Al momento dell’entrata in guerra del Regno d’Italia contro l’Impero Austro-Ungarico (24 maggio 1915), la Basilica romana sul Monte Santo (Sveta Gora) si trovò nelle immediate vicinanze della linea del fronte che passava sul vicino Monte Sabotino (Sabotin). Per questo motivo, sulla dorsale del monte, tra il 1915 e il 1917, l’Esercito austroungarico realizzò, oltre ad una notevole linea trincerata, numerose caverne nelle quali trovarono posto reparti di fanteria, alcune batterie d’artiglierie e postazioni di mitragliatrici. Inoltre, sul versante settentrionale del monte, gli austroungheresi costruirono numerosi ricoveri e baraccamenti da adibire a centri di comando e logistici. Nello stesso tempo gli imperiali scavarono delle gallerie, alcune delle quali oltrepassando il monte da una parte all’altra, collegavano le retrovie con le trincee di prima linea. Quando le truppe italiane nei primi giorni della Decima Battaglia dell’Isonzo (12 maggio – 8 giugno 1917) conquistarono l’abitato di Zagora e la cresta del Monte Kuk (Monte Cucco di Plava), i combattimenti si spostarono pure sul Monte Santo, difeso da unità della 57a Divisione austroungarica della quale faceva parte anche l’87° Reggimento formato per il 97% di soldati sloveni (centro di reclutamento Celje). La conquista del Monte Santo fu affidata alla Brigata Campobasso (229° e 230° Reggimento di Fanteria). Il Comandante della Brigata, generale Angelo Battaglia, avendo notato durante le ricognizioni che gli austro-ungheresi avevano trascurato di fortificare e di presidiare adeguatamente il lato occidentale del monte che scoscende verso l’Isonzo, propose di attaccare con quattro battaglioni quel lato, anziché quello verso Sella Dol. Il piano non venne però superiormente approvato e quindi l’attacco principale fu svolto contro la Sella di Dol, mentre un solo battaglione, il III del 230° Reggimento, venne fatto avanzare lungo il percorso proposto dal Comandante della Brigata. Così nel pomeriggio del 14 maggio 1917, il III Battaglione, uscì dalle proprie postazioni a Nord-Est di Salcano e dal fondovalle Isonzo, risalendo il versante occidentale del monte, in breve tempo giunse presso le rovine del convento sulla cima da dove si lanciò all’attacco conquistando, alle 19,00, le trincee nemiche catturandovi il presidio e molto altro materiale bellico. Tuttavia, per una serie di malintesi e contrattempi, i due battaglioni inviati di rinforzo non giunsero a dar man forte al reparto attestato sulla cima del monte e pertanto, all’alba del giorno seguente, i fanti Italiani del valoroso battaglione, decimati dal fuoco nemico, senza munizioni, ormai accerchiati, furono sopraffatti e i superstiti (un centinaio di soldati), caddero prigionieri. Fra loro vi era il volontario triestino, tenente Guido Slataper, comandante di compagnia, che aveva sostituito il comandante di Battaglione ferito, al quale per il valore dimostrato nell’azione fu decorato di Medaglia d’Oro al V.M1. Sul muraglione del convento, per ricordare l’azione del volontario triestino e dei fanti del III Battaglione, al termine del conflitto fu apposta una targa, poi distrutta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la seguente incisione: “Su questa vetta, sacra all’eterno, il giorno 14 maggio 1917 col III Battaglione del 230° fanteria, il tenente Guido Slataper di Trieste, domava col suo valore di 20 anni, la forza pesante dell’Austria, piantandovi il tricolore – I volontari di Santa Gorizia nel X anniversario celebrano la sua gloria”2. Seguirono altri durissimi combattimenti che cessarono solo nel mese di agosto 1917 con l’Undicesima Battaglia dell’Isonzo (17 agosto – 14 settembre 1917). Difronte alla sempre più pressante azione dell’Esercito Italiano, nella notte del 24 agosto 1917, i soldati austro-ungarici si ritirarono dal Monte Santo, per andare ad occupare le nuove posizioni sull’altipiano della Bainsizza (Banjšice). Il monte, così duramente conteso, fu così conquistato la mattina senza colpo ferire dai fanti del 44° Reggimento della Brigata Forlì. Quando le unità italiane presero il monte uno dei più celebri direttori d’orchestra, Arturo Toscanini, diresse una banda musicale militare in uno dei concerti più inconsueti. Le note ben dirette della Marcia Reale e dell’Inno di Mameli furono chiaramente udite dalle truppe italiane che scendevano verso Ravne (Altopiano della Bainsizza). Il Convento dei francescani, distrutto durante le operazioni belliche, fu ricostruito dopo la fine del conflitto; l’immagine della Madonna, risalente al 1544, dono del Patriarca di Aquileia, che durante le ostilità era stata trasportata a Lubiana (Ljubljana) fu riportata a Gorizia l’8 ottobre 1921 e ricollocata nel Santuario in occasione della sua riconsacrazione nel 1928.
BIBLIOGRAFIA:
CONSOCIAZIONE TURISTICA ITALIANA, Sui Campi di Battaglia – Il Medio e il Basso Isonzo,
Quinta Edizione, Milano, 1939.
ORIO DI BRAZZANO, La Grande Guerra nell’Alto e Medio Isonzo – Itinerari e SAtoria, Gino
Rossato Editore, Novale – Valdagno (Vicenza), ottobre 1999.
TADEJ KOREN, il sentiero della pace dalle Alpi all’Adriatico. Guida lungo il fronte isontino, – 2a
edizione, Kobarid, 2015.
ANTONIO E FURIO SCRIMALI, Prealpi Giulie – Escursioni e Testimonianze sui monti della
Grande Guerra, Edizioni Panorama, Trento, aprile 1997.
PETRA SVOLJŠAK, Il Fronte dell’Isonzo, DELO Tiskarna, Ljubljana, 1994.1
Miracolosamente il tenente Guido Slataper non fu riconosciuto dagli austro-ungarici e così evitò di essere processato e
condannato a morte come spettava agli irredentisti catturati. Potè quindi far ritorno in Patria alla fine della Grande
Guerra. Sopravvisse anche alla Seconda Guerra Mondiale e morirà a Trieste il 4 ottobre 1969.
2
CONSOCIAZIONE TURISTICA ITALIANA, Sui Campi di Battaglia – Il Medio e il Basso Isonzo, Quinta Edizione,
Milano, 1939; p. 79.