Storia Della Baita

C’è una piccola Baita nel bosco

IL PERCHE’ DI UNA SCELTA. 

“Perché aspettare di essere morti per fare qualche cosa di buono

per la natura e l’ambiente?”

Con queste parole, forse un po’ oscure, due strani personaggi venuti dal mare concludevano, in una buia serata di autunno inoltrato dell’anno 2014, a San Pietro al Natisone, l’esposizione di una loro inusuale proposta.

Ad ascoltarli, con sorpresa e perplessità, c’erano i componenti, allora in carica, nel Consiglio Direttivo della Sottosezione CAI Val Natisone.

Tutti alpinisti molto esperti e concreti, grandi conoscitori di quel territorio.

Era proprio per questo motivo che i due personaggi venuti dal mare avevano scelto, fra le tante Associazioni locali che si occupavano di ambiente, proprio il CAI Val Natisone per avviare una fattiva collaborazione.

Del resto l’impegno nell’ambientalismo militante (ma non fanatico) li aveva caratterizzati fin dalla gioventù; al punto che anche nelle loro disposizioni testamentarie erano sempre indicati specifici lasciti patrimoniali.

Ciò chiarisce il senso oscuro della frase iniziale.

In sostanza essi offrivano al CAI Val Natisone, del quale allora non erano ancora Soci, il sostegno finanziario, professionale ed anche di partecipazione al lavoro manuale per raggiungere assieme un qualsiasi obiettivo meritevole d’interesse nella tutela dello ambiente montano.

Tutto questo si basava soltanto sulla fiducia reciproca, sulla serietà e l’impegno dei partecipanti all’eventuale impresa.

Insomma si agiva nel più genuino spirito di montagna e nel rispetto della tradizione secolare del Club Alpino Italiano.

Tanto per la cronaca: i due strani personaggi venuti dal mare erano, e sono, Lucia e Paolo Morelli de Rossi mentre i loro primi interlocutori nell’ambito del CAI Val Natisone sono stati Massimiliano Miani, all’epoca Reggente della Sottosezione, Patrizia Cernoia e Dino Gorenszach Consiglieri di quel Direttivo.

QUANDO TUTTO E’ INIZIATO.

NOVEMBRE 2014 – Qualche tempo dopo quella strana serata dall’esito sospeso ed interlocutorio, Lucia e Paolo Morelli de Rossi ricevevano, in casa, la gradita visita di Massimiliano Miani e Dino Gorenszach, portatori di una originale idea.

Nell’ambito territoriale del Comune di Grimacco, in località Passo di San Martino (Prjevalo), c’era una vecchia baita privata in totale stato di abbandono e degrado.

Da un primo contatto con i proprietari (ben nove!) sembrava che gli stessi fossero orientati a donare la particella di terreno e l’edificio soprastante al Comune di Grimacco, purchè il bene fosse poi dato in uso ad Associazioni Sportive radicate sul territorio e preferibilmente al Club Alpino Italiano – Val Natisone.

L’idea era interessante soprattutto per la felice collocazione geografica del luogo, raggiungibile su strada asfaltata da Liessa e Cepletischis ed intersecato dal Sentiero CAI 761 alla quota di 679 mt. Pertanto Lucia e Paolo Morelli de Rossi si recavano quasi subito ad effettuare un sopralluogo.

A prima vista la situazione si presentava, a dir poco, sconfortante.

La vecchia baita di legno, ormai marcio, stava afflosciandosi su sé stessa e nel tetto si aprivano squarci e cedimenti.

Tutto attorno, quello che era stato molti anni prima un bel prato punteggiato da orticelli, appariva come un groviglio vegetale di erbacce fra le quali primeggiavano le ortiche ed i rovi, mentre alberi di varie essenze ed età, nati spontaneamente ed a casaccio, dominavano l’incolta superficie.

Tuttavia il luogo nascondeva un elevato potenziale, soprattutto  grazie al favorevole microclima che lo caratterizza.

Mettendoci buone idee, tanto lavoro ed un adeguato finanziamento, si sarebbe potuto recuperare quell’angoletto di montagna abbandonata.

Inoltre, sviluppando correttamente l’operazione con il finanziamento di privati, era possibile raggiungere un triplice obiettivo:

A) Aumentare il patrimonio immobiliare di un piccolo e non certo ricco Comune di montagna, come quello di Grimacco, a costo zero per lo stesso.

B) Dotare l’associazione CAI Val Natisone, sempre a costo zero per trent’anni, di una prestigiosa Capanna Sociale utilizzabile come Punto d’incontro e Base Operativa per le sue attività istituzionali.

C) Realizzare un significativo esempio di recupero e corretta valorizzazione ambientale di un sito abbandonato.

COME SIAMO ANDATI AVANTI. 

PRIMI MESI DEL 2015 – Apparentemente, durante questo lungo periodo,  sembrava che l’iniziativa fosse entrata in una fase di stallo.

In realtà, soprattutto grazie all’attività professionale ed alla esperienza in ambito catastale del P.A. Dino Gorenszach, si stava districando l’intricata matassa burocratica gravante sulla particella di terreno per renderla oggetto di donazione e quindi base per la futura ristrutturazione.

LUGLIO 2015 – Finalmente il P.A. Dino Gorenszach disponeva di tutti gli elementi per poter effettuare il rilievo topografico del terreno interessato.

Ricorrendo alle sue doti di alpinista riusciva a tracciare una complicata poligonale attraverso il bosco, talmente fitto che trovare un pertugio per il raggio laser dello strumento era proprio un’impresa.

Concluse le misurazioni, si procedeva, previa autorizzazione dei proprietari, ad aprire la vecchia baita dopo anni di oblio.

E’ stato come entrare in una macchina del tempo poiché al suo interno, nonostante la pioggia ed il fogliame filtrati attraverso gli squarci nel tetto, tutto appariva “bloccato” ad una giornata qualsiasi di molti, molti anni prima.

I pacchi ammuffiti di pasta, le bottiglie di vino ed olio ovviamente inaciditi, la carta igienica ancora imballata e molto altro erano tracce lasciate da chi, in quel luogo, doveva aver vissuto delle belle giornate, immerso nella pace della natura.

In seguito altri dirigenti della Sottosezione CAI Val Natisone verificavano lo stato di fatto della costruzione ragionando su un eventuale recupero, più o meno parziale, della struttura esistente.

AGOSTO 2015 – Alcuni volonterosi soci iniziavano il disboscamento del terreno immediatamente circostante la vecchia baita che era completamente avvolta dalla vegetazione spontanea. Così facendo si poteva valutare meglio la consistenza strutturale della costruzione. Essa appariva in tutta la sua fragilità ed in uno stato di degrado irreversibile.

Sentiti i pareri di altri esperti, veniva esclusa l’ipotesi di un recupero dell’esistente ed, all’unanimità, si optava per una ristrutturazione totale.

Al Geom. Paolo Morelli de Rossi, questa volta nella veste del tecnico più che in quella dello sponsor, veniva chiesto di abbozzare un’immagine grafica della nuova baita.

Così, in un canicolare pomeriggio agostano, prendeva forma sulla carta uno schizzo piuttosto dettagliato di quella struttura che in breve si sarebbe trasformata in realtà.

SETTEMBRE 2015 – L’idea di base prevedeva un prefabbricato in legno, semplice ma elegante, costituente la parte superiore, appoggiata su un basamento seminterrato di calcestruzzo armato utilizzabile come cantina/deposito e vano tecnico.

Iniziava quindi una attenta ricerca, in Carnia e nel Tarvisiano, delle poche Ditte specializzate in questo tipo di costruzioni.

Contemporaneamente si prendeva visione di analoghe realizzazioni esistenti nelle Valli del Natisone, per verificare quali fossero le soluzioni migliori e più resistenti nel tempo.

OTTOBRE 2015 – Il giorno di Lunedì 26/10/2015 alle ore 18.30 nello Studio del Notaio Bergamini in Cividale del Friuli, veniva firmato da parte dei nove proprietari del terreno e del fabbricato l’Atto di Donazione di quei beni al Comune di Grimacco, rappresentato dalla Sindaca Sig. Eliana Fabello.

Si concludeva così felicemente la fase preliminare più importante dell’intero progetto, grazie all’impegno profuso per quasi un anno dal P.A. Dino Gorenszach.

Quella sera erano presenti anche Lucia e Paolo Morelli de Rossi per garantire di persona che le fasi successive sarebbero state coperte dai finanziamenti privati pattuiti.

Qualche giorno più tardi, con il permesso della Sindaca, iniziava la demolizione della vecchia baita con lo smontaggio degli infissi, degli impianti elettrici ed idraulici, con la rimozione degli arredi, ecc. organizzando all’esterno la raccolta differenziata di tutto il materiale di risulta.

La vecchia vasca dell’acqua piovana, trasportata nei pressi di una sorgente in disuso sopra l’abitato di Canalaz, veniva approntata quale riserva idrica indispensabile al funzionamento del futuro cantiere.

NOVEMBRE 2015 – Lucia e Paolo Morelli de Rossi si recavano a Ravascletto per verificare di persona le capacità tecniche e l’affidabilità della Segheria F.lli De Infanti che, nel corso della ricerca preliminare, aveva proposto il preventivo più dettagliato ed interessante per realizzare il prefabbricato in legno con il metodo block house.

Intanto i Volontari della Protezione Civile del Comune di Grimacco, Marco e Roberto Marinig con Michele Canalaz, procedevano all’asporto ed allo smaltimento del materiale di scarto, già selezionato, nella piazzola ecologica.

In una giornata molto umida e grigia, con le nubi che avvolgevano il Passo di San Martino, si incontravano sul posto Erik De Infanti, contitolare della Ditta omonima, Massimiliano Miani, Reggente CAI Val Natisone, Dino Gorenszach, Ernesto Vogrig, Lucia e Paolo Morelli de Rossi.

Lo scopo della riunione era quello di studiare la posa del cantiere con i relativi macchinari e le attrezzature necessarie.

Con piacere si notava la grande professionalità ed il coordinamento esistente fra tutti i presenti.

DICEMBRE 2015 – In varie riprese, con la partecipazione di gruppi più o meno numerosi di Soci volontari del CAI Val Natisone, proseguivano il disboscamento e la bonifica del terreno su una vasta superficie di terreno tutt’attorno a quello che rimaneva della vecchia baita.

Si raccoglievano ben tre bobine di filo spinato, ormai ruggine e seminterrato, che un tempo costituivano i recinti di antichi orticelli.

Alla fine rimanevano in piedi i resti del tetto, i montanti del telaio di sostegno ed il pavimento.

Nel volgere di una mattinata, un bel gruppo di demolitori volontari molto dinamici portava l’attacco finale al rudere armato di mazze, leve e motoseghe.

Verso mezzogiorno della vecchia baita non restavano che qualche catasta di legname, già selezionato per il recupero, ed i tre miseri muretti in blocchi di cemento che comunque l’avevano sorretta per molti, molti anni.

Come da tradizione alla fine di tutti questi interventi di volontariato, veniva offerto ai partecipanti, stanchi e sudati, un gradito buffet sull’erba, in quest’ultima occasione benedetto da San Martino con un tiepido ed inaspettato solicello invernale.

Ormai erano pronte le infinite scartoffie, contenenti permessi ed  autorizzazioni, che la burocrazia nostrana pretende anche per respirare.

Finalmente Massimiliano Miani, Dino Gorenszach, Patrizia Cernoia,

Lucia e Paolo Morelli de Rossi potevano recarsi tutti assieme a Ravascletto per definire gli ultimi dettagli, fissare il costo complessivo e siglare il contratto per la fornitura ed il montaggio del prefabbricato da parte della Segheria F.lli De Infanti.

La Ditta, a carattere famigliare, annoverava l’inizio della propria attività fin dal 1948 con successivi sviluppi ed aggiornamenti. Nel 1954 veniva costruita la segheria di Ravascletto, rinnovata nel 1977.

Nel 1998 si apriva lo stabilimento di Paluzza, attrezzato con macchine tecnologicamente avanzate per produrre qualsiasi tipo di costruzioni in legno.

Queste erano lavorate in un centro di taglio a controllo numerico, in base alla specifica progettazione esecutiva interna.

Oltre alle case in legno d’abete e larice, con strutture bilama o trilama, la Ditta produceva travature lamellari di ogni tipo, anche curve, perlinati, pavimenti, pali trattati in autoclave, tavolame per edilizia e falegnameria.

Insomma i committenti potevano rendersi conto personalmente di essere capitati proprio nel posto giusto.

Inoltre il contitolare Erik De Infanti, gli impiegati negli uffici progetto e commerciale, i tecnici che avrebbero eseguito il montaggio, erano molto competenti e, cosa che non guasta, pure simpatici.

CHI HA TRASFORMATO L’IDEA IN REALTA’.  

GENNAIO 2016 – Janko Komac, impresario edile d’assalto, non era certamente una persona che si faceva spaventare dalle difficoltà.

Tuttavia, vedendo le condizioni ambientali nelle quali avrebbe dovuto aprire il cantiere al Passo di San Martino, si metteva le mani nei capelli. Considerava infatti con preoccupazione il periodo invernale a quasi 700 mt. di quota, l’alta probabilità di trovare neve e ghiaccio, la certezza assoluta di pioggia, il terreno in forte pendenza, le strade d’accesso tortuose ed anche dissestate nell’ultimo tratto, la mancanza di allacciamenti ad acqua ed energia elettrica da reti fisse.

Ciò nonostante entrava in azione con la sua piccola squadra di muratori sloveni, un camioncino scassato ed una macchina per movimento terra.

Con una ritualità degna degli sciamani pellerossa, tracciava sul terreno segni all’apparenza misteriosi con polvere di gesso, spago e picchetti di ferro. E poi via a scavare le fondamenta con grande energia; a colpi di benna, ruspa, piccone e pala.

Nella prima settimana di lavoro si gettava il magrone di base, si impostavano le armature e le casseforme per le fondazioni e le pareti perimetrali. Il meteo era discreto ed anche le temperature.  Quindi si procedeva con la platea in calcestruzzo.

Nella seconda settimana venivano gettate le pareti perimetrali e si approntava l’armatura di sostegno per il solaio sovrastante.

Contemporaneamente si posavano le tubazioni e le fosse sanitarie per lo smaltimento delle acque chiare e scure.

Poi la macchina per movimento terra, facendo vere acrobazie in una fangaia pazzesca creata dalla pioggia, iniziava a richiudere gli scavi ed a ripristinare la morfologia originaria del terreno.

Si lavorava in condizioni di grande disagio.

Quando a fine giornata e quasi al buio si sostava un attimo per bere assieme un bicchiere di vino e definire il piano per l’indomani sembrava di essere in una trincea della Prima Guerra Mondiale.

Il Direttore dei Lavori P.A. Dino Gorenszach ed il Geom. Paolo Morelli de Rossi, in perfetta sinergia, curavano i dettagli progettuali, gli aggiornamenti in cantiere, la ricerca della Ditta che avrebbe realizzato i serramenti, i rapporti con il costruttore del prefabbricato che, a Ravascletto, era pronto ad iniziare.

Infatti Erik De Infanti veniva a rilevare di persona le misure esatte della base d’appoggio, essenziali da conoscere al millimetro prima di avviare il taglio delle componenti in legno.

Verificava inoltre l’operatività del cantiere nel quale sarebbe dovuto subentrare nei primi giorni di Marzo.

FEBBRAIO 2016 – Si procedeva a gettare il solaio di copertura del basamento prima che le condizioni meteo peggiorassero.

Poi giungeva una fase di maltempo prolungato con molta pioggia ma temperature discrete; in cantiere venivano sospesi i lavori per tutto il periodo di “stagionatura” del calcestruzzo.

Andava bene così!

Quando il cantiere era vuoto e silenzioso Lucia e Paolo si recavano ugualmente sul posto per fare un minimo di ordine e pulizia, preparando tutto per le future lavorazioni.

Incontravano ancora un volta Erik De Infanti, accompagnato dal gruista che voleva studiare nel dettaglio il posizionamento dei macchinari indispensabili al montaggio del prefabbricato in legno.

Poco dopo Erik ritornava, assieme ad uno dei montatori, dicendo che tutto era pronto per essere caricato sui camion.

Si attendeva soltanto un miglioramento delle condizioni meteo.

MARZO 2916 – Durante la prima settimana del mese imperversavano pioggia, neve e freddo ma l’indomita squadra slovena di Janko Komac lavorava senza posa alle ultime finiture sul basamento.

Finalmente le previsioni annunciavano l’aprirsi di una “finestra” di tempo migliore e quindi, verso Ravascletto, partiva la tanto attesa telefonata: “Venite appena potete!”

Nel volgere di tre giorni giungevano al Passo di San Martino:

la gru, il gruppo elettrogeno, l’impalcatura eretta tutt’attorno al basamento e gli innumerevoli pezzi smontati, ma perfettamente numerati, del prefabbricato. Quest’ultimi, imballati dentro grossi pacchi, coprivano una buona parte del prato.

Tutto era salito, non senza qualche emozionante manovra, lungo la strada tortuosa che da Cepletischis giunge al Passo.

La Panda 4×4 rossa di Lucia e Paolo, con i quattro lampeggianti ed altri segnalamenti regolamentari, aveva sempre fatto da staffetta poiché in quel tratto di strada sarebbe stato impossibile qualsiasi incrocio con veicoli provenienti dal senso di marcia opposto.

Il meteo, molto favorevole, contribuiva non poco a rendere agevole e spedito il montaggio della struttura, che veniva effettuato da due soli operai specializzati, agili come scoiattoli.

Superata la fase iniziale della posa dei primi quattro corsi, sempre la più critica, il lavoro aumentava di velocità grazie alla precisione millimetrica delle giunzioni ad incastro che erano state eseguite con macchinari modernissimi pilotati dal computer.

Soltanto legno su legno, senza nemmeno un chiodo od una vite!

Nel frattempo il Geom. Paolo Morelli de Rossi si occupava personalmente del progetto di due elementi importanti ma problematici: la canna fumaria che costituisce, se non realizzata a regola d’arte, il vero “Tallone d’Achille” di tutte le costruzioni in legno e l’impianto idraulico/sanitario … in un luogo dove l’unica acqua disponibile è quella piovana.

I lavori di montaggio procedevano molto velocemente e già alla fine della seconda settimana dall’arrivo del prefabbricato tutta la carpenteria era conclusa e veniva posato sul tavolame del tetto il primo manto impermeabile.

In quel finesettimana giungevano in cantiere alcuni membri del Direttivo CAI Val Natisone i quali, dotati di motoseghe e decespugliatori, proseguivano nella preziosa opera di bonifica del prato circostante dai rovi e da altre piante infestanti e deturpanti. Tutti ammiravano l’estetica, la funzionalità e la solidità strutturale della baita.

Durante la terza settimana i montatori si dedicavano alle rifiniture mentre il lattoniere procedeva alla copertura metallica del tetto ed alla posa delle grondaie.

Così il lavoro dei costruttori carnici era finito.

I muratori sloveni realizzavano la speciale canna fumaria a quattro strati ed il sottofondo del pavimento al piano superiore, mentre in cantina sistemavano il basamento per il serbatoio di raccolta dell’acqua piovana ed aprivano il foro d’accesso al vano tecnico.

A quel punto pure loro avevano concluso.

Per agevolare e velocizzare tutte le operazioni che si svolgevano contemporaneamente, Lucia e Paolo Morelli de Rossi facevano da collegamento fra Erik, Janko, Dino, i serramentisti, i piastrellisti, gli elettricisti, i fabbri e gli idraulici.

Con questi ultimi tutto era più immediato poiché gli idraulici erano loro stessi!

Grazie all’intensa attività finale, la baita risultava praticamente completa già alla Vigilia di Pasqua del 2016.

A meno di tre mesi dal primo colpo di piccone.

Nella giornata di Pasquetta molti Soci e tutti i Dirigenti del CAI Val Natisone si ritrovavano al Passo, accanto alla vecchia baracca dei festeggiamenti, per la tradizionale scampagnata dopo essere saliti in escursione alla chiesetta di San Martino ed alla cima panoramica del Monte omonimo.

A Lucia e Paolo Morelli de Rossi venivano consegnate le Tessere del Club Alpino Italiano.

Infatti gli stessi avevano voluto iscriversi soltanto dopo aver dimostrato concretamente che, per loro, le promesse erano sacre ed erano state mantenute.

Molti dei presenti vedevano la Capanna Sociale (baita) per la prima volta.

Nei loro sguardi si leggeva un misto di sorpresa, stupore, ammirazione ed incredulità poiché quel gioiellino, nato quasi dal nulla fra lo scetticismo generale, veniva posto a disposizione del CAI Val Natisone a costo zero, per loro e per l’Associazione.

Due giorni più tardi venivano rimosse la gru e le armature.

Al Passo di San Martino ritornavano il silenzio e la tranquillità che caratterizzano quell’angoletto delle Prealpi Giulie.

Uccellini di ogni specie riprendevano a cinguettare tutt’attorno al grande prato, appena recuperato dall’abbandono e dal degrado.

UN CONTENITORE DI EVENTI, NEL BOSCO.

APRILE 2016 – Con il sole primaverile ed il terreno asciutto era molto più agevole ripristinare le morbide curve caratteristiche del prato originale, seminando l’erba sulle parti scoperte.

Paolo Tomasetig, con lavoro volontario, realizzava l’impianto  elettrico dotato di lampade led a basso consumo, mentre Paolo Morelli de Rossi completava l’estemporaneo impianto idraulico e sanitario funzionante con l’acqua piovana.

Gli operai della Falegnameria Basso installavano i serramenti in legno mentre il fabbro Valentino Cont provvedeva a montare quelli  metallici.

Venivano chiusi anche i conti economici, con il saldo totale dei compensi a tutti coloro che avevano prestato professionalmente la loro opera.

Come sempre capita nel settore  delle costruzioni, anche in questo caso il costo a consuntivo era risultato superiore a quello preventivato. Comunque, grazie alla scrupolosa gestione ed amministrazione, controllate dagli stessi finanziatori, non veniva sprecato nemmeno un Euro.

La maggior spesa era giustificata e compensata da alcune varianti migliorative apportate in corso d’opera, dalla velocità di esecuzione dei lavori e dalla elevata qualità del prodotto finale.

MAGGIO 2016 – Il giorno 20, al Passo di San Martino transitava, rumorosa e festante come al solito, la Carovana Rosa del Giro ciclistico d’Italia. Il sole splendeva ed il CAI Val Natisone aveva organizzato nella vecchia baracca dei festeggiamenti una postazione veramente superba.

Molti posti a sedere, una TV maxischermo per seguire in diretta l’andamento della tappa, bevande e grigliata a disposizione fino a sera. Nei momenti d’intervallo gli spettatori si recavano a visitare in anteprima la nuova baita, che per molti rappresentava una bella sorpresa.

GIUGNO 2016 – Giovedì 2, Festa della Repubblica, veniva inaugurata ufficialmente la Baita CAI Val Natisone–Koca pod Svetin Martinam.

Ovviamente il programma delle cerimonie aveva connotazioni alpinistiche, con escursione mattutina fino alla chiesetta posta in cima al monte e relativa S.Messa.

Quindi ritorno alla baita per l’inaugurazione e la benedizione.

Erano presenti tre parroci delle Valli (alpinisti e Soci CAI; Monsignor Mario Qualizza, Don Natalino Zuanella e Don Federico Saracino),

i Sindaci dei Comuni di Grimacco, Savogna, Drenchia e S.Leonardo, delegazioni slovene da Kobarid e Kanal, rappresentanze delle Associazioni Sportive locali, dei Gruppi Alpini, delle Forze dell’Ordine e più di duecento persone intervenute per l’occasione.

Dopo i discorsi, le benedizioni, il taglio del nastro, lo scambio di doni commemorativi e la visita all’interno della nuova struttura da parte dei presenti, tutti partecipavano al momento conviviale riprendendosi dalla fatica e dall’emozione.

La baita iniziava a svolgere la sua funzione!