fare anche danni economici ed ecologici.
Ma il numero degli arrivi è cresciuto a dismisura e ora gli “alieni” sono molteplici: su 1023 specie vegetali alloctone censite solo in Italia, almeno 163 sono considerate invasive. Per non parlare di patogeni e insetti la cui introduzione, più o meno casuale, crea sempre grandi problemi, basti pensare alla recente colonizzazione dei castagneti a opera della vespa cinese. La preoccupazione per l’impatto degli invasivi ha spinto la UE a proporre un nuovo atto legislativo per evidenziare l’importanza del problema e la necessità di un impegno comune. Impegno di tutti: non si può infatti dimenticare che molte di queste invasioni sono avvenute per scelte sbagliate o per incuria di singoli cittadini. La salvaguardia della biodiversità montana passerà anche dalla lotta contro questi invasori!
easin.jrc.ec.europa.eu
2013-10 – SE I SOCI CAI SONO I PRIMI A NON RISPETTARE L’AMBIENTE
Benché dal 1981 siano vigenti nel CAI norme di autoregolamentazione e di indirizzo per la compatibilità ambientale delle varie attività (Bidecalogo) recentemente aggiornate dall’Assemblea Delegati di Torino e arricchite da precisi impegni del Sodalizio, non è raro incontrare su pascoli o angusti sentieri montani dei provetti “bykers” e motociclisti con moto enduro. Oppure vedere evoluzioni di motoslitte su immacolati versanti innevati, o improvvisati scialpinisti che mediante impianti a fune o elicotteri accedono a fuoripista su versanti eletti a rifugio dalla fauna selvatica. Poiché, purtroppo, a volte capita di riconoscere tra questi attrezzati utenti della montagna anche più o meno qualificati soci CAI, c’è da domandarsi quale sia tra i nostri Soci la consapevolezza dell’impegno di coerenza con queste norme, assunto con l’iscrizione al Sodalizio, e quanto ciò sia fatto rimarcare dai dirigenti e responsabili sezionali.
2013-09 – SI APRE LA CACCIA: TUTELIAMO L’AMBENTE E IL MONDO AGRICOLO
Si riapre la stagione venatoria. E si riaprono le polemiche che per un paio di settimane serviranno a fare notizia sui giornali per poi sparire, sostituite dai troppi incidenti di caccia . Al di la del discorso etico (caccia si, caccia no), l’attività venatoria è indubbiamente una realtà della nostra montagna e, dove ben condotta, fa parte della cultura e rientra pienamente nella gestione ordinaria del territorio. Manca però una visione ed un approccio condiviso a questo problema fondamentale che tocca la montagna in ogni settore: agricoltura, selvicoltura, fruizione turistica e ovviamente conservazione e protezione.
È inutile negare che spesso localmente prevalgono gli interessi particolari dei cacciatori (quindi deroghe regionali e successive multe europee!). Mai come ora si sente invece l’esigenza affinché si arrivi alla modifica della legge n. 157/92, recependo le istanze del mondo agricolo e ambientalista, mettendo in primo piano la piena tutela dell’ambiente e delle varie componenti del mondo rurale e facendole dialogare con le richieste del mondo venatorio. Verso un comune sentire.. ancora troppo lontano?!
2013-08 – FONTI RINNOVABILI: RISORSA O PROBLEMA?
Grazie alle forti incentivazioni, la produzione elettrica italiana da fonti rinnovabili, ha raggiunto già nel 2012 l’obiettivo del 27% del CIL (Consumo Interno Lordo) previsto dal Piano d’Azione Nazionale per il 2020: un bel risultato se non fosse che sta creando grossi problemi alla rete elettrica nazionale, che non ha avuto il tempo per adeguarsi.
Una produzione molto distribuita in zone debolmente interconnesse alla rete elettrica crea sovraccarichi e inversione dei flussi energetici: le fonti non programmabili (fotovoltaica ed eolica) generano surplus di energia in ore di basso carico e fluttuazioni produttive che sconvolgono la gestione del servizio elettrico. Tutto ciò richiederebbe costosi adeguamenti di rete, ridotto utilizzo e rendimento della produzione tradizionale e nuovi impianti di stoccaggio energetico distribuito, con nuovi impatti ambientali da affiancare alle torri eoliche sui crinali e ai grandi “campi” fotovoltaici. Se non si vuole che il “buon obbiettivo” del passaggio alle fonti rinnovabili si traduca in danni e costi per la comunità, occorre una visione strategica ed una serie di interventi di sistema che vadano ben oltre la semplice incentivazione (a nostre spese) della fonte.
2013-07 – POTERE ALLE (BIO)MASSE!
Sono riapparsi in Appennino ampi tagli del bosco ceduo, creando allarme ed un po’ di sconcerto anche perché spesso effettuati in prossimità di aree protette o tutelate.
L’utilizzo delle biomasse legnose come fonte energetica è alla base del rinnovato interesse di privati ed enti per la ceduazione ed è in sé una cosa buona per l’economia montana: il ceduo, infatti, se ben tagliato non viene danneggiato e ricresce tranquillamente, mentre l’utilizzo porta lavoro. La preoccupazione nasce però dall’assenza di coordinamento nei tagli del bosco, che rischiano di creare ampie distese momentaneamente scoperte, con possibili aumenti di erosione e perdita di quei servizi ecosistemici che il paesaggio boscato è in grado di dare, con un effetto boomerang anche sul turismo.
Ben venga, quindi, l’utilizzo intelligente delle biomasse forestali, da sempre fonte energetica principale della montagna,
ma occorre una corretta pianificazione che permetta sia la salvaguardia dei valori paesaggistici, sia l’uso non solo speculativo della risorsa bosco dalle grandi potenzialità non solo energetiche.
2013-06 – AL LUPO, AL LUPO! ALL’ORSO, ALL’ORSO!
La sfida culturale che ci aspetta è la capacità di coabitazione con linci, grandi rapaci, orsi e lupi che sono ricomparsi sui nostri territori montani
Se è vero che le montagne diventano più alte con un lupo sopra, quanto crescono con un orso? E se ci mettiamo anche una lince o due? In fondo, come alpinisti non possiamo che gioire di questi contributi all’orogenesi. In realtà, la ricomparsa di queste specie nella nostra fauna è forse il più importante cambiamento ecologico avvenuto nell’ultimo decennio: lupi, orsi, linci e grandi rapaci aumentano l’equilibrio degli ecosistemi montani e permettono una diversa percezione dell’intero territorio che riacquista in naturalità. Questi ritorni, sia naturali come per il lupo e rapaci, sia pilotati come per l’orso in Trentino, hanno anche fatto crescere in poco tempo notevoli competenze tecniche e permesso un aumento delle conoscenze, coprendo vuoti e lacune e seppellendo vecchie superstizioni. Certo, i problemi di convivenza con le attività umane persistono ma possono essere affrontati e gestiti con ottimi risultati. Imparare a coabitare con questi nuovi vicini è la grande sfida culturale che ci aspetta e che probabilmente farà crescere anche noi!
2013-05 – SIATE PARCHI!
I Parchi stanno subendo diversi tagli da parte dello Stato , ma non bisogna dimenticare gli effetti positivi di questo tipo di finanziamenti
Ok, spending rewiev e tagli alle spese, ma lascia perplessi il fatto che tra i settori più bastonati ci siano anche i Parchi: i Regionali con accorpamenti spesso poco razionali, i Nazionali tenuti al minimo per il mantenimento delle strutture e del personale. Se la razionalizzazione della spesa è necessaria ovviamente anche per questi Enti, vale però la pena ricordare come gli investimenti, tutto sommato modesti, fatti finora sui Parchi, abbiano realizzato profitti notevoli per i territori montani: non solo garantendo la salvaguardia delle bellezze naturali più significative del nostro paese, e quindi del turismo indotto, ma anche creando possibilità di lavoro uniche, nonché competenze tecniche di avanguardia. E sono proprio i montanari ad essersi accorti per primi di questo grande valore, dimostrando ultimamente interesse per il mantenimento e anche l’allargamento delle aree protette. Quindi per il futuro, ora più che mai occorre essere veramente… Parchi!
2013-04 – SOSTENIAMO L’AGRICOLTURA DI MONTAGNA
Abbandono, invecchiamento, disconoscimento: sono le tre parole che definiscono l’agricoltura di montagna. Se si escludono le realtà semi-industriali, legate specialmente al vino ed alle mele e che si portano dietro altri problemi, quello che vediamo ovunque è un mondo agricolo montano residuale, con visi – bili cambiamenti nel paesaggio e nella minuta gestione del suolo. Se abbandono e invecchiamento sono ben comprensibili, non dobbiamo dimenticare il mancato riconoscimento del valore anche sociale di chi si dedica alle attività primarie in montagna, “osando” restare e vivere nell’ambiente che amiamo. Qualcosa sta cambiando e segnali positivi di un ritorno ci sono, ma richiedono un forte sostegno: ridotta buro – crazia, buon mercato, adeguati servizi ed anche un riconoscimento del valore ambientale. Biodiversità, sostenibilità e valenza sociale sono le tre parole da giocare per il prossimo futuro. Ed anche per il presente!
2013-03 – DISSESTO IDROGEOLOGICO: PREVENIRE COSTA CINQUE VOLTE MENO CHE TAMPONARE LE EMERGENZE
Si stima che ogni euro speso per la prevenzione dei disastri e dei dissesti idrogeologici ne eviti 5 spesi solo per tamponare le emergenze. Quindi un investimento ben redditizio per i conti dello Stato e di tutti, in un Paese dove almeno 5 milioni di cittadini vivono in situazioni di elevato rischio idrogeologico. E la prevenzione va fatta soprattutto in montagna. Ma chi e come deve agire? Negli ultimi anni abbiamo assistito alla sparizione di fatto delle Comunità Montane, le Province ci sono o forse no, gli Enti preposti al controllo e alla realizzazione delle opere di difesa sono sotto organico e senza finanziamenti, i Parchi boccheggiano… Senza contare il continuo abbandono della gestione diretta del territorio agricolo in collina e in montagna, lasciato all’incuria o svenduto alle energie rinnovabili. C’è da sperare che le prossime piogge primaverili facciano germogliare una nuova consapevolezza: la montagna c’è e va difesa e tutelata. Possibile che lo sappiano solo i Soci CAI?
2013-02 – LA NEVE SOTTOSOPRA…
Ma quanti sono i ciaspolatori, gli sci escursionisti e gli sci alpinisti? Il dato non è quantificabile, ma è evidente a chiunque giri per le montagna in inverno che la crescita dell’escursionismo e dell’alpinismo invernale è notevole se non esponenziale. Anche se questo nuovo approccio genera a sua volta problematiche ambientali, legate soprattutto alla tutela della fauna e della rinnovazione del bosco in alta quota, è evidente che sta prevalendo la voglia di una neve diversa, più “naturale” e meno “artificiale” in tutti i sensi. Di contro c’è l’evidente e costante calo del classico turismo legato allo sci alpi – no ed ai suoi voraci (di fondi pubblici) impianti. La domanda: è possibile costruire una nuova economia invernale alternativa e sostenibile proprio partendo da questo approccio? La sfida di aprire la nuova traccia forse spetta proprio al CAI. Per saperne di più:
www.dislivelli.eu/blog/dislivelli-eu-dicembre-2012-gennaio-2013
2013-01 – EOLICO, QUANDO IL VENTO (NON) FA IL SUO GIRO
Il vento fa il suo giro? Non tanto, se si guarda al funzionamento degli impianti eolici secondo l’ultimo Rapporto statistico 2011 sulle produttività degli impianti a fonti rinnovabili, recentemente pubblicato dal GSE. I dati parlano chiaro: di fronte a un aumento del numero degli impianti, la produttività in ore equivalenti degli stessi è calata nel 2011 rispetto al 2010. Di fatto gli impianti italiani producono a potenza nominale mediamente per sole 1421 ore su 8760, meno di due mesi all’anno. E l’80% degli impianti è sotto la soglia produttiva delle 2000 ore equivalenti indicata dal CAI nel suo documento guida sull’Eolico “La produzione elettrica industriale diventa economicamente fattibile e conveniente quando la velocità del vento si mantiene con continuità costante entro determinati valori per un periodo di tempo minimo; ovvero quando ogni generatore è in grado di produrre all’anno almeno 2000 MWh per ogni MegaWatt installato”. Quindi forse è venuto il momento di ridire forte e chiaro ai “decisori” che non val la pena sacrificare ancora paesaggio montano ed i soldi pubblici per sfruttare un vento che non c’è.
2012-12 – CANSIGLIO, UN “NO” LUNGO 25 ANNI A NUOVI IMPIANTI SCIISTICI
E fanno 25. Un quarto di secolo di pro – teste contro i progetti di collegamento sciistico a Casera Palantina sulla foresta del Cansiglio, traguardo tagliato lo scorso 11 novembre, quando si è ripetuta per la venticinquesima volta la manifestazione per dire un chiaro “no” a qualunque ipotesi di investimento su nuovi impianti sciistici nella zona. Ma non è la costanza dei difensori dell’ambiente la vera notizia, casomai il contrario, cioè l’ostinazione di chi continua a proporre progetti per lo sviluppo della montagna basati sulle stesse idee e sugli stessi schemi di ben più di un quarto di secolo fa. Idee che non tengono conto di una realtà sociale ed economica che è mutata nel tempo, in cui il turismo sciistico è da tempo in fase di declino e andrebbe ripensato e ricalibrato anche dove ha ancora un senso mantenerlo. Per la montagna del futuro, quindi, è giunto il momento di una maggior fantasia e creatività, basate sulla tutela, sul rispetto e sulla solidarietà. Il CAI è pronto, questo è un obiettivo per i prossimi 150 anni!